Abbiamo problemi con la gente.
1. Sharknado alla Forest National
Con quel viso tondo tondo ricorda il Gerber Baby, il bebè simbolo della Gerber Products Company, un’azienda statunitense di omogeneizzati. Alcuni tifosi lo chiamano così anche se Steve Darcis preferisce Shark, come soprannome, per via del tatuaggio che ha sulla spalla. Circa un anno fa, Darcis diceva che il suo rientro nel circuito era qualcosa di miracoloso. Inoltre si prefissava gli obiettivi di fine anno: fare almeno 15 punti nei successivi Challenger e poi prepararsi a dovere per il 2015. Dopo aver ottenuto una delle vittorie più sorprendenti della sua carriera, nel primo turno di Wimbledon 2013 contro Rafael Nadal (unica sconfitta subita negli Slam dallo spagnolo quell’anno), il belga sorprese tutti un’altra volta e non si presentò in campo per il secondo turno a causa di un infortunio alla spalla. A quello stop seguì un lungo periodo di riabilitazione che comportò un crollo in classifica. A luglio, 2014 dodici mesi dopo l’impresa di Wimbledon, Darcis era il numero 483 del mondo. Ma il 2015, come aveva detto lui stesso, è l’anno del ritorno: oggi Darcis è numero 64 del mondo, anche se il grosso dei punti li ha ottenuti coi challenger. A New York è anche riuscito a vincere una partita in uno Slam, due anni dopo l’ultima. Non c’è dubbio, però, che la vittoria simbolo del ritorno di Steve Darcis sia il terzo punto ottenuto alla Forest National di Bruxelles in semifinale di Coppa Davis contro l’Argentina. Come spesso capita, la competizione a squadre rende protagonisti per un giorno i tennisti che di solito vincono meno. Stavolta era il turno di Darcis o di Delbonis, dopo che Goffin aveva svolto benissimo il suo compito da top player della sua nazionale. In due giorni Darcis ha perso quattro tie-break su quattro (i primi due set con Leonardo Mayer nel singolare di venerdì e il tie-break del secondo e del quarto set nel doppio di sabato, vinto dagli argentini) e quando i due si sono trovati sul 6 pari nel quarto set – dopo che il belga si era fatto breakkare sul 5-4 del quarto, avendo persino avuto due match point a favore – sembrava che la maledizione dei giorni precedenti avrebbe portato dritti al quinto. Invece ha vinto il Belgio, perché Darcis ha stretto i denti e ha dimenticato i numeri, giocando un tie-break perfetto. Impossibile non tifare per il lieto fine di questo piccolo paese che ci ha regalato artisti della racchetta come Olivier Rochus, Xavier Malisse e Darcis stesso. A fine novembre sarà Belgio contro Gran Bretagna: due nazioni che non arrivavano così in fondo da un’eternità (la Gran Bretagna dal 1936, il Belgio addirittura dal 1904).
2. Murray vs Resto del Mondo
Più che contro la Gran Bretagna il Belgio dovrà vedersela con la famiglia Murray. O, ancora meglio, con il terribile Andrew, che è sceso in campo otto volte quest’anno e ha ceduto un set a Young e uno a Simon. Senza scomodare il 1975 di Borg, giusto dieci anni fa Ivan Ljubicic fece una cosa simile, portando la Croazia in finale vincendo nove partite su nove. Ma a parte che il croato non dominò mai gli avversari come sta facendo Andy, quella Croazia era una squadra vera, tant’è che il buon Ivan perse la partita più importante contro lo slovacco Hrbaty ma la Croazia vinse lo stesso la Davis, grazie ad Ancic. Questa Gran Bretagna, invece, fin qui non è stata niente, solo Murray. Ed è da escludere che una sconfitta di Andy contro Goffin possa essere rimediata da Ward, Evans o chissà chi. Per fortuna è da escludere anche una sconfitta di Murray, che rischia di chiudere la carriera lasciando un dubbio irrisolto: visto che ogni volta che ha deciso di vincere, ha vinto, non è che magari questo qui era quello davvero più forte di tutti?
3. La vida no es sueño
Nella prossima edizione della Coppa Davis non potremo mandare la nostra truppa a Santo Domingo, perché sfortunatamente la Repubblica Dominicana non è riuscita a qualificarsi per il World Group (mentre l’Italia sì, il mondo è questo). Capitanati dall’irriducibile Victor Estrella Burgos, la spensieratezza dei dominicani non è riuscita a sconfiggere l’efficenza dei tedeschi, loro sì piuttosto fortunati a pescare questa trasferta esotica. Cliché a parte, Estrella ha fatto quel che poteva, ma José Hernandez, il numero due del paese (e 200 ATP, Evans è 300, per dire), non è sembrato all’altezza della situazione. Il terzo punto lo ha ottenuto Philipp Kohlschreiber con un severo 3-0 a Estrella Burgos, che non ha potuto trattenere le lacrime a fine partita. Ci riproverà l’anno prossimo, Victor, che ha compiuto un mese fa 35 anni e vuole provare a portare il suo paese tra i grandi della Davis. Conta quel che conta, ma sarebbe un traguardo storico per la Repubblica Dominicana. È stato rimandato anche il sogno di un altro paese latino-americano, la Colombia, che si è trovata in vantaggio 2-1 contro il Giappone di Kei Nishikori grazie ad un doppio piuttosto competitivo (formato da Juan Sebastián Cabal, finalista al Roland Garros 2011, e Robert Farah). Questa era l’atmosfera che si respirava a Pereira durante il doppio:
Dos de los que mas apoyan a @elgirald son @juanscabal y @RobertFarah_ #DavisCup pic.twitter.com/RCmIYgeShC
— TennisELP (@TennisELP) September 20, 2015
Ma nel match decisivo Taro Daniel ha fatto il Grinch e ha impedito ai colombiani di qualificarsi per la prima volta nel World Group. I colombiani erano arrivati a sorpresa a questo play-off grazie ad una clamorosa vittoria di Alejandro González contro l’uruguaiano Pablo Cuevas ma anche per loro, così come per la Repubblica Dominicana, il discorso è rimandato (almeno) all’anno prossimo.
4. La prima volta della Polonia
È dal 1925 che la Polonia partecipa alla Coppa Davis ma fino ad ora avevano giocato un solo play-off per la promozione nel World Group, quello perso per 4-1 contro l’Australia due anni fa. Nel 2016, dopo 81 anni dalla prima partecipazione, anche i polacchi potranno vantarsi di essere finalmente tra i grandi. È ancora Michal Przysiezny l’eroe del suo paese. A marzo, infatti, aveva ottenuto una vittoria contro pronostico, battendo in tre set il numero uno ucraino, Sergyi Stakhovsky, dopo che Janowicz aveva potuto fare ben poco contro l’imprevedibile estro di Aleksandr Dolgopolov. I polacchi si erano poi avvantaggiati grazie al doppio – dove Lukas Kubot e Marcin Matkowski formano una coppia affiatata – e Janowicz aveva poi chiuso i conti rimediando alla brutta prestazione della prima giornata. Contro la Slovacchia, paradossalmente, il compito sembrava meno difficile. Ma di mezzo si è messo l’imbattibile Martin Klizan, che ha portato due punti facendo valere la sua classifica sia contro Przysiezny sia contro Janowicz. I polacchi sono arrivati comunque sul 2-2 dato che in doppio hanno avuto vita facile (Miroslav Mecir, il capitano slovacco, ha infatti preferito non schierare Klizan, che se le cava egregiamente pure in doppio). L’ultimo punto, quindi, l’ha dovuto portare a casa Przysiezny. Niente di più facile: 6-3 6-4 6-4 a Norbert Gombos e la Polonia l’anno prossimo giocherà nel World Group per la prima volta nella sua storia. Per il veterano Matkowski è un’enorme soddisfazione: da quando ha cominciato a giocare per il suo paese (cioè nel 2000) ha saltato una sola sfida di Coppa Davis. Dall’altra parte, delusione non da poco per Klizan, che quando è stato schierato quest’anno, tra singolare e doppio, non ha perso nemmeno un set. Il bottino dello slovacco non basta a qualificare la sua squadra per il World Group e a Martin resta la paronomasia: venti set vinti su venti.
5. “Andate al mare”
La Bulgaria manca dal Gruppo I della Coppa Davis da quasi trent’anni. Grigor Dimitrov, il numero 1 del paese, non era ancora nato allora e forse non sente tutta questa urgenza di riportare il suo paese verso vette più alte. Due settimane fa Dimitrov ha fatto sapere che non avrebbe partecipato alla sfida con l’Ungheria, il cui numero 1 è Martin Fucsovics, numero 234 del mondo (e che con Dimitrov ha in comune il titolo di Wimbledon junior, conquistato nel 2010). Un brutto colpo per la Bulgaria, che ha così dovuto schierare Dimitar Kutrvosky e Dimitar Kuzmanov, rispettivamente numero 307 e 313 ATP. Non proprio la stessa cosa. E infatti i bulgari hanno perso, pur riuscendo a vincere il doppio di sabato al quinto set. “Abbiamo dato tutto” ha detto il capitano Tonor Enev, “mi dispiace soltanto che Dimitrov non ci fosse in un momento storico per il nostro paese”. Del resto, nelle prossime settimane Dimitrov avrà un’agenda piuttosto fitta: Kuala Lumpur (28 settembre), Tokyo (5 ottobre), Shanghai (12 ottobre), Stoccolma (19 ottobre) e Basilea (26 ottobre). E mentre la sua squadra veniva eliminata, Grigor ha preferito ascoltare Craxi:
Una foto pubblicata da Grigor Dimitrov (@grigordimitrov) in data:
Riassuntone
Parteciperanno al World Group nel 2016: Gran Bretagna, Belgio, Argentina, Australia, Francia, Kazakistan, Serbia, Canada, Repubblica Ceca, Svizzera, Italia, Stati Uniti, Giappone, Germania, Croazia, Polonia.
Parteciperanno al Gruppo I nel 2016: Brasile, Uruguay o Barbados (giocano il play-out a fine ottobre), Colombia, Repubblica Dominicana, Ecuador e Cile per il gruppo Americhe; Uzbekistan, Corea del Sud, Nuova Zelanda, India, Cina e Pakistan per il gruppo Asia e Oceania; Spagna, Russia, Paesi Bassi, Austria, Slovacchia, Romania, Ucraina, Israele, Danimarca o Svezia (giocano il play-out a fine ottobre), Slovenia o Lituania (giocano il play-out a fine ottobre), Portogallo e Ungheria.
Bonus: il punto di Schwartzman contro Goffin
Diego Schwartzman è uno di quei giocatori che guardi solo se ha la sfortuna di pescare uno dei più forti nei primi turni Slam. È un giocatore ordinato, poco potente, grintoso ma senza un vero colpo che possa far male ai propri avversari. È un tennista molto caparbio e l’ha dimostrato ampiamente in questo punto contro David Goffin, un passante di rovescio giocato dagli spalti e diventato imprendibile per un Goffin ormai convinto di aver chiuso il punto dopo lo schiaffo di dritto. Finirà 6-3 6-2 6-1, ma il punto del weekend è argentino.