Abbiamo problemi con la gente.
Quel che Karolina Pliskova dà, Karolina Pliskova toglie. È infatti merito della tennista ceca se Angelique Kerber è potuta scendere in campo contro Caroline Wozniacki con la certezza di diventare la nuova numero uno del ranking mondiale. Ed è “colpa” di Pliskova l’aver negato quella gioia a Kerber due settimane prima, nella finale del WTA Premier 5 di Cincinnati, dove l’ha battuta per 6-3 6-1, consentendo invece così a Serena Williams di rimanere in vetta per almeno altre tre settimane, raggiungendo il record di settimane consecutive ai vertici del ranking WTA di Steffi Graf, a quota 186.
Con la vittoria in semifinale agli US Open per 6-2 7-6(5) ai danni della stessa Serena Williams, si può dire che Karolina Pliskova abbia chiuso il cerchio. Un primo set senza storia, e un secondo che sembrava in pugno, grazie al break di vantaggio, ma conclusosi al tiebreak. Serena si è fatta scivolare dalle mani la possibilità di giocarsi tutto al terzo set prima con una falsa partenza (0-3 per l’avversaria, recuperata sul 4-3 e servizio) e poi con due doppi falli che come macigni ne hanno determinato la sconfitta (quello del 4-4 e poi quello su match point sotto 5-6). Ad oggi Serena rimane quindi agganciata al nome di Steffi Graf non solo per il record di settimane consecutive in cima al ranking, ma anche per il numero di titoli Slam vinti nell’era Open, a quota ventidue. Serena Williams avrebbe ammesso di avere un serio problema al ginocchio, tanto forte da spingerla a pensare di ritirarsi (quel buontempone di Mouratoglou avrebbe dichiarato: «Era vicino al ritiro, ma non è nel suo DNA»).
Se vi siete persi l'impresa della #Pliskova che ha eliminata Serena #Williams, ecco il meglio del match #USOpen https://t.co/1RI8Cf2JnO
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) September 9, 2016
È incredibile, ma Karolina Pliskova non ha mai raggiunto grandi risultati negli Slam con il tipo di tennis che si ritrova. Ha soli 24 anni, è vero, ma la sua striscia di risultati ha fatto pensare ad una vera e propria maledizione. Dire “non ha mai raggiunto la seconda settimana di uno Slam” non rende giustizia alla serie di piazzamenti impietosi nei quattro tornei maggiori che è bene guardare in sequenza per capire meglio: 1 turno (T), 1T, 1T, 1T, 2T, 1T, 2T, 2T, 2T, 3T, 3T, 2T, 1T, 1T, 3T, 1T, 2T. Ed è bene ricordare che Karolina Pliskova, con questi risultati, è stata numero 7 del ranking mondiale.
Ma Pliskova ha da sempre avuto il potenziale per fare di più. È apprezzatissima tra le colleghe, tanto che Petra Kvitova (che di Slam ne ha vinti due), da oltre due anni va parlando di una sua futura e definitiva affermazione. Il gioco di Pliskova è quanto di più pulito, freddo e cinico possa esserci. A cominciare dal servizio, potente, piatto. Come fosse il grilletto di una pistola, dall’alto dei suoi 186 cm non può che sparare al bersaglio e fare centro. Non a caso detiene il record di ace nel circuito in stagione, 446. Ma il fulcro del suo gioco è il dritto. O meglio, in generale ha dei colpi che sono molto piatti, dei colpi secchi, per così dire, veri e propri schiocchi; è impressionante vedere la facilità e la fluidità dei movimenti quando riesce a piazzarsi con le gambe e a giocare da ferma. Ma il dritto, rispetto al rovescio, è cosa a sé. Se la si osserva bene, prepara il movimento con un’apertura molto rapida e non ampia, alza la racchetta all’altezza della testa con il piatto corde rivolto alla pallina come a salutarla, prima di schiaffeggiarla violentemente dall’altra parte del campo. In un paragone poco poetico, un vigile che alza la paletta per dirigere il traffico. Per gli amanti del gioco pulito, il dritto di Karolina Pliskova è poesia in movimento: essenziale, secco, terribilmente incisivo.
Quando si dice “colpire senza fatica”
Se non la si fa muovere e la si guarda colpire, Pliskova quando gioca sembra un cecchino. Ha un compito soltanto: colpire forte, preciso, profondo, nella direzione di campo scoperto, direzionando tutta l’energia che le deriva dalle gambe in un movimento estremamente composto. Di fronte ai suoi fondamentali si ha l’impressione che il colpo esca dalla racchetta senza sforzo. Karolina ha una personalità fredda, asettica, senza mimica facciale né espressioni corrucciate di sofferenza, né tanto meno grida quando colpisce. Solo i suoi tatuaggi tribali (probabilmente fatti per distinguersi dalla gemella, Krystina Pliskova, anche lei nel circuito WTA, con ben altri risultati però) riescono a darle quel tocco di personalità in più, che la distinguono da un robot qualsiasi. Ecco, giocare contro di lei potrebbe essere l’equivalente tennistico del test di Turing: vinci il match se riesci a capire quando sta giocando la macchina e quando invece la tennista.
Se giocasse sempre la Pliskova-artificiale, probabilmente non ci sarebbero limiti ai risultati che potrebbe raggiungere. Purtroppo la fragilità mentale della ceca è principale che l’ha tenuta fuori dai grandi palchi così a lungo. La Pliskova-umana è quella che si presenta ai grandi appuntamenti e perde consapevolezza nei suoi mezzi; quella che al terzo set degli ottavi di finale, contro Venus Williams, servendo per il match ha perso la battuta a zero, lei che con il servizio non dovrebbe lasciare scampo alle avversarie. Ma qualcosa quest’anno è scattato agli US Open: due tiebreak vinti su due, su un palcoscenico importante, contro due avversarie del calibro delle sorelle Williams, nello Slam di casa loro. Karolina Pliskova è la quarta tennista a riuscire a battere entrambe le Williams nello stesso Slam, dopo Martina Hingis, Justine Henin e Kim Cljisters, tutte ex numero 1 del mondo e pluri-campionesse Slam.
Quest’anno Pliskova ha posto fine alla maledizione della seconda settimana battendo al terzo turno una testa di serie in forma come Anastasia Pavlyuchenkova con un punteggio netto di due set a zero (6-2 6-4). Da lunedì, Karolina Pliskova sarà almeno numero 6 del ranking mondiale, se vince il trofeo sarà numero 5, e quasi sicuramente parteciperà alle WTA Finals di Singapore. Vincere uno Slam la prima volta che arriva alla seconda settimana del torneo sarebbe quantomeno curioso. Serve compiere un’impresa, perché Pliskova dovrà battere la nuova numero 1 del mondo, Angelique Kerber, che arriva in vetta con un ritardo di tre settimane proprio perché Pliskova l’ha battuta nella finale del torneo di Cincinnati.
Il match ha tutto ciò che serve per essere spettacolare: Pliskova ama dettare il gioco, Kerber ama controbattere. Pliskova potrebbe annichilire l’avversaria, Kerber potrebbe aprire gli angoli, costringendo la ceca a muoversi e spostarla dalla comfort zone, e allora sì che avrebbe in mano lo scambio. A Cincinnati Kerber si trovò davanti la Pliskova-artificiale, quella che a suon di ace e di vincenti non lascia opportunità di entrare in partita. Allora, dopo aver alzato il trofeo e averle negato la vetta del ranking, Pliskova disse a Kerber: «Forse capiterà la prossima volta«. Chissà se, Kerber, qualora riuscisse a vincere il titolo, ricambierà.