Abbiamo problemi con la gente.
Al venerdì parigino il torneo si è fatto improvvisamente serio e i due migliori giocatori del Roland Garros 2017 hanno vinto: domenica avremo la migliore finale possibile, Wawrinka contro Nadal. E dire che Murray stava quasi per dimostrare al pubblico di Parigi perché (e come) è diventato il numero uno del mondo. In campo nella prima semifinale dello Chatrier, Andy aveva di fronte lo Stan Wawrinka delle grandi occasioni, il giocatore mai capace di arrivare in semifinale fino ai 28 anni, per poi giocarne 9 in 15 tornei.
Murray aveva forse più motivazioni del suo avversario: Stan vive la parte finale della sua carriera prendendo quel che viene, forte dei tre Slam che ne hanno elevato lo status al rango dei migliori; Murray, diventato numero 1 al mondo neanche da un anno, ha vissuto un inizio di stagione fallimentare. Proprio a Parigi, un anno fa, raggiunse la sua prima finale al Roland Garros, perdendo poi contro Djokovic, dopo aver battuto Wawrinka in semifinale.
Non c’è stato da stupirsi, quindi, se il canovaccio della partita ha rispecchiato proprio la voglia di vincere messa in campo dai due, almeno fino al plot twist finale. Wawrinka dominava il primo set, serviva per il set, ma era Murray a vincerlo al tiebreak. Murray poi spariva dal campo e Wawrinka, sotto per 3 a 2 nel secondo set, riusciva a vincere 7 giochi di fila, vinceva quindi per 6-3 il parziale e si portava sul 3 a o nel terzo set. E qui Murray tornava dalla passeggiata virtuale. Recuperava, vinceva il set per 7-5.
E qui arrivava forse il set più bello dell’intero torneo: il quarto, sostanzialmente pari e quindi meritevole di essere deciso ai punti, quelli del tiebreak. Wawrinka chiudeva il set con una risposta vincente di dritto, il colpo che oramai vale quasi quanto il suo rovescio e che, quando il margine di non forzati è basso come in questo torneo, accende la spia del possibile Slam per Stan. Quattro ore di bel tennis erano forse il preludio migliore per un quinto set da battaglia. E invece no, perché Murray era già in calo nel quarto set, fiaccato dalla mancanza di partite del genere nel corso della stagione. Evitava il 6-0 finale Murray, graziato da Stan al servizio sul 5-0, ma poco poteva nel game successivo, chiuso dall’ottantasettesimo vincente dello svizzero, con il rovescio lungolinea.
«Esco soddisfatto da questo torneo, era importante ritrovare la continuità di gioco». Visto come ci era arrivato, a Parigi, difficile dargli torto. D’altronde, lui è il più intelligente di tutti in sala stampa.
E se domenica Stan The Man vorra cucire un’altra patch a forma di Torre Eiffel sul suo borsone dovrà battere non solo Rafael Nadal, ma anche la storia che aspetta solo di incoronare il maiorchino per una decima volta. C’era grande aspettativa per il match fra Thiem e Nadal, i due dominatori della stagione su terra battuta del 2017. Sconfitto a Barcellona e a Madrid in finale proprio contro Rafa, Thiem aveva una sola possibilità di vincere la partita: replicare il match giocato a Roma sperando in un Rafa non al meglio.
Solo che Rafa è il miglior Rafa da almeno due anni a questa parte, e oltretutto è arrivato in semifinale lasciando le briciole ai suoi avversari. Un break e un controbreak nei primi due giochi della partita tradivano tensione in campo e un match, forse, lungo. E invece Nadal si scrollava di dosso la tensione praticamente subito e cominciava a giocare secondo il ritrovato spartito del 2017. Il dritto mancino di Rafa rimbalzava alto sul rovescio di Thiem, costretto ad arretrare per colpire, giocando in zone di campo da dove è difficile colpire vincenti contro Nadal.
Lo spagnolo era maestro nel variare la velocità dei suoi colpi sul rovescio di Thiem, alternando profondità ad angolo con il dritto, addirittura riusciva a colpire dei dritti inside-out con i piedi ben dentro il campo togliendo il tempo di reazione all’austriaco, andato in ambasce praticamente da subito. Perso il primo set per 6-3, Thiem è sembrato abbandonato a se stesso nell’immenso Chatrier, un campo talmente grande che può farti sentire spaesato anche se ti chiami Dominic Thiem e giochi almeno due metri dietro la linea di fondo campo.
In questo campo virtualmente allargato, Nadal si esaltava e teneva sempre saldamente in pugno le redini del match. L’austriaco era in campo e colpiva quasi casualmente: anche quando metteva a segno dei vincenti, sembravano più situazioni figlie del caso che di una strategia di gioco preparata prima della partita. Anche perché altre soluzioni, Thiem, non ne aveva a disposizione. A Nadal non serviva neanche fare l’impossibile: alzava traiettorie e teneva la palla profonda, ricacciava l’austriaco vicino ai teloni e poi lo attaccava in controtempo per chiudere la volée, tattica di cui lo spagnolo è maestro. Bastava questo ad aumentare irrimediabilmente la frustrazione di Thiem, consapevole di essere in campo ma di non avere nessuna possibilità di vittoria. Anche il pubblico dello Chatrier ne era consapevole, e il finale della partita, secondo e terzo set, si svolgeva in un silenzio molto surreale, con qualche tentativo di applauso alternato da qualche timido fischio.
Il terzo set era il monologo del ritrovato campione. Sentiva di nuovo la finale del torneo che più ama ad un passo, Rafa, e il suo gioco migliorava man mano che vinceva i game. Il suo gioco ritrovava improvvisamente tutte le soluzioni del passato, in un crescendo di fiducia iniziato quasi due settimane prima e che, improvvisamente, riportava Rafa indietro nel tempo, nel 2014, quando giocò l’ultima volta nella seconda domenica del torneo sullo Chatrier.
Allora batté Djokovic, domenica avrà Wawrinka. Lo svizzero non soffre i giocatori di contrattacco, Murray su tutti. Oggi ha dimostrato che se è in fiducia – e lo è – ha la pazienza necessaria e la solidità mentale per costruirsi la maniera di vincere ogni singolo punto da fondo campo. Di fronte però avrà Nadal, uno che ha diverse soluzioni di gioco e che è maestro della tattica in campo. Si giocherà sulla diagonale di rovescio, ma Nadal non farà colpire il rovescio alle altezze che Stan preferisce.
Ma le motivazioni tecniche potrebbero essere meno decisive di quelle psicologiche. Wawrinka è alla sua quarta finale Slam e ha vinto le tre precedenti. Nadal è alla sua decima finale al Roland Garros, e ha vinto tutte le altre nove. Lo spagnolo cerca la storia, il record dei record insuperabili, lo svizzero cerca l’ennesima giornata di straordinaria lucidità, il quarto Slam in una carriera diventata gloriosa passati i trent’anni. Chiunque vincerà, sarà The Man.