Abbiamo problemi con la gente.
Prima che Tennispotting prendesse forma, ci siamo chiesti, come probabilmente hanno già fatto in tanti, “Un altro sito di tennis?”. In Italia, di tennis si parla e si scrive molto, pur non avendo il nostro paese una tradizione consolidata come nei paesi in cui si giocano gli Slam e neanche il fuoriclasse trainante, l’Alberto Tomba o il Valentino Rossi della situazione.
Pur essendo un piccolo pezzo dell’informazione – spesso trattato con grottesco snobismo, più incolto che provinciale – crediamo che il giornalismo sportivo, nel nostro caso quello del tennis, possa essere un elemento di progresso. Ed è per questo che quando ci siamo domandati se al web servisse davvero un altro sito di tennis – ammesso che la domanda abbia senso. La risposta che ci siamo dati è stata: sì. Ma non avrebbe senso replicare gli altri siti di tennis: non solo non ne avremmo la forza (per ora), ma non ne abbiamo nemmeno l’aspirazione. Di sport e di tennis ci si informa principalmente sui siti dei principali giornali italiani, spesso superficiali, con le doverose eccezioni. Oppure, un po’ meglio, rivolgendosi ai siti specializzati, che alternano pezzi di gran classe a strafalcioni inimmaginabili.
Tra i tanti errori che questi siti fanno, e che noi non dobbiamo fare e non faremo, c’è da una parte quello di scivolare nei cliché del giornalismo cartaceo e dall’altra di essere ossessionati dai click. Scimmiottare il fratello maggiore non ti farà diventare più grande, solo un po’ più ridicolo. E inseguire i click significa appiattirsi su quello che in modo del tutto reazionario viene considerato “il gusto medio dei lettori”, il quale è inevitabilmente, secondo i “colti”, volgare e dozzinale. Tennispotting nasce, ed è inutile nasconderlo, con un’altra ambizione. Vogliamo proporre un giornalismo diverso da quello che si trova in giro. Ci piacciono gli articoli lunghi, quelli che approfondiscono e al tempo stesso informano. Non ci piacciono le notizie da strano-ma-vero, i titoli ammiccanti e i dettagli pruriginosi. Non troverete mai un cenno sull’avvenenza fisica di questo o quel tennista. Non chiameremo neanche per sbaglio Nishikori “giapponesino”: siccome la forma è anche sostanza, cercheremo di utilizzare una lingua chiara e comprensibile, che non ecceda nei tecnicismi ma nemmeno si appiattisca sui luoghi comuni. Nessuno è perfetto, ma controlleremo attentamente tutto quello che pubblicheremo: nel contenuto e nella forma.
È una nuova avventura molto rischiosa, con percentuali di riuscita piuttosto basse. Ma abbiamo la giusta dose di ambizione per provarci e pensiamo che il giornalismo – anche quello sportivo – abbia bisogno di idee nuove. Noi pensiamo di averne qualcuna e vogliamo condividerla con i nostri lettori. Se non noi, chi altri?