Abbiamo problemi con la gente.
By Roberto Salerno Posted in spotting on 27 Aprile 2019 4 min read
Per quanto il tennis rimanga rigidamente diviso in caste – con gli Slam a ufficiare il sacerdozio e a espletare le funzioni rituali e spirituali – tra i “1000” e i “500”, le differenze possono essere enormi o marginali. Sono enormi se si pensa a Amburgo, Pechino, Washington rispetto a Indian Wells o Cincinnati, ridottissime se si pensa a Bercy, Shanghai, Monte Carlo rispetto a Barcellona. Non è solo questione di montepremi o di capacità organizzative particolarmente raffinate, naturalmente non guastano, ma anche di qualcosa che ha a che fare con il racconto del posto, forse con la tradizione. E ci sono volte, succede spesso, che il livello tecnico del torneo finisce con l’allinearsi con queste sensazioni. Se quest’anno il torneo di Monte Carlo è stato decisamente povero, e si è concluso con finalisti lontani dalle zone nobili della classifica, Barcellona promette un finale scoppiettante. Escluso Djokovic, tutti i giocatori della top 10 presenti al torneo monegasco sono venuti qui, e la settimana in più ha dato modo di far ritrovare buone sensazioni a chi aveva molto deluso nel principato. E se alla fine due semifinalisti sono gli stessi, molto diverso è il come si presentino all’appuntamento, e i nomi degli altri due.
Rafa Nadal è ancora in chiara convalescenza, e solo a Parigi sapremo se ha una malattia dalla quale si guarisce. Nadal, dopo i disastri di Montecarlo, ha balbettato sia con Leonardo Mayer sia con Jan Lennard Struff, concedendo un set al primo e dieci game al secondo. Solo il povero “Ferru” è stato trattato come se fossimo ai bei tempi, ma oggi Nadal rischia se non proprio di fare la fine di sabato scorso – quel Nadal è improponibile – di perdere la sua prima semifinali tra i viali di Pedralbes. Il suo avversario è appunto uno di quelli che a Monte Carlo ancora metteva a punto le corde della racchetta, Dominic Thiem, che ha un gioco che necessita di tutti quanti i bioritmi a posto. Dopo la vittoria di Indian Wells l’austriaco aveva perso subito a Miami e preso una scoppola da Lajovic ma qui è stato solidissimo, stroncando Schwartzman e alla distanza anche Munar e Pella, tutta gente che sulla terra sa cosa fare. Da anni ci si chiede se Thiem è all’altezza di Nadal, e Rafa ha spesso risposto che batterlo ogni tanto non significa essere già al suo livello se non si è in grado di ripetersi. Fuori dagli Slam l’ultima l’ha vinta Thiem, chissà se vuol dire qualcosa.
Ma anche la seconda semifinale non sfigurerebbe in uno Slam. Medvedev è riuscito a perdere una misteriosa partita contro Lajovic la settimana scorsa e anche per lui vale un po’ quello che si è detto per Nadal: difficile che si ripeta. Ma a differenza di Nadal il russo prima di queste due settimane sulla terra rossa non aveva mai combinato granché ed è abbastanza curioso questo improvviso adattamento alla superficie. Qui ha perso un set con Ramos ma poi è andato abbastanza spedito, il suo problema principale sarà dall’altra parte della rete. Già, perché il Nishikori di Barcellona, per motivi insondabili, è spesso il miglior Nishikori dell’anno. Qui ha vinto due volte mostrando una superiorità imbarazzante e quest’anno sta procedendo abbastanza speditamente, anche se il giapponese ha avuto avversari tutto sommato abbordabili. Ma per uno capace di perdere contro Herbert a Monte Carlo le insidie potevano essere ovunque.
Attorno a queste due semifinali il solito contorno di glamour con lo spumante, di village con i vip, di vecchi abbronzati che pare giocassero a tennis negli anni ’60 e quindi cosa vuoi fare se non premiarli per qualcosa che chissà. Ma Barcellona, in fondo come Roma, ne ha viste troppe per far finta di crederci davvero. Entra nella bolla e poi torna a passeggiare nelle Ramblas. Posto che dal Raval o dalla Barceloneta si sia perso del tempo per arrivare sin qui.