Abbiamo problemi con la gente.
By Claudio Giuliani Posted in spotting on 11 Luglio 2017 3 min read
Dopo quattro ore di gioco, due set pari, Nadal e Müller vivevano in modi diametralmente opposti una partita che era diventata troppo importante per essere un ottavo di finale. Lo spagnolo era arrivato al quinto set recuperando i primi due di svantaggio, giocati in maniera distratta come se dovesse qualcosa a Müller. Il lussemburghese, che sta vivendo un ottimo periodo di forma psicofisica, continuava a giocare con lo stesso approccio zen di inizio partita: non guardando oltre la qualità dei propri colpi, sulla superficie su cui si sente più in sicurezza.
Nel corso della partita, anche quando la rimonta di Nadal sembrava dover prendere una piega definitiva, Müller non ha perso fiducia nel suo credo: è sceso a rete dall’inizio alla fine, preoccupandosi poco dell’avversario, anche se Nadal riusciva pian piano a rispondere sempre meglio, a giocare i passanti giusti, a trovare i lob che restavano in campo per un paio di centimetri. La combattività di Nadal non ha fatto arretrare di un millimetro Müller, un tennista di 35 anni con tanti match alle spalle, ben conscio che non avrebbe avuto altra scelta che affidarsi alla sua filosofia per superare questa prova. Alla fine la testardaggine ha premiato e Müller è diventato il sesto tennista a battere più di una volta Nadal in uno Slam: c’era riuscito la prima volta nel 2005, l’anno in cui Nadal vinse il suo primo titolo dello Slam, ovviamente a Parigi. Gli altri che ci sono riusciti non sono malaccio: Federer, Djokovic, Murray, Hewitt e Ferrer.
La passività di Nadal
Il 6-3 6-4 per Müller seguito dal 6-3 6-4 per Rafa avevano fatto capire che lo spagnolo non stava giocando il suo match migliore, contro un avversario che invece era stato semplicemente perfetto. Rafa aveva scelto fin dall’inizio di rispondere molto lontano dalla linea di fondo, la sua comfort zone in risposta: questo però consentiva dava tempo a Müller per arrivare molto vicino alla rete per giocare la prima volée, quella che dovrebbe essere di approccio e invece si rilevava spesso definitiva. L’idea di Rafa non era di per sé sbagliata: voleva caricare i colpi per far colpire la pallina a Müller sotto il livello della rete e per questo non avanzava mai in risposta, provando ad anticipare la traiettoria. Eppure, essere più aggressivo in risposta gli ha portato bene molte volte. è così che aveva disinnescato l’aggressività di Milos Raonic nei quarti di finale degli Australian Open 2017. Va detto però che la posizione di Nadal è spesso dettata da una mancanza di sicurezza nei propri mezzi fisici: Rafa non ha più la rapidità di gambe e l’agilità che aveva nel 2008, quando vinse il suo primo Wimbledon. Oggi preferisce arretrare la sua posizione in risposta per recuperare quella frazione di secondo che ha perso in reattività, non solo per l’età ma anche per via della maggiore massa muscolare rispetto al passato.
Gli effetti tattici sono stati pesanti. La tutt’altro che eccezionale resa di Rafa nei game in risposta ha consentito a Müller di continuare a praticare la sua unica maniera di giocare a tennis – servizio e volée – senza scalfire di un niente la sua fiducia. Müller è stato bravo a massimizzare l’effetto mancino della sua battuta, a cui Rafa non è troppo abituato. Nadal, che con la sua passività non chiudeva la traiettoria in avanti, ne subiva la rotazione ed era costretto a fare un lavoro esasperato nello spostamento laterale. Tante le stecche, le palle scentrate e gli errori.
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