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Nadal è tornato Nadal?

Campi in terra battuta e Rafael Nadal che alza la coppa da vincitore: niente è stato più normale di questa immagine negli ultimi tredici anni nel tennis. Lo spagnolo vinceva praticamente ogni torneo su terra al quale partecipava, fino ad arrivare all’acme mordendo la coppa del Roland Garros, il campionato mondiale su terra battuta. Poi, nel 2015, qualcosa si è rotto, e Nadal si è dovuto accontentare di qualche vittoria sporadica, sofferta. Sono arrivati frequenti infortuni, addirittura un’operazione per un’appendicite, e insomma è successo quello che ci si aspettava succedesse: il fisico ha chiesto il conto dopo un decennio di corse e dritti ad uncino con quel movimento che non è possibile imitare.

Ma l’inizio del 2017 sembra aver restituito al tennis un Nadal al meglio della sua condizione fisica per l’età che ha, tornando ad essere quel giocatore che può giocare a Parigi da favorito, realizzando il sogno di vincere per la decima volta il Roland Garros, giusto dopo aver vinto i tornei di Barcellona e Montecarlo proprio per la decima volta. L’ultima volta che Rafa ha trionfato a Parigi è stato nel giugno del 2014. Dopo la vittoria del nono Roland Garros della carriera, Nadal è sprofondato nella sua prima vera crisi. È l’anno in cui il mondo scopre Kyrgios, che a Wimbledon irride lo spagnolo con quel colpo vincente giocato con la racchetta fra le gambe. Lo spagnolo, dopo Parigi, non andrà mai oltre i quarti di finale in un torneo, raggiunti a Pechino e Basilea.

Le cose non migliorano l’anno seguente, il 2015, quando viene a mancare anche l’unica certezza della carriera, il Roland Garros. Lo spagnolo va in crisi di risultati e la sconfitta nei quarti di finale a Parigi contro Novak Djokovic è la naturale certificazione che non è più quello di una volta. Nonostante i tre titoli vinti a Buenos Aires (terra), Stoccarda (erba) e Amburgo (terra), Rafa chiude l’anno senza aver vinto un Masters 1000, e senza giocare le ATP Finals, l’unico grande torneo che non ha mai vinto, finendo la sua stagione in sala operatoria per un’appendicite, giusto dopo aver concluso mestamente il torneo di Basilea.

In molti aspettano il riscatto di Nadal nel 2016 ma le cose non iniziano bene. Lo spagnolo, fino al primo successo stagionale, a Montecarlo, è protagonista di un inizio d’anno mediocre. Dopo la sconfitta al primo turno contro Verdasco in Australia, a nulla vale il tentantivo di rifugiarsi subito sulla terra battuta, in cerca di quelle certezze psicologiche necessarie a ridargli fiducia nei suoi mezzi. Ma più che certezze, Rafa aggiunge altri dubbi: prima contro Thiem in semifinale a Buenos-Aires e poi contro Cuevas a Rio de Janeiro, sempre in semifinale, lo spagnolo dimostra a tutti di essere diventato vulnerabile anche contro avversari che in altri tempi gli avrebbero fatto il solletico. A Indian Wells le cose vanno meglio del solito, ma in semifinale, contro Djokovic, c’è ben poco da fare e tocca quindi aspettare Montecarlo, dopo il ritiro a Miami contro Dzumhur, per vedere qualche colpo vintage dei suoi.

Nel principato di Monaco, dove ha vinto per otto anni di fila prima di lasciare spazio a Djokovic (2013 e 2015) e Wawrinka (2014), Nadal batte in sequenza Bedene (n. 60 ATP), Thiem (14), Wawrinka (4), Murray (2) e Monfils (16), e torna a vincere un Masters 1000 dopo quasi due anni. A Barcellona, che è un ATP 500, batte Granollers (50), Montañes (104), Fognini (31), Kohlschreiber (27) e Nishikori (6). Ed è qui, quando Rafa finalmente ricarica il serbatoio con la fiducia di queste vittorie, si fa male al polso.

Secondi Toni Nadal nell’intervista post vittoria a Barcellona di quest’anno, il Nadal di dodici mesi fa non era un Nadal da buttare:

«A Madrid 2016 Rafa è arrivato in semifinale ma era già infortunato al polso – infortunio che poi lo costrinse al ritiro al Roland Garros al terzo turno – Il polso non è guarito nei mesi seguenti e quindi è cambiato tutto. Nel 2016 non giocava male, solo che non era al meglio fisicamente per via di questo problema al polso».

La vittoria di Montecarlo dello scorso anno è stata più difficile da conquistare non solo per via della minore media ranking dei suoi avversari rispetto all’edizione recente, 19.2 nel 2016 contro il 28.6 di quest’anno, ma perché psicologicamente Rafa veniva da una stagione molto complicata. La finale degli Australian Open 2017, persa quando era addirittura in vantaggio di un break nel quinto set contro Roger Federer, ha dato un’iniezione di fiducia che è parte non solo dei recenti successi sul rosso, ma della facilità con cui sono arrivati (un solo set perso in due tornei, contro Kyle Edmund al primo turno di Montecarlo).

Quasi.

Numeri alla mano, quindi, Rafael Nadal sta facendo sostanzialmente il suo anche quest’anno, con l’unica differenza nella prospettiva di arrivare nel momento chiave della sua stagione, il trittico Madrid-Roma-Parigi, al meglio della forma, “al 100%” come ha detto Toni Nadal sempre nella stessa intervista post Barcellona. Dopo i dieci successi di Montecarlo e i dieci di Barcellona, tutti i suoi tifosi sperano nella decima del Roland Garros, il record dei record.

Questo grande revival tennistico di Nadal, dopo quello di Federer, lo si deve ai due grandi assenti di questo momento storico del tennis, Novak Djokovic e Andy Murray. I due, più il primo che il secondo, hanno dominato il tennis dal 2011 ad oggi, con Murray miglior tennista del 2016 che ha approfittato di un calo di Djokovic per conquistare il n.1 del mondo. Il loro 2017 è stato semplicemente pessimo. Hanno vinto entrambi un solo torneo, Dubai e Doha, deluso ampiamente agli Australian Open (battuti da Istomin e Mischa Zverev) e poi hanno accusato leggeri infortuni, entrambi al gomito destro. Quindi fra periodi di riposo e tornei ciccati, si può dire che la loro stagione potrebbe iniziare adesso, sulla terra battuta europea. Necessariamente, essendo i primi due del ranking nonché i dominatori degli ultimi anni, è lecito aspettarsi che vincano qualcosa.

Ma non sono solo i successi mancati di Murray e Djokovic a esaltare Nadal e Federer. Non sono arrivati nemmeno i tanto attesi risultati dei giovani. Kyrgios sembra aver finalmente dimostrato di avere voglia di vincere ma riesce a perdere partite che dovrebbe vincere. Dimitrov ha illuso nuovamente tutti dopo la semifinale in Australia, Raonic è di nuovo infortunato, a Zverev manca ancora l’afflato del campione e Thiem arriva sempre troppo stanco nelle partite che contano. Ah, e poi c’è Wawrinka, giocatore inaffidabile dal punto di vista delle scommesse ma capace di vincere quando vuole.

Un Nadal finalmente libero da infortuni può giocare meglio sulla superficie preferita che esalta le sue traiettorie, che rimbalzano più alte, e dove riesce a essere più reattivo fisicamente, compensando il calo fisico dovuto all’età che lo ha costretto a mettere su massa muscolare per avere gli stessi livelli di forza necessari al suo gioco (e quindi aumentando il peso corporeo), per via delle scivolate da fondocampo, che gli consentono di guadagnare qualche frazione di secondo nei recuperi, e cioè trovarsi, subito dopo l’impatto con la pallina, con la postura del corpo già pronta per il colpo seguente.

Questo movimento si può fare solamente con la scivolata, e quindi unicamente sulla terra battuta a meno che non si abbia un fisico super elastico come Djokovic o Monfils. Queste vittorie, unite all’assenza di infortuni, hanno consentito allo spagnolo di ritrovare la fiducia nel proprio gioco, un elemento fondamentale in ottica risultati. Con la fiducia nei propri mezzi, infatti, Nadal ha recuperato un buon livello di efficacia del dritto, anche se non ha mancato di alternare a buone partite brutte prestazioni, come è successo anche a Barcellona.

https://twitter.com/doublefault28/status/857990155365478400

Classico.

Ma, come lui stesso ha dichiarato, «uscire vincitore da queste partite – giornate in cui il dritto rimbalza troppo corto e non mette ansia agli avversari – mi dà fiducia per il futuro». Rispetto al passato, per compensare l’inefficacia delle soluzioni che lo hanno portato agli storici risultati della sua carriera, Rafael sta (finalmente) sfruttando di più il suo servizio, un colpo che oggi gli procura più punti diretti.

La classifica che nessuno ora guarda, la Race per le ATP Finals, vede Nadal al secondo posto, staccato di soli 300 punti da Federer, autore di un inizio di anno formidabile. Il discorso degli avversari che torneranno, i Djokovic, i Murray, e i giovani che arriveranno, Kyrgios (chi altri?), conterà anche per lo svizzero, che non potrà vincere ogni torneo a cui partecipa.

Intanto, questo periodo dell’anno è quello favorevole a Nadal, che potrebbe incamerare almeno un migliaio di punti sul rosso (peraltro deve difendere solo i 180 punti di Roma, 360 di Madrid e 90 del Roland Garros, lui che era abituato a fare bottino pieno in questi tre tornei). Lo spagnolo potrebbe (dovrebbe) conquistare la testa della Race e affrontare così carico di motivazioni una seconda parte di stagione dove non ha praticamente punti da difendere (solamente i 180 dello US Open e i 90 di Cincinnati), e dove il cemento americano potrebbe regalargli qualche soddisfazione insperata.

Il 2017 si prospetta come l’anno del tennis più equilibrato da molto tempo a questa parte. Il leggero calo di Djokovic e Murray, prossimi ai trent’anni anche loro, ha favorito le vittorie di un pur rigeneratosi Federer e di un Nadal che non è ovviamente quello di una volta, ma almeno è libero da infortuni. L’anno si prospetta aperto a vincitori di ogni tipo, se qualche giovane vuole essere della partita e liberare il tennis dalle catene dei Fab Four questo è il momento buono.

Rafael Nadal


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