Abbiamo problemi con la gente.
By Salvatore Termini Posted in spotting on 8 Agosto 2017 8 min read
I fatti. Il 16 febbraio di quest’anno Sara Errani consegna un campione d’urina all’addetto al controllo antidoping. Il campione viene diviso in due parti “A” e “B” e il campione “A” viene portato al laboratorio accreditato WADA di Montréal. Il campione A risulta positivo al test sul letrozolo e il 7 marzo la professoressa Christiane Ayotte riporta il risultato all’ITF. Come vuole il protocollo della Federazione Internazionale, il campione viene sottoposto a controanalisi e il 2 maggio il verdetto viene confermato: nel corpo di Sara Errani si trova letrozolo nella percentuale di 65 nanogrammi per millilitri.
Nel frattempo, il 18 aprile, viene notificata formalmente alla giocatrice l’apertura di un procedimento a suo carico. Sara Errani ha ammesso che il letrozolo era presente nelle sue urine e il “processo” ha dunque riguardato soltanto la sanzione da infliggere alla giocatrice italiana.
Nella pre-udienza il difensore di Sara Errani, Howard Jacobs, sostiene che la spiegazione più probabile per la presenza di letrozolo nell’urina è che la giocatrice abbia inavvertitamente ingerito una medicina anticancro della madre, il Femara. Al tribunale la mamma di Sara, Fulvia Errani, ha spiegato che sta lottando contro un cancro dal 2005, che ha subìto due operazioni, e che ha avuto due ricadute, la più recente nel 2012. Da allora, assume regolarmente il Femara. Secondo la deposizione della signora Fulvia, il Femara è conservato in cucina assieme ad altri oggetti in modo da rendere più semplice ricordare di assumerlo giornalmente. La signora ha anche ricordato che le era già successo di provare a prendere una pillola dal blister e averne inavvertitamente prese due facendo cadere la seconda sul piano di lavoro e provocando un rischio di contaminazione. La spiegazione fornita per giustificare la presenza di letrozolo, quindi, è che una pastiglia di Femara sarebbe inavvertitamente caduta nel brodo o nel ripieno di tortellini che la signora ha preparato il 14 o il 15 febbraio 2017, ossia nei due giorni precedenti a quello in cui è stata riscontrata la positività.
Sara Errani ha spiegato che in quel periodo stava facendo ricorso a prodotti omeopatici per cercare di curare alcune malattie che le erano state diagnosticate, tra cui la mononucleosi. Ha fornito l’elenco dei prodotti presi e nessuno di essi conteneva letrozolo. Inoltre Sara Errani e sua mamma hanno fatto la prova per verificare se il Fermana si sciogliesse oltre che nel brodo anche nella ripieno dei tortellini, cosa che si è puntualmente verificata a temperatura ambiente.
Secondo il tribunale la quantità di letrazolo trovata nelle urine di Sara non consentono di stabilire se si sia trattato di uso deliberato o meno del farmaco.
I consulenti della Errani hanno cercato di mostrare, attraverso l’analisi dei capelli e del profilo ormonale della giocatrice, come la quantità di letrozolo trovato nell’urina fosse incompatibile con un’assunzione regolare, ma secondo il consulente del tribunale questo non può essere verificato scientificamente e quindi la dimostrazione non è stata accettata dal tribunale dell’ITF.
La sentenza. Secondo il tribunale il punto è come ha fatto il letrozolo a entrare nel corpo di Sara Errani. Rifacendosi forse un po’ troppo a temi letterari – una chicca il riferimento al famoso precetto di Sherlock Holmes “una volta scartate tutte le soluzioni impossibili quella che resterà, seppure improbabile, sarà quella giusta” – la prolungata assenza da casa di Sara, le abitudine della mamma a non dover fare troppa attenzione agli eventuali effetti della propria distrazione sono, per quanto improbabili appunto, la spiegazione reale di come il letrozolo sia finito nel corpo di Sara: la pillola è caduta o nel brodo o nel ripieno ed è stata inavvertitamente ingerita da Sara. Se ci è finito in questo modo ovviamente non si può imputare a Sara quasi nessuna colpa. Se ci si aggiunge che nei precedenti 21 test del sangue e 23 di urina tutto era andato liscio se ne può dedurre, secondo il tribunale, che anche se di poco la spiegazione del tortellino regge.
Purtroppo, ed è questo il motivo della squalifica, Sara doveva accorgersi che in cucina c’erano delle medicine e non averlo fatto significa non aver “fatto ogni sforzo concepibile per evitare una sostanza proibita”, cioè è stata negligente.
Ora, in questi casi il rischio è di prendere 24 mesi ma la corte si è rifatta al caso Cilic. In quell’occasione si sono stabiliti tre livelli di negligenza: quello “significativo e consistente”, per cui la pena doveva andare dai 16 ai 24 mesi; quello “normale” per cui la pena andava dagli 8 ai 16 mesi; e quello “leggero” per cui la pena era da 0 a 8 mesi, in genere 4. Il tribunale ha ritenuto che la negligenza di Sara è stata molto lieve e ha optato per i due mesi. Inoltre i risultati ottenuti da Errani tra il 16 febbraio 2017 e il 7 giugno 2017 (data nella quale l’atleta è stata testata di nuovo, con esito negativo) sono stati annullati.
La lunga premessa era necessaria perché, com’era abbastanza prevedibile, si è scatenato il putiferio. Chi non riesce a smettere di ridere al pensiero del tortellino dopato e chi invece avverte di non guardare al tortellino ma alla fede della tua chiesa sostenendo che in fondo cosa sono pochi milligrammi di letrozolo, tra amici?
Per quanto possa essere sgradevole ricordarlo sarebbe appena il caso, prima di sparare accuse un po’ a casaccio, di farsi un discreto esame di coscienza e comprendere che per quanto si possa credere di essere buoni e comprensivi quello che è successo è una cosa di una discreta gravità. Il letrozolo non è uno scherzetto che si può affrontare ridendo, perché oltre ad essere legato a vicende purtroppo tragiche ha effetti collaterali devastanti per chi ne fa uso. Purtroppo, come ricordato dalla corte, si è impossibilitati a capire se Sara ne ha fatto uso continuato o meno e le caratteristiche del farmaco sono tali che la quantità rilevata durante gli esami risente del periodo dell’esame stesso. Detto altrimenti si può smettere di prenderlo poco prima che inizi il torneo e alla fine la quantità sarà più o meno quella trovata nel corpo di Sara. Il punto è che questo letrozolo è in grado di potenziare la massa magra (significa semplicemente tirare più forte, vedete voi se serve) ma a prezzi terribili per una ragazza dell’età di Sara, che arrivano fino alla perdita completa del desiderio. Si deve volere molto male a Sara per somministrarglielo anche se non sarebbe la prima volta che Parigi val bene una messa.
Vale la pena sgombrare il campo da alcuni equivoci.
La quantità trovata nell’urina di Sara Errani non ci dice niente del fatto che lo prendesse regolarmente o meno. Il farmaco si smaltisce in tempi ragionevoli e possono restarne poche tracce o nessuna. Ne consegue che il fatto che non sia stato trovato negli altri 44 controlli precedenti e in quello successivo non è indicatore di nulla. La supposta “prova del capello” è inconsistente, come ricordato dalla stessa sentenza della corte. Il fatto che sia stata provata su sé stessa (sic) da una consulente della Errani, la professoressa Donata Favretto, non significa niente, allo stato non c’è letteratura sufficiente per affermare che la prova del capello sia valida. Il letrozolo è un dopante. Il fatto che possa avere dei terribili effetti collaterali non è certo una prova che allora non si assume per migliorare le proprie prestazioni. Si dimentica molto spesso che i giocatori affidano la loro salute a terzi che possono anche non esserne troppo interessati. La normativa anti-doping, vale la pena di ricordare, nasce per difendere la salute dell’atleta e non soltanto per tutelare le credibilità (come no) dello sport. Quello che è successo è quindi che l’ITF ha trovato ragionevole, seppur di poco, la spiegazione dello staff di Sara, in un’udienza che deve essere stata emotivamente molto più che complessa e decisamente invasiva della privacy dell’intera famiglia Errani.
L’attivismo dei consulenti di parte di produrre argomenti francamente sconcertanti come i tentativi di ricreare come in una commedia le diverse ipotesi di ingestione del farmaco – tutte rigettate dal tribunale dell’ITF che evidentemente ha un limite di credibilità, anche se la storia del tortellino sembra dimostrare il contrario – non è uno bello spettacolo. E le belle gioie che in questo momento si stanno affannando a spiegare alle iene la limpidezza di Sara cerchino di ricordare che non si sta parlando di vincere o perdere una partita o un torneo, ma della salute di una ragazza di appena 30 anni. Se si guardano gli ultimi due anni della carriera della giocatrice romagnola non sono certo i risultati ad essere la cosa più preoccupante. Molte volte Sara è uscita dal campo in lacrime e un paio di volte è stata colta da quelli che sono sembrati dei veri e propri attacchi di panico.
Non sono le iene a dover essere convinte, è a Sara che bisogna spiegare bene cosa sta rischiando.