Abbiamo problemi con la gente.
Che il problema del Rafa 2019 sia tutto nella sua testa lo si capisce non solo guardandolo giocare nell’arco di un torneo ma anche in una singola partita. Lo spagnolo alterna atteggiamenti difensivi, l’insicurezza che gli trattiene il braccio al momento del colpo, ad altri autoritari, la palla che viaggia lunga e veloce. Niente di incomprensibile: è un campione che sta facendo i conti con gli ultimi anni di carriera, la sua testa pensa di più, il suo gioco ne risente. Non si spiegherebbero altrimenti sconfitte come quella contro Fognini a Montecarlo (almeno nella maniera in cui è accaduta), mentre contro Thiem (Barcellona) e contro Tsitsipas (Madrid) oggi questo Nadal può perdere. Però può anche vincere, come ha dimostrato prendendosi la rivincita contro il greco proprio a Roma, dove si è rivisto un Nadal molto convincente. Per due set su tre Djokovic non ha potuto fare altro che difendersi da un tennista in fiducia. Nel mezzo, un set giocato in maniera dubbiosa. La formula del 3 su 5 a Parigi è l’aiuto più grande a un Rafa tutt’altro che appannato in questo periodo della stagione. Vederlo perdere in semifinale sarebbe già sorprendente, prima avrebbe del clamoroso.
Tabellone: esordio contro qualificato, 2T contro qualificato, poi Goffin e Basilashvily, Nishikori l’avversario più pericoloso a livello di ranking. “Not too bad”.
Ragionevolmente, le chance di vedere Roger Federer trionfante al Roland Garros sono pari a quelle che ha il famoso cammello di passare nella cruna di un ago. Possibile? Sì certo, ma non c’è storiografia al riguardo. Sul perché Roger sia tornato a giocare sul rosso ci siamo fatti una certa idea: è prossimo al ritiro, perché rimanere fermo un paio di mesi quando può andare dove vuole, giocare quanto vuole e divertirsi? È venuto a Roma “per fare un paio di partite”, andrà a Parigi perché, anche se sul rosso, è pur sempre uno Slam. Aspettative? Nessuna. Ci sono troppi impedimenti fra lui e un lungo cammino: lo sconfinato campo centrale nel quale giocherà che inevitabilmente lo allontanerà dalla riga di fondo, il tre su cinque che lo costringerà ad accumulare ore di gioco anche in turni facili, la concorrenza di tanti avversari che stanno meglio di lui. Certamente, Roger le sue partite le vincerà sempre. Difficile perda contro giocatori come Sousa, oggi come fra 10 anni. I veri test per Federer sono altri. Insomma, godiamocelo, perché a Roma è stato un bel vedere e non chiediamogli altro che di non farsi male.
Tabellone: esordio contro Sonego, probabile un terzo turno contro Berrettini. Dalle sue parti ci sono anche Cecchinato e Schwartzman, più avanti Cilic, Wawrinka e Tsitsipas.
Se perde non è una sorpresa ma la sensazione è quella del “ora o mai più”. L’avvicinamento di Thiem è stato quanto di più lento e graduale possa esserci ma adesso non è più il momento delle scuse: hic parigi hic salta. Al Roland Garros dello scorso anno Thiem sembrò patire anche la pressione di chi doveva dimostrare di essere pronto e dopo un torneo bellissimo, in semifinale e in finale, giocò le partite peggiori. Contro Cecchinato andò bene per manifesta superiorità, con Nadal arrivarono guai. L’anno che è passato ci ha consegnato però un Thiem che ha buttato un altro quarto di finale a New York ma che da tre mesi a questa parte sembra aver maturato una diversa consapevolezza. La vittoria di Indian Wells contro Federer, ma ancora di più quella di Barcellona dopo aver controllato un buon Nadal, e in fondo la stessa sconfitta di Madrid contro Djokovic, arrivata senza troppo ferire, quasi come fosse una specie di allenamento, ci hanno consegnato un giocatore che pare abbia una diversa consapevolezza di quello che può fare. Inoltre la distanza lunga, visto che il tempo passa, non potrà che dargli una mano, perché è impensabile un crollo contro Djokovic o Nadal di uno che atleticamente sta meglio di loro. L’ultimo dubbio riguarda la tenuta mentale, ma appunto l’ora è arrivata: se Thiem non lo vince quest’anno il Roland Garros, non lo vincerà mai più.
Tabellone: primi turni semplici, Monfils o Verdasco i nomi grandi per gli ottavi, ai quarti avrebbe del Potro che chissà se ci arriva.
Madrid aveva dato delle ottime indicazioni a Djokovic, o almeno era questa l’impressione che avevamo avuto quasi tutti, compreso Thiem: «Quando si avvicinano gli Slam, Novak comincia a giocare a meglio», riferendosi quel “meglio” alle prestazioni poco brillanti dagli Australian Open in poi. A Roma però abbiamo visto di nuovo un Djokovic poco sicuro di sé e dopo i tentennamenti con del Potro – che da Shanghai in poi ha vinto più di una partita in sole due occasioni – e Schwartzman, è arrivata una sconfitta in tre set contro Nadal. Nei due set persi, però, Djokovic ha vinto un game in tutto, segno che un vecchio problema si sta riaffacciando: al serbo occorre giocare con fiducia e tranquillità e appena le cose vanno storte il tennis del numero 1 del mondo perde progressivamente di solidità. Ad ogni modo, la vittoria del secondo set è comunque un buon segnale e, grazie alle lezioni del suo guru, il serbo si è affrettato a sottolineare l’aspetto positivo della finale persa: «Sono molto contento di essere arrivato al terzo set, specie per come è andato il primo». Insomma, Djokovic non può essere considerato il favorito al Roland Garros ma il pedigree e il curriculum lo impongono come la seconda scelta. Due settimane sono lunghissime, specialmente a Parigi, e ci sarà tempo e modo di cambiare idea.
Tabellone: esordio contro Hurkacz, più avanti Coric. Fognini o Zverev dalla sua parte, poteva andargli meglio.
Sono ormai due anni che Zverev è stabilmente in top 10 (l’anniversario è caduto proprio a Roma, dove vinse il suo primo Masters 1000) e ormai pare che ci sia abituati a considerarlo un top player che negli Slam perde regolarmente. La verità è che stiamo parlando di un ragazzo nato nel 1997 e che la vita del professionista non è fatta solo di allenamenti e partite da vincere, come ha ricordato lui stesso parlando del fatto che non ha un manager o un’azienda che curi i suoi interessi: «Sono un ragazzo giovane che si sta costruendo un brand e questo mi porta via un sacco di tempo e di energia. L’anno scorso giocavo bene perché pensavo solo al tennis e c’era qualcuno che si occupava di tutto il resto. Quest’anno mi sveglio alla mattina e penso a chi devo rispondere, a scrivere quella mail, a chiamare quello e solo dopo penso ad allenarmi. Penso che il motivo per cui sto giocando peggio quest’anno è che sono ancora giovane e devo imparare a gestire queste cose. Sto imparando. Ma una volta imparato, ne uscirò più forte». Difficile da dire se sia la strada corretta da percorrere, ma quantomeno Zverev sembra avere le idee molto chiare sul proprio futuro. Per quanto riguarda l’immediato, è davvero difficile immaginarsi uno Zverev che migliori il risultato dell’anno scorso, i quarti di finale. Quest’anno ha vinto 16 partite e ne ha perse 10. La vittoria migliore, in termini di ranking, è stata quella contro De Miñaur ad Acapulco, che all’epoca era numero 26 del mondo. Maluccio per uno che ha battuto 4 top 10 meno di 6 mesi fa.
Tabellone: esordio contro Millman, dovrà essere attento e avere voglia. Poi ci sarebbero Lajovic e Bautista-Agut o Fognini, prima di un eventuale quarto con Djokovic.
Vent’anni e già una vittoria contro Djokovic, Nadal e Federer, una semifinale Slam, una finale di Masters 1000. Nadal qualche giorno fa ha detto che con il suo team, ad inizio anno, ha giocato ad indovinare i top 10 di fine anno e che tutti hanno scelto Tsitsipas: «Era chiaro a tutti che era pronto». E Rafa se ne è ben accorto a Madrid, dove ha subìto la terza sconfitta in tre tornei sulla terra battuta – per poi rimettere a posto le gerarchie la settimana successiva. Morale della favola: non si può tenere fuori Stefanos Tsitsipas dal gruppo dei favoriti, anche perché sono tempi particolari e la vittoria in uno Slam di uno che ha appena fatto 20 anni non suona così implausibile come poteva suonare qualche anno fa. Il dubbio, semmai, è come il greco gestirà la situazione, perché è evidente a tutti che il suo è uno dei nomi che in molti indicheranno tra gli outisider. Sarà il primo Slam da top 10, il primo in cui tutti avranno gli occhi su di lui, il primo Slam in cui servono le spalle larghe: vedremo quanto.
Tabellone: esordio contro Marterer, poi Wawrinka o Cilic prima di Federer ai quarti.
L’anno scorso di questi tempi abbiamo assistito ad una delle imprese più clamorose negli ultimi anni, con un 25enne che aveva esperienza quasi esclusiva di Challenger capace di andare sotto due set a zero contro Marius Copil nel primo turno e di mettere poi a segno un’incredibile sequenza di successi, arrivando addirittura in semifinale. Ovviamente stiamo parlando di Marco Cecchinato, un’onesta carriera nelle retrovie, che a Parigi trovò modo di battere – e anche abbastanza nettamente – gente come Carreno Busta, Goffin e addirittura Novak Djokovic, che ai tempi era in grave crisi di identità. Cecchinato ha fatto come quelle squadre che passano in vantaggio casualmente e poi si meritano il risultato, migliorando considerevolmente la propria solidità e rimanendo per l’intero anno nella top20. Ma qui c’è il nodo e vedremo se il pettine del palermitano sarà in grado di affrontarlo. Replicare lo stesso risultato sarebbe ancora più sorprendente della prima volta e considerato il tabellone, se arriva ai quarti si dovrebbe gridare al miracolo. Non succederà.
Nel frattempo, da un paio d’anni un tormentone agita le redazioni online e i social: riuscirà il nostro eroe Fabio Fognini a superare la barriera della top 10? Varie volte abbiamo detto che il valore del miglior italiano degli ultimi 40 anni è lievemente sovrastimato, se si considera che ormai ha 32 anni e prima di vincere in modo abbastanza casuale Montecarlo – poteva tranquillamente uscire al primo turno contro Rublëv, bravo ma non proprio Federer – la cosa migliore che aveva fatto era vincere un “500” ad Amburgo, senza parlare degli Slam, una sola volta ai quarti di finale, nel lontano 2011. Le varie disavventure dei giocatori migliori hanno aperto uno spiraglio a chi in fondo è pur sempre un orbo nella terra dei ciechi, ma ciononostante l’impresa sembra abbastanza improba. Fognini per avere una qualche possibilità deve arrivare proprio nei quarti di finale, cioè vincere quattro partite, cosa che come ricordato gli è riuscita una sola volta in carriera. E non è detto che il quarto di finale possa bastare, perché dipende dai risultati di almeno quattro tennisti: del Potro, che deve difendere una semifinale e quindi se non la ripete finirebbe dietro; Khachanov e Medvedev che invece non difendono niente e quindi a parità di partite vinte resterebbero davanti; e Coric, che è leggermente dietro ma al quale basterebbe una vittoria in più di Fognini per scavalcarlo. Se consideriamo che Fognini l’ottavo di finale lo giocherà contro Zverev possiamo dire che è andata più che bene, visto che le alternative erano Nishikori, del Potro e Tsitsipas. Ma prima di arrivare fin lì Delbonis e Bautista-Agut da soli non si battono e insomma se dovessimo scommettere il nostro decino forse lo dirotteremmo altrove.
Del rinascimento italiano a Parigi non si vedono troppe tracce, anche se in tabellone ci sono altri quattro moschettieri. Seppi non vince una partita da febbraio e ha perso tutti e 5 gli incontri giocati quest’anno sul rosso, e tutti sperano che perda il sesto, perché sarebbe una beffa se dovesse essere proprio lui a fermare Fognini; Fabbiano, che compie 30 anni proprio il primo giorno del torneo, farà il solito atto di presenza contro Cilic, Sonego avrebbe potuto passare un paio di turni ma è incappato in Federer, e dalle qualificazioni sono partiti in 15 ma sono arrivati in tre (o due) e sarebbe un sorprendente trovarli ancora in gara a metà settimana. Ci sarebbe in realtà Berrettini, che ha vinto a Budapest e fatto un ottimo torneo a Monaco, un po’ come Cecchinato l’anno scorso, e sembra avere la tigna per fare bene. A Roma dice di aver giocato la sua partita più brutta di sempre, e di aver sentito troppo la pressione, ma qualcosa probabilmente c’entrava anche l’avversario, visto che Diego Schwartzman sulla terra lo batti se sei Djokovic e dopo averci perso un set. Anche lui è capitato dalle parti di Federer, che dovrebbe incrociare a terzo turno. Ad ogni modo per Berrettini si tratta del quinto slam, e proprio a Parigi aveva esordito vincendo due partite e strappando addirittura un set a Thiem. Migliorasse quel risultato avrebbe già fatto il suo.
Fognini vs Seppi: Fognini nel momento migliore della sua carriera, Seppi nel peggiore, fate voi.
Fabbiano vs Cilic: Cilic è Cilic, ma Fabbiano è Fabbiano.
Cecchinato vs Mahut: turno con livello di difficoltà “passeggiata al parco senza nipoti”
Berrettini vs Andujar: sempre meglio evitare i vecchi leoni o, se proprio devi giocarci contro, trattateli come vecchi.
Sonego vs Federer: Certamente, Federer che torna a giocare a Parigi dopo tre anni per perdere contro Sonego. Come no.
In tabellone ci sono anche Stefano Travaglia, Simone Bolelli e Salvatore Caruso, tutti provenienti dalle qualificazioni.
Paire vs Copil: non vorremmo suonare troppo enfatici, ma questa è la partita di cartello del primo turno.
Fritz vs Tomic: Fritz è in forma ma a decidere le sorti del match sarà l’estratto conto bancario di Tomic.
Verdasco vs Evans: “average backhand” vs mediocre backhand, match che potrebbe finire in caciara per via del temperamento di Evans.
Karlovic vs F. Lopez: ❤️
Gunneswaran vs Dellien: C’erano una volta un indiano e un boliviano che giocavano a tennis a Parigi…
Ruud vs Gulbis: Dove c’è Gulbis c’è speranza, di cosa però non sapremmo dirvelo.
Carreno Busta vs Sousa: Scambi lunghi, sole, birra: astenersi amanti del bel giuoco.
[1] N. Djokovic vs [13] B. Coric
[9] F. Fognini vs [5] A. Zverev
[4] D. Thiem vs [14] G. Monfils
[10] K. Khachanov vs [8] J.M. del Potro
[6] S. Tsitsipas vs [11] M. Cilic
[16] M. Cecchinato vs [3] R. Federer
[7] K. Nishikori vs [12] D. Medvedev
[15] N. Basilashvili vs [2] R. Nadal