Abbiamo problemi con la gente.
Nella conferenza stampa alla vigilia della finale di Parigi contro Stan Wawrinka, Nadal ha detto che quella da giocare era la partita più importante della sua carriera. Mai prima di quel giorno lo spagnolo si era aperto emotivamente con la stampa prima di un match e non è forse un caso che questo sia accaduto in età matura, dopo una carriera passata a trasmettere l’immagine dell’uomo che non ha tempo per i sentimentalismi.
Quel comportamento era il frutto di una nuova consapevolezza del tempo trascorso e sembrerebbe aver mostrato il bisogno, insaziabile, di lavorare per avvicinarsi magari ai 18 Slam, forse attraverso la scoperta di nuovi orizzonti tennistici, facendo leva su aspetti che si scoprono solo quando si ha poco tempo davanti a sé. Infatti, il tempo forzato trascorso ai box è sacro per campioni con una carriera alla spalle perché ti dà modo di ragionare sul passato, sul presente e sul futuro.
Rafael Nadal è talmente intelligente da aver sempre saputo di cosa aveva bisogno per allungare la carriera. A livello di gioco espresso, tante sono state le volte in cui si è mostrato più aggressivo, più intraprendente, salvo poi, nei momenti importanti, tornare nella sua comfort zone, e cioè la resistenza psicologica a oltranza da fondo che tanta gloria gli ha permesso di conquistare durante la sua lunga carriera. Lo spagnolo ha sempre avuto in dote il potenziale tecnico per consolidare l’avanzamento della sua posizione in campo ma non hai lavorato su questa possibilità per un ancoraggio mentale legato alla sua storia di giocatore.
Le ferite degli ultimi due anni, e cioè le disastrose annate del 2015 e 2016, hanno punto nel profondo l’orgoglio del campione e hanno scatenato il click mentale che è alla base del nuovo livello di gioco raggiunto dallo spagnolo, che ha vissuto il cambiamento come una opportunità oltre che come una necessità per poter ancora vincere i trofei più importanti. A Parigi, rispetto agli Australian Open, lo spagnolo ha migliorato la sua condizione fisica, anche se il giudizio non può essere preciso perché le qualità di forza che si esprimono sulle due superfici sono diverse; però la continuità di gioco ha dato nuova brillantezza e ciclicità alle falcate dello spagnolo nel rincorrere la palla.
Se osserviamo l’atteggiamento di Nadal in campo oggi, notiamo che quando effettua lo split-step, e cioè il balzo a piedi pari che si fa giusto un attimo prima di impattare il colpo in risposta al servizio, lo fa sempre da molto lontano rispetto alla linea di fondo campo. Rafa cerca sempre la profondità in risposta con una parabola alta ma dal linguaggio del corpo si evince una ricerca a colpire più vicino alla riga anche nella fase difensiva. In passato lo spagnolo preferiva “tagliare il campo” verso il fondo, mentre adesso preferisce mantenere il corpo più vicino alla riga. L’esempio più evidente di questa adattabilità che Rafa dimostra in risposta lo abbiamo visto contro Raonic agli Australian Open, quando Nadal ha risposto con i piedi molto più vicino del solito alla linea di fondo campo per non perdere troppo campo. Nei match successivi a quello contro Raonic, così come nei precedenti, Nadal è tornato a rispondere nella posizione dove si sente più a suo agio.
Molto si è parlato del suo miglioramento dal lato del rovescio. Addirittura, c’è chi identifica in questo presunto miglioramento il verso segreto del ritrovato Rafa Nadal. Lo spagnolo aveva migliorato la tecnica di esecuzione del suo colpo bimane già in passato, dando prova di saper impattare la palla in fase ascendente e producendo così una traiettoria a scendere. Adesso, più che in passato, si è convinto di saper giocare quel colpo e appena capisce che sta perdendo terreno da quel lato gioca il colpo in sicurezza costringendo gli avversari a correre in recupero verso l’angolo destro, lasciato con molta probabilità scoperto per cercare il rovescio di Nadal colpendo di dritto anche dalla zona di centro-sinistra del campo.
Ma oltre a questi artifici tecnici, va sottolineata la caratteristica di Nadal, a dispetto dei suoi rivali più prestigiosi che trovano la forma mentale con l’avanzare delle gare, di aver dato sempre la massima importanza fin dai primi match dei tornei, che gioca cercando una forma mentale che non lasci spazio a passaggi a vuoto durante i match. Questo approccio alla gara gli consente di avere una sorta di vantaggio psicologico sull’avversario, quasi una sudditanza imposta che, nei momenti in cui gira un match, può fare la differenza sulle reali volontà di conquistare quel punto e, quindi, la partita.
Rafa ha iniziato l’anno con la necessità di convincersi che fosse ancora di nuovo competitivo. Federer, contro il quale non aveva ancora giocato la finale degli Australian Open, era fuori dal suo radar. Djokovic e Murray erano i giocatori che doveva inseguire sulla carta, anche se poi ha giocato contro il suo rivale storico la finale di Melbourne, perdendola di un soffio. Ma anche lì le sue parole, come alla vigilia dell’ultimo match del Roland Garros, sono state chiare: Nadal era ovviamente dispiaciuto per aver perso una finale Slam ma era soddisfatto della sua prestazione e del suo livello di gioco. Già allora Nadal si era ritrovato.