Abbiamo problemi con la gente.
By Roberto Salerno Posted in monografie on 15 Settembre 2020 6 min read
Siccome non c’è gente e siccome siamo al foro, e siccome in Italia meglio stare dalla parte dei nostri e siccome “stai zitto e gioca” è la versione tutta sportiva (certamente) del “meglio non mettersi contro i potenti, io non lo farei mai, non essere infantile” oggi c’è il capro espiatorio di turno, tal Benoît Paire, una vita a giocare a tennis ma – orrore – senza prenderlo troppo sul serio, manco fosse Kyrgios.
Paire è uno di quei giocatori che ci tiene a spiegare che segue pensieri suoi e che il tennis è una parentesi della sua vita, forse un buon lavoro, che gli permette di guadagnare quello che basta per vivere più che decentemente, poi si vedrà. In campo è uno di quei giocatori che vale il prezzo del biglietto, a meno che per voi lo sport non sia il record incredibilissimo o lo slam mai vinto o cose di questo tipo.
Paire ha il famigerato braccio fatato – in Italia sono fermi a Fognini, figuriamoci – ma se questo è sufficiente per giocare a tennis non lo è per vincere tornei di una qualche rilevanza. Come si è visto ancora domenica scorsa la famigerata lotta contro gli avversari e sé stessi procura dei veri e propri blocchi da cui non è facile tirarsi fuori. Oppure, serve stare sul pezzo, concentrati punto dopo punto, game dopo game, set dopo set, partita dopo partita. La tiritera continua, fino all’ossessione, e diventa torneo dopo torneo, anno dopo anno. Con molto meno una persona normale finisce dall’analista. Un disagiato cronico invece magari diventa un fuoriclasse e vince millemila slam.
Nelle ultime due settimane Paire ha avuto qualche problema con le autorità, che prima lo hanno fermato per via della sua positività alla peste del secolo che ci ucciderà tutti, e poi, perdonato l’untore, lo hanno riammesso all’incredibile roba che si sta giocando al Foro Italico. Viste le sue condizioni Paire ha chiesto all’organizzazione di giocare il martedì, in modo da avere più tempo per prepararsi al match. Purtroppo per lui si è trovato a giocare con l’enfant du pays, la speranza di tutti i tricolor, colui che per adesso imita gli slammer nei comportamenti ripetitivi e nelle dichiarazioni misurate in attesa degli slam che verranno.
Visto che nel mondo dell’italico tennis, quello che “va bene il ricambio, ma se il sardo è il migliore che ricambi a fare? E se perdi? lo sai com’è quello, meglio non farsi dei nemici” Sinner, ma sì, conta un po’ più di Garibaldi, la splendida organizzazione che non rimborsa i biglietti, maledetti voi che non volete finanziare le magnifiche sorti e progressive, ha deciso che non se ne parlava neanche. Del resto, stiamo facendo di tutto per mettere il pupo nelle condizioni migliori e tu ci chiedi un favore? Non gli hanno riso in faccia solo perché credono che l’eleganza si manifesti così, e hanno programmato l’incontro lunedì pomeriggio.
Peccato che Benoît non l’abbia presa bene. Prima ha twittato – come si usa ora, sempre meglio che parlare con i giornalisti – una raffinata circonlocuzione, “Programmation de merde” spiegando che appunto aveva chiesto di giocare martedì visto quello che gli era successo e le difficoltà ad allenarsi, e avanzando l’ipotesi che l’idea era di favorire il locale. Ma dai?
Gli esegeti del savoir vivre – è francese no? – hanno subito ammiccato e si sono dati di gomito. Chi si crede di essere? Federer? Solo che i francesi una volta tagliavano la testa ai re e forse a qualcuno la cosa è rimasta nei geni. Fatto sta che Paire è sceso in campo con un’idea in testa: “torneo de merde” trovate voi la parola francese, se c’è. Rispettare un contesto del genere è cosa superiore alle forze di chiunque, e Paire, l’abbiamo detto? non pratica gli sforzi prolungati. Ha resistito giusto il riscaldamento e fatto due conti ha scelto cosa fosse per lui più importante: se giocare una surreale partita con uno che ha 10 anni di meno e pare suo nonno oppure togliersi delle soddisfazioni. Che avreste fatto voi?
La partita, chiamiamola così, è stata intervallata da palline scagliate ovunque tranne che in campo, discussioni continue con il giudice di sedia, chiamate autonome di out, lamenti contro la riga, perdite di tempo, battute da sotto e, da magnifici rovesci, dropshot morti sulla terra, serve and volley stilisticamente impeccabili. Tutta roba di Benoît. Il risultato era l’ultima cosa che potesse interessare e ci sarebbe da credere che a Paire abbia fatto piacere il mancato richiamo a Sinner per una “time violation”, ulteriore dimostrazione di come il tennis sia abbastanza abituato al “tutto s’aggiusta”, più che a dei regolamenti.
In fondo, la mancata squalifica del francese rimane nell’alveo della “comunità che cerca di convincere il reprobo”, a dispetto di qualsivoglia impersonalità della norma, fantasia buona per chi si diletta di giurisprudenza, mica una cosa reale. Naturalmente gli italiani non l’hanno presa bene E il rispetto, e il ragazzo, e il tennis, e lo sport e la tradizione. Un assordante lamento che definire piccolo borghese significa già attribuirgli una qualche forma di consapevolezza. Una partita di primo turno, un giocatore che non avrebbe mai vinto, una partita che non ha visto nessuno. Perché mai scagliarsi allora con la bava alla bocca contro il tennista venuto da Avignone?
Azzardiamo: Paire è quello che si vorrebbe essere, forse che si dovrebbe essere se solo avessimo il coraggio di farlo. Un vago senso di cosa è giusto e cosa no, il principio prima del risultato, pochi calcoli di convenienze spicciole. Sarebbe bello, ma ha l’aria di essere difficile, molto meglio fare i cani da guardia di un “mood” soffocante, eccessivo pure per uno sport noioso come il tennis. In questo senso Paire finisce con l’insultare noi stessi, siamo noi che non sopportiamo che non si sappia vivere, che siamo abituati alle piccole ingiustizie che ogni santo giorno che Dio manda in terra ci costringe a subire e col tempo le consideriamo “naturali” e siamo pronti a replicarle quando saremo noi nella parte di chi può infliggerle.
E per allora non vogliamo certo avere un Benoît tra i piedi, a ridere di noi e tirarci le palle in tribuna e i servizi da sotto. Benoît tra una vita e lo Slam sceglierà sempre una vita e se un giorno avrà rimpianti vorrà solo dire che è invecchiato male.