Abbiamo problemi con la gente.
Confinati sul campo numero tre, Ernests Gulbis e Juan Martín del Potro giocano nel day 4 di Wimbledon il match dei redivivi. Se l’argentino oramai è tornato a essere una presenza fissa del circuito, per Ernests Gulbis si tratta della seconda partita dell’anno nel circuito maggiore. Ha giocato solo 9 partite nel 2017, una sola “seria”: al primo turno del Roland Garros quando ha perso contro Marin Cilic in tre facili set. Praticamente, guardare giocare Gulbis è diventata una cosa da culto, perché a meno che di affidarsi agli streaming dei Challenger non ci sono occasioni per vederlo in TV.
Nei mesi scorsi sono arrivate informazioni sporadiche su di lui. Il tennis dimentica presto chi scende velocemente in classifica, specie se non ha scaldato il cuore dei tifosi come del Potro e se ha la nomea di uno che è ricco e per di più acculturato, onta doppia. Lui è troppo intelligente per avere cura dei pareri di chi lo bolla come l’ennesimo talento sprecato del tennis. D’altronde non ha neanche cura per la barba, lunga e incolta il giusto, proprio come ogni persona che legge libri dovrebbe fare.
Siamo curiosi di vedere come sarà il suo dritto, se è cambiato rispetto al Roland Garros, anche se è trascorso solo un mese da allora, ma intanto constatiamo che servizio e rovescio sono i soliti due colpi di ottimo livello. Serve sempre sopra le 120 miglia orarie, facendo molti punti o mettendosi in condizione di vincere lo scambio subito dopo, magari con il rovescio, colpo che esegue con preparazione minima e che, sull’erba, risulta molto efficace.
Ad un certo punto, sulla diagonale di rovescio, i due scambiano qualche colpo giocando entrambi il back di rovescio. Quello di delPo rimane sempre in campo ma si vede che è un colpo di fortuna: non schizza mai dopo il rimbalzo. Gulbis lo gioca più tagliato, sempre profondo. Dopo che ne hanno tirati due a testa il lettone cambia improvvisamente il movimento sul rovescio, inclinando verso l’alto il piatto della racchetta e finendo il movimento della racchetta verso l’interno del corpo. Anche il suono del colpo è particolare, la palla rimane sulle corde qualche millisecondo in più e la smorzata lungolinea con taglio esterno è un vincente meraviglioso.
Sono quei colpi che ci fanno sorridere inizialmente e dolcemente, per poi rimanere con l’amaro del retrogusto, quel pensiero “ah se solo Ernests…”. Ma Gulbis è così: servire e giocare una smorzata ancora una volta verso l’esterno, per poi seguirla a rete quando si accorge che l’avversario rimetterà una facile palla nel centro del campo, è una cosa naturale. Così come è naturale vederlo soffrire sul lato del dritto, dove chissà quali pensieri si affastellano nella sua mente nell’attimo prima della scelta del colpo.
Del Potro sa benissimo cosa deve fare contro di lui, e cioè giocargli sul dritto. Perché gli errori arriveranno, anche se Gulbis non si arrabbierà più del solito. Sa che quel colpo è perso per sempre, che non tornerà mai neanche nella sua espressione migliore, quell’esecuzione ribattezzata “ad airone” talmente brutta esteticamente quanto efficace sul campo. Al massimo, questo Gulbis si limita a mimare nell’aria la corretta esecuzione del colpo.
Sembra di vederla materializzata la sua insicurezza quando colpisce da quel lato, cercando sempre di “chiudere” il colpo con il polso, e cioè tenere in campo con l’effetto una palla colpita con la solita, debordante forza. Ma l’incontro è comunque pari, perché l’argentino sul rovescio non riesce mai a creare problemi a Gulbis, anche se questo colpo riarrangiato delPo non lo sbaglia quasi mai.
In un altro scambio del Potro picchia duro al servizio, Gulbis risponde e l’argentino lo fa correre verso destra. Ernests rimette con il backspin di dritto una prima volta, poi di nuovo una seconda volta cercando di contenere il dritto in pressione dell’argentino. Quella che potrebbe sembrare una scelta tattica giusta, e cioè tagliare la palla con il backspin per avvantaggiarsi del rimbalzo, è in realtà una forzatura, un costrizione dettata dal voler giocare quel punto rimettendo la palla colpendo dal lato più insicuro. Del Potro conclude lo scambio andando a rete però sul rovescio di Gulbis, che lo supera con un pallonetto in topspin millimetrico: magnifico.
Rovesci potentissimi in campo e dritti che finiscono a metà rete si alternano in campo a rappresentare la metafora della carriera di Gulbis, solo con frequenza più ravvicinata. Ma nonostante questo dritto, il lettone riesce a vincere anche il secondo set. In mente ci rimangono i pallonetti millimetrici a uno che è alto quasi due metri, le smorzate seguite dalle volée ad anticipare il recupero dell’avversario, e anche i servizi potentissimi scagliati alla “T”, così la palla torna in mezzo al campo e lui rimane fermo per colpire di rovescio, quando ogni altro giocatore girerebbe intorno alla palla per colpire col dritto.
Nel terzo set Gulbis interrompe gli scambi da fondo campo giocando una smorzata con il rovescio indirizzandola sul lato sinistro di del Potro. L’argentino ci arriva e rimette una palla corta che rimbalza alta; Gulbis accorre, perché intanto ha tagliato il campo in avanti, e colpisce di dritto impugnando di piatto come se dovesse impattare molto al di sotto della rete quando potrebbe colpire in maniera normale. Rimette di là una palla morbida che del Potro intercetta per chiudere il punto. Riecco l’insicurezza. Subito dopo del Potro tira un servizio alla T servendo sul 15-30, un momento delicato. Gulbis incoccia come meglio non si potrebbe con il dritto, che si rivela un vincente. Pura estemporaneità.
Ma la discontinuità non si manifesta solo all’interno dei singoli game. Un set, il terzo, che lo vede in vantaggio per tutta la sua durata viene riaperto quando manca poco a chiudere la partita, con un altro dritto in rete. Ma astraendoci ancora di più dal punteggio, la giornata sembra quella buona. Ernests non dice una parola, non si incita, non protesta, non guarda altro che il campo e la pallina da tennis pensando a come fare per vincere ogni singolo punto della partita. Sembra quasi non fare il Gulbis, ma contro del Potro ha deciso di offrire a noi e ai suoi fan la versione migliore. Quando vince la partita, più che sorridere espira: c’è la tensione da smaltire. Ora che è finita, batte le mani al pubblico che ancora una volta ha creduto in lui. O forse, chissà, voleva vedere del Potro contro Djokovic, il match potenziale che tutti hanno cerchiato in rosso al momento del sorteggio. Ma non ha importanza perché l’oggi è di Gulbis e il domani vedremo.
Un matrimonio da organizzare, una carriera che forse finirà molto presto e che poi, magari, potrebbe riprendere se nel suo reinventarsi come uomo scoprirà che il tennis fa ancora parte di lui. Il tennis quello serio, ovviamente. Intanto c’è un altro turno da giocare, contro il numero 2 del mondo. Una sconfitta probabile ma che si materializzerà con molta probabilità sul campo centrale di Wimbledon per quella che potrebbe essere una gloriosa uscita di scena.