Abbiamo problemi con la gente.
By Daniele Vallotto Posted in spotting on 28 Settembre 2015 10 min read
Dopo la settimana di Coppa Davis e quella semi-europea che ha assegnato titoli a Metz (dove il trofeo se l’è portato a casa Jo-Wilfried Tsonga) e a San Pietroburgo (dove ha vinto Milos Raonic), l’ATP World Tour si sposta in Asia, seguendo l’esempio della WTA (le donne hanno infatti già giocato a Seoul in Corea del Sud, a Tashkent in Uzbekistan e a Tokyo in Giappone). È una mini-tournée asiatica che testimonia la volontà del circuito di spostarsi verso altri lidi e di globalizzare – non solo a parole – uno sport che rimane ancora molto occidentale. Questo “Asian Swing” è al settimo anno di vita: il primo anno fu nel 2009, quando il Rolex Masters di Shanghai sostituì il Master 1000 di Madrid, che cambiò superficie e andò a occupare la settimana di Amburgo (il torneo tedesco venne invece declassato ad ATP 500). Si parte da Shenzen e Kuala Lumpur e si arriva a Shanghai per il Master 1000, passando per le capitali di Giappone e Cina: un viaggio di tre settimane che mette in palio 1.750 punti e che vedrà tornare in campo tutti i big dopo degli US Open che hanno un po’ disatteso le speranze di chi desiderava spettacolo nelle fasi finali del torneo. Dei primi dieci del mondo, solo Tomas Berdych e David Ferrer giocheranno per tutte e tre le settimane (Berdych sarà a Shenzen questa settimana, Ferrer a Kuala Lumpur, poi si ritroveranno a Pechino e infine a Shanghai per il Master 1000); Roger Federer e Andy Murray, dal canto loro, giocheranno un solo appuntamento, quello più importante.
L’anno scorso i protagonisti dell’Asian Swing furono Novak Djokovic e Roger Federer. Il serbo stravinse a Pechino (e per poco non stava per vincere la prima finale ATP della storia con un doppio 6-0, ma alla fine prevalse il buon senso e lasciò due game a Berdych) e la sua striscia di imbattibilità in Cina venne fermata solo dallo svizzero. Federer giocò a Shanghai un match al limite della perfezione in semifinale, vinse il titolo (soffrendo) battendo Simon in finale e provò a riaprire il discorso per il numero 1 a fine anno, almeno aritmeticamente. Quest’anno il discorso del numero 1 è chiuso, anche perché Djokovic ha vinto due Slam in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma gli spunti che questi cinque tornei (Shenzen, Kuala Lumpur, Tokyo, Pechino e Shanghai) ci daranno sono certamente interessanti per quanto riguarda il numero 2 (salvo sorprese se lo giocheranno Federer e Murray, con lo scozzese avanti di 800 punti nella Race) e per chi ha deluso sul cemento americano estivo (Berdych, Nishikori e Raonic).
Shenzen – L’anno scorso vinse Andy Murray in finale contro Tommy Robredo e lo scozzese annullò ben cinque match point. Quest’anno lo scozzese non c’è, anche perché il Masters non è a rischio come lo scorso anno e anche perché, soprattutto, Murray potrebbe addirittura saltare il torneo di fine anno per concentrarsi sulla Coppa Davis. L’unico top-10 presente è Tomas Berdych. Oltre al ceco i nomi di rilevo sono Cilic, Robredo, Garcia-Lopez, Kohlschreiber, Klizan e Mannarino. È solo il secondo anno in cui si gioca il torneo cinese e di conseguenza il prestigio non è molto alto. Ad ogni modo, sarà interessante per capire che piega prenderà questo finale di stagione di Berdych. Il ceco ha avuto una regolarità impressionante nella prima parte della stagione ma, dopo aver ottenuto almeno i quarti in tutti i tornei che ha giocato fino a Roma, ha deluso parecchio: ottavi a Roland Garros, Wimbledon e US Open, secondo turno a Montréal, quarti a Cincinnati. La sconfitta con Bolelli nella settimana scorsa a San Pietroburgo non lascia presagire nulla di buono.
Kuala Lumpur – Anche in Malesia c’è un solo top-10 (Ferrer) ma il draw è nobilitato da nomi più prestigiosi, rispetto all’altro 250 di Shenzen, almeno per quanto riguarda l’attuale classifica. Oltre allo spagnolo ci sono infatti Gasquet, López, Dimitrov, Troicki, Chardy e Paire. Il campione uscente è Nishikori ma anche lui sarà assente. La storia di questo torneo è piuttosto corta (la prima edizione risale al 2009) e ci sarà un solo campione delle passate edizioni: João Sousa. Non ci sarà nemmeno Julien Benneteau, che ha perso in finale nelle ultime tre edizioni. Probabile che ci volesse riprovare, ma il francese ha dei seri problemi fisici e quindi non potrà provare a vincere il suo primo titolo ATP nel torneo in cui ci è andato più spesso vicino. Il torneo è interessante per capire come sta Ferrer: lo spagnolo ha avuto un inizio di stagione molto simile a quello di Berdych (con la differenza che ha vinto ben tre tornei) ma dopo la semifinale di Roma e i quarti di Parigi ha avuto parecchi problemi fisici ed è rientrato solo a New York, dove ha passato due turni prima di arrendersi a Chardy in quattro set. Ferrer è attualmente all’ottavo posto della Race e ha un margine di 700 punti sul nono, che è Gasquet. In altri tempi si direbbe che lo spagnolo può stare tranquillo in ottica Masters, ma le condizioni fisiche potrebbero giocare un ruolo decisivo e favorire gli inseguitori (oltre a Gasquet ci sono anche Anderson, Isner, Raonic, Cilic, Tsonga e Simon).
Tokyo e Pechino – La prossima settimana si giocheranno due ATP 500, il Japan Open Tennis Championship di Tokyo e il China Open di Pechino. Fino al 2009, il torneo più prestigioso era certamente quello giapponese. Non solo perché aveva molti più anni di storia (la prima edizione del Japan Open si tenne nel 1973, quella del China Open nel 1993 e dal 1998 al 2003 non si disputò affatto) ma anche per categoria: il torneo di Tokyo era infatti un ATP International Series Gold, mentre quello di Pechino un semplice ATP International Series. Dal 2009 in poi, però, i due tornei sono stati equiparati per categoria e oggi Pechino è decisamente più avanti rispetto a Tokyo. Il prize-money del torneo cinese è il doppio di quello giapponese ($2.700.000 contro $1.263.405) e infatti i big lo preferiscono a quello giapponese. Anche quest’anno Pechino potrà contare su ben cinque top-10 (Djokovic, Berdych, Nadal, Ferrer e Raonic) mentre a Tokyo saranno soltanto tre (Wawrinka, Nishikori e Simon).
A Pechino il campione in carica è Novak Djokovic, che non ha mai perso in questo torneo e in generale ha perso appena tre set in ventiquattro partite (e curiosamente solo contro tennisti mancini: uno con Verdasco nel 2009, uno con Berrer nel 2012 e un altro con Verdasco nel 2013). L’anno scorso il serbo dominò il torneo come mai gli era riuscito, vincendo tutti e cinque i match (nel 2010 approfittò di un walk-over) e lasciando arrivare il solo Pospisil a cinque game. L’emblema di quel torneo fu la vittoria in finale su Berdych, un 6-0 6-2 quasi umiliante e che poteva anche passare alla storia se il serbo avesse sfruttato un match point sul 6-0 5-0. Sarà interessante verificare lo stato di forma di Rafael Nadal, settimo nella Race. L’anno scorso, in sostanza, Nadal non giocò più da Wimbledon in poi; quest’anno il fisico pare essere a posto ma c’è qualcos’altro che non va nello spagnolo e l’incredibile rimonta subita agli US Open contro Fognini ne è il simbolo. Difficile che il cemento asiatico possa risolvere i turbamenti del (non più) giovane Rafa, ma mai dire mai.
A Tokyo il campione in carica è invece Kei Nishikori, che ci sarà anche quest’anno e vorrà certamente riprendere a vincere qualcosa dopo la brutta sconfitta al primo turno degli US Open contro Benoit Paire. Nishikori è il nome di punta del torneo e ha già vinto due volte il titolo, primo giapponese a trionfare in casa. Ma quest’anno potrebbe mettersi di mezzo Stan Wawrinka, che però tradizionalmente combina poco in questi tornei (l’anno scorso perse al primo turno contro Tatsuma Ito). A Tokyo mancherà Milos Raonic, che dopo aver perso le ultime tre volte in finale ha deciso di cambiare aria e di iscriversi a Pechino. Il canadese sta vivendo una brutta stagione dopo l’ottimo 2014 ma pare si stia riprendendo dopo l’infortunio avuto in primavera e a San Pietroburgo, pur faticando più del dovuto, è riuscito a vincere un torneo dopo più di un anno di digiuno. Raonic è attualmente il numero dodici della Race ed è a forte rischio non solo la sua partecipazione al Masters ma anche la sua permanenza tra i top-10. L’anno scorso spese troppe energie in finale contro Nishikori e arrivò stremato a Shanghai, dove si ritirò dopo sette game contro Juán Monaco. Questa volta non sono ammessi passi falsi.
Shanghai – L’Asian Swing terminerà con l’appuntamento più importante, lo Shanghai Rolex Masters, che si gioca dall’11 al 18 ottobre. È un torneo giovane, perché la sua storia è iniziata sei anni fa con le modifiche del calendario e delle categorie dei tornei ATP. Eppure, un po’ incomprensibilmente (a voler essere ingenui) è stato votato fin da sùbito dai giocatori come torneo dell’anno nella categoria Master 1000. Shanghai ha vinto il premio per cinque edizioni consecutive, lasciando il trono solo l’anno scorso a Indian Wells. A giudicare dall’atmosfera, però, il torneo è forse uno dei meno spettacolari. Specie nei primi turni gli spalti del Qi Zhong Stadium (che dal 2005 al 2008 ha ospitato il Masters di fine anno) sono spesso vuoti e vanno via via riempiendosi con l’avanzare del torneo. Fra l’altro, al primo turno dell’anno scorso in Cina Fabio Fognini guadagnò i titoli dei giornali per la sconfitta più clamorosa della sua carriera. Al primo turno, infatti, perse contro Chuhan Wang, che all’epoca era classificato al numero 553 ATP (e oggi è al numero 457, non tanto meglio). Il ligure uscì dal campo facendo anche un gestaccio al pubblico, che per la verità non brilla per comportamento. Spesso indisciplinato e rumoroso, probabilmente perché poco avvezzo al galateo occidentale del tennis, il pubblico è uno dei fattori che marca ancora un discreto gap tra questi ricchi tornei asiatici e quelli europei (non che gli spettatori europei siano andati tutti a ripetizione da Monsignor della Casa, eh). Premi a parte, Shanghai può vantare il terzo prize money tra i Master 1000 (dietro a Indian Wells e Miami) e il secondo campo centrale più capiente (dietro a Indian Wells). Il campione in carica è Roger Federer, che a Shanghai aveva vinto quando si giocava la Tennis Masters Cup (nel 2006 e nel 2007), ma mai da quando si gioca il Master 1000. Lo svizzero si è preso anche questo torneo e quest’anno è ancora tra i favoritissimi. La superficie è piuttosto veloce e Federer potrà esibirsi in qualche SABR per accorciare i tempi e per provare a vincere il secondo Master 1000 consecutivo.
Asian Swing ATP Kuala Lumpur 2015 ATP Pechino 2015 ATP Shanghai 2015 ATP Shenzen 2015 ATP Tokyo 2015