Abbiamo problemi con la gente.
By Claudio Giuliani Posted in playlist on 23 Settembre 2015 8 min read
Il giorno che Gilles Simon smetterà di giocare a tennis, questo sport sarà più povero. Perché, contrariamente a quanto penseranno in molti, ovvero che sul circuito ci sarà un “pallettaro” in meno, con l’addio di Gilles lascerà il tennis un giocatore capace come pochi di giocare i punti più importanti sul piano delicatissimo degli equilibri mentali (top player esclusi, si capisce). Il francese, oggi trentunenne, non ha propriamente il fisico dell’atleta. A vederlo, sembra quasi rachitico. Non ha molti muscoli, e quindi il suo tennis è un misto di arguzia e sonnolenza. Arguzia perché se vuoi gareggiare con i primi della classe, i bombardieri tutti muscoli e corsa, quelli dalla palla pesante e dalla mano fatata, allora devi inventarti qualcosa. E Simon ha imparato a stare in campo sfruttando la forza altrui, appoggiandosi alla palla dell’avversario, e puntando tutto su una forza mentale che gli consente di tenere un palleggio a oltranza, tanto sarà sempre l’avversario a mollare mentalmente. La concentrazione dal lato mentale e il tempismo dal lato tecnico sono i punti di forza di questo atipico tennista francese. E se si guardano i confronti con gli altri nove top-10 (lui che attualmente è al numero 10), si scopre che ha ottenuto almeno una vittoria contro tutti, Fab Four compresi. È ovvio che l’intelligenza e l’acume non possono colmare l’immenso gap con la classe di Djokovic, Federer, Murray e Nadal ma Simon se la può giocare con qualsiasi altro umano su un campo da tennis. Tanto per dire, ha battuto Tomas Berdych, top-10 fisso da ormai un lustro, sette volte su undici.
Quando inizia a palleggiare da fondo campo, sia che abbia risposto sia che abbia messo in campo il servizio (che porta pochissimi punti diretti), il francese sembra entrare in una stanza con niente appeso alle pareti. Un luogo insonorizzato dove non filtrano agenti esterni, dove la luce non cambia, e dove non ci sono suoni a disturbarlo. I mormorii del pubblico mentre gli scambi si allungano, o i grugniti degli avversari che cercano di portare novità all’interno di uno scambio che si allunga e che non concede soluzioni immediate, lui non li ascolta. Non ha un gran servizio, e non ha neanche una grande manualità nei pressi della rete. Ha la forza nelle gambe però, la corsa, e allora il suo gioco non può che puntare sull’allungare la durata degli scambi, e quindi della partita, cercando di minare le certezze dei suoi avversari, sempre attenti a vedere dove viene sorteggiato Simon nei tornei importanti, specie in quelli dove si gioca 3 set su 5.
In questi dieci punti non troverete la varietà di soluzioni del campione. Troverete però nel suo tennis la genialità, quella propria dell’artista che dipinge o del musicista che compone. Quel trovare sempre qualcosa di così diverso nei suoi gesti quando anche questi si assomigliano. Simon è un tennista che veste i panni di Davide e spesso manda al tappeto Golia, armato di fionda, ovviamente. Insomma: Simon è uno dei nostri tennisti preferiti. Per il suo tennis, certo, ma anche perché entra sempre in campo con i capelli in disordine.
Simon subisce la pressione di Haas, che avanza a rete. Il tedesco, da giocatore moderno qual è, non colpisce la volée, che arriverebbe troppo piano ma rimbalzerebbe più bassa, ma impatta con un mezzo diritto al volo. Simon arriva e piazza il lungolinea piatto, Haas manda dall’altra parte ma Simon frena la corsa e colpisce di rovescio, indirizzando con il polso lì dove il tedesco nulla può: coordinazione perfetta.
Mettetevi comodi, ché i tempi cominciano ad allungarsi. Bautista-Agut è un seguace del tennis di Simon: stessi mezzi fisici (cioè pochi), stessa intelligenza. Si scambia a media velocità, ogni tanto uno dei due prova a cambiare qualcosa ma poi si torna al passo base: lo scambio in sicurezza. Ad un certo punto Bautista-Agut sventola bandiera bianca: smorzata a metà campo e Simon chiude al colpo numero 26.
E questo qui, uno con questa manina, sarebbe un pallettaro. Raonic fa servizio e volée alla perfezione, Simon arriva da molto lontano e non carica il diritto mentre corre perché perderebbe velocità come un’auto che viaggiasse con gli sportelli aperti. Quando c’è da colpire basta una piccola frustata col polso per mandare la palla, colpita di piatto, dove nessuno può prenderla. Guardate il punto e concentratevi sul suono della pallina colpita da Simon: sembra di stare in teatro ad ascoltare l’opera.
C’è una cosa che non si può fare contro Simon: rilassarsi. Perché lui arriva e rimanda tutto, anche scherzando mentre corre (tanto il punteggio è quel che è). Qui siamo all’Australian Open 2015 e Ferrer è costretto all’errore, perché è sempre meglio far giocare un colpo in più all’avversario, ché magari sbaglia.
Questo non è uno scambio, è una saga. La velocità degli scambi è quella dei buoni terza categoria. I due sembrano esercitarsi in un allenamento di pulizia stilistica, quello che si fa una volta al mese, quando si rallenta la velocità di esecuzione dei colpi per ritrovare la fluidità di braccio. Si colpisce in sicurezza e si pensa a tutt’altro, a cosa preparare per cena o che film andare a vedere nel weekend, tanto si è a velocità di controllo con margine di errore pari a zero. Si gioca sulla diagonale di rovescio per un po’, dalla parte dove Simon è più bravo. Monfils, ovviamente, è il primo a spazientirsi e prova ad accelerare. Mentre vediamo Simon colpire, anche noi pensiamo ad altro. Ci vengono in mente i partigiani sulle colline, i giapponesi asserragliati nel fortino, o il rifiuto dei Brown di fronte al pagamento delle tasse in Usa. Ad un certo punto Simon angola, Monfils accelera, Simon rimanda e Monfils sbaglia. Monfils rimane piegato come una sedia a sdraio per il minuto successivo, dopo uno scambio durato 1 minuto e 43 secondi: un’eternità nel tennis. Monfils non ride. Simon sì, invece: 71 colpi. 71.
Ok, Nadal è di un’altra categoria, ma ogni tanto deve arrendersi anche lui a perdere scambi da dietro. Parliamo del Nadal in piena forma. Lo scambio dei due è interminabile, lento, e ogni tanto la racchetta di uno dei due tocca terra per aiutare il corpo a ritrovare coordinazione dopo un recupero spettacolare. La smorzata di Nadal chiama Simon a regolare la contesa a rete. Il francese chiude, perché anche Nadal ogni tanto si stanca. Il punto successivo è un altro capolavoro di resistenza a oltranza: Simon con il rovescio chiude nell’angolo scoperto di Nadal. Una cosa che è già difficile di suo, impossibile farla dopo una ventina di tiri in apnea.
Ancora Ferrer. Ok, la volée dello spagnolo non è eccezionale, ma va dove bisogna arrivare con le gambe per colpire un passante tirato solo con la forza del polso, che manda la racchetta indietro per accumulare un po’ di inerzia. Ne esce un passante in lungolinea piatto e velocissimo, una magia che abbacina e che rivedremmo almeno dieci volte di fila (non abbiamo esagerato: avremmo potuto dire cento, ma forse sarebbe stato troppo).
Al Queen’s, Simon scambia contro Raonic che allena il suo rovescio in back non propriamente fluido. Quando il canadese segue a rete sul lungolinea, fra la sua altezza e il corretto posizionamento, la rete è perfettamente coperta. La traiettoria per scavalcare Raonic con un lob perfetto ha un margine strettissimo: Simon la mette esattamente dentro quel margine.
Scambio in tono minore quello fra Simon e Monfils, questa volta, “solo” da 61 colpi. E dura un minuto e 30 secondi: un’altra eternità. Il canovaccio è sempre lo stesso. Anche il finale: indovinate chi sbaglia?
Contro un Nadal in versione muro, Simon riesce a sfondare con il diritto. E lo fa dopo uno scambio che dura oltre venti secondi, un’apnea dalla quale si sottrae liberando un diritto piatto in lungolinea che è imprendibile. Sorride anche lui a fine scambio: sa che non è un colpo che gioca spesso.