menu Menu

Tra la via Sinner e il tennis

E ora che Sinner ha perso la finale di Miami?

E ora che Sinner ha perso la finale di Miami?

C’è un po’ di sgomento in quel piccolo mondo antico – antichissimo, anzi, diciamolo pure: vecchio – che è il tennis dalle Alpi alla Sicilia, mica si sta parlando di Napoleone e quindi lasciamo stare Egitto e Piramidi. Il predestinato, l’eletto, il cristo che non ha da risorgere perché è appena nato, non ha vinto il Masters 1000 di Miami. Gli è capitato di incappare in un buon giocatore e niente più, che con qualche fortuna aveva fatto fuori i nuovi pezzi da novanta, meno forti dei cannibali che erano i vecchi ma neanche gli ultimi arrivati. 

Hubert Hurkacz, 24 anni a febbraio, un best ranking – prima di Miami ovvio – fissato sul numero 28, dopo aver superato Shapovalov, Tsitsipas e Rublev ha vinto con relativa semplicità la finale del Master 1000 di Miami contro Jannik Sinner, che dal canto suo non aveva lepri così prestigiose nel carniere ma cagnacci come Roberto Bautista Agut, che gli aveva fatto il favore di togliere di mezzo Daniil Medvedev. 

Come è potuto accadere? Sgombrato il campo dal commento di default fatto a colpi di “è giovane”, “gli servirà”, “meglio così”, “la tensione della prima grande finale”, quello che resta è una domanda a cui tutti sembrano aver già dato una risposta: quanto vale davvero Sinner? 

Diamo a Jannik quello che è di Jannik e diciamo che in Italia uno che colpisse con tanta fluidità e violenza dritto e rovescio non si era mai visto. Fognini, certo, ma non con questa intensità e velocità. Camporese, se proprio dobbiamo fare gli esperti di lungo corso, nei suoi momenti migliori tirava sassate di dritto devastanti e aveva anche una gran prima palla ma non aveva certo né la continuità di Sinner, né il suo rovescio, né la solidità che il ragazzo altoatesino sembra avere in difesa. 

Serve quindi allargare lo sguardo se vogliamo trovare qualche similitudine più o meno recente, e il pensiero corre per esempio a Tomas Berdych, che aveva un rovescio più debole ma anche un gioco a tutto campo che Jannik oggi non pratica, o forse addirittura ai campi di velocità sul lato del dritto di Juan Martin del Potro, cui lo accomunano le lunghe leve e il rovescio bimane (qui però crediamo che quello di Jannik sia superiore).

L’altra enorme qualità che Sinner si porta dietro, la principale verrebbe da dire, è stata per la prima volta messa in discussione proprio a Miami. Bublik, dopo aver perso una partita in cui a lungo aveva fatto impazzire Sinner, quando gli ha stretto la mano ha biascicato un “You are not human” che non pareva proprio un complimento, nonostante la misteriosa soddisfazione che si legge in giro per queste parole. D’altronde Bublik, il giorno prima della finale paragonando le fasi della vita sua e quella di Sinner aveva detto: “Io a 19 anni bevevo le birre, Sinner gioca questi tornei”. 

A noi è sembrato che il naturalizzato kazakho con quella frase intendesse la grande capacità di Sinner nel controllare le proprie emozioni e di non tremare nei momenti decisivi del set o del match. Inutile ricordare quanto questo possa contare in uno sport come il tennis, in cui i punti non contano tutti allo stesso modo e nel quale ci sono lunghe pause da gestire con tranquillità. 

Sinner, nel corso della sua breve carriera, non ha mai tremato e non è il caso di pensare che questo potesse essere dovuto alla relativa importanza dei tornei giocati. Per un ragazzo di nemmeno 20 anni tutte le partite sono una sfida nervosa, dalla prima apparizione nel tour, alla prima partita in uno Slam o la prima finale in un torneo ATP. Le partite perse da Sinner non sono mai state perse perché il braccio ha tremato. 

Contro Hurkacz invece, per la prima volta, la testa di Jannik è stata forse visitata da qualche riflessione supplementare. Del resto attorno a lui adesso è scoppiato il delirio, tant’è che le due testate principali dello scadente giornalismo nostrano hanno addirittura organizzato una diretta del match, come se fosse una partita della sacra serie A. Super Tennis TV poi, l’Istituto Luce del tennis azzurro, ha chiamato addirittura Paolo Bonolis (“grande intenditore”) a presentare la partita e l’ha commentata poi con Dolcenera, che internet ci dice pare essere una cantante. 

Che da Miami se ne rendesse conto non è del tutto probabile ma che qualcosa sia cambiato forse l’ha percepito. Difficile spiegare il rendimento altalenante, altra novità, tenuto da Sinner. Jannik è andato subito 0-3, ha recuperato sul 3 pari, ha servito sul 6-5 e da lì, dopo aver giocato malissimo sia il game che poteva dargli il primo set che il tiebreak, è precipitato in un incredibile 0-4 nel secondo set, prima di trovare un parziale di 11-1. L’altalena non si è chiusa bene, e non tanto per merito di Hurkacz, che ha senz’altro il merito di aver tratto il massimo dal suo gioco, quanto perché nel game decisivo sul 30 pari Sinner ha giocato un altro dritto senza troppo senso che ha mandato a match point il rivale. 

Il valore di questa crepa solo il tempo potrà rivelarlo, e forse varrà la pena invece di occuparsi di altre crepe, che nel gioco di Sinner sono maggiormente evidenti, anche se mascherate dalla grande efficacia dei suoi colpi di rimbalzo da fondo. Se è vero che non si deve esagerare nel trarre indicazioni da una sconfitta è pur vero che Hurkacz in finale in un Masters 1000 è una benedizione, bisogna risalire a Krajinovic o Lajovic per trovare valori simili. E la sconfitta è arrivata anche perché Sinner non ha mai saputo cosa fare esattamente, facendo apparire il polacco un giocatore più smaliziato di quanto non sia e soprattutto senza mai variare una virgola. Ma per ora questo è il piano Sinner, o meglio il piano Piatti, giocare con questo atteggiamento, imparare ad assaporare le emozioni dei turni decisivi, fare esperienza insomma, per gli aggiustamenti tecnico-tattici ci sono ancora molti anni davanti. E, possiamo dirlo confortati dai numeri, il saldo attuale è clamorosamente positivo verso queste scelte.  

Ma c’è qualche dolente nota che sarebbe il caso di non nascondere. Sinner ha un’enorme fiducia nel suo gioco, e spesso finisce col dare la sensazione che, se solo volesse, potrebbe tirare persino più forte sia il dritto che il rovescio. E in effetti, quando le cose non girano per il verso giusto, a differenza di tanti altri fuoriclasse che rallentano, cercano di variare le rotazioni per dare meno punti di riferimento all’avversario, Sinner sembra volerlo spaccare, l’avversario. Il margine di sicurezza, che è già abbastanza basso, diventa minimo, perché tra la riga e l’out c’è appena un millimetro e se dall’altra parte c’è uno capace di restituirgli per 4-5 volte la palla (chi ha detto Nadal? o Djokovic o Medvedev?) alla sesta è facile che il colpo sfugga. Anche perché Jannik, come dimostrato proprio ieri nell’ultimo game, gioca il 30-30 come il 40-15. 

Purtroppo però, in questo momento non è abbastanza chiaro se la mancanza del famigerato piano B non sia una scelta ma una necessità. Contro Bautista Agut, nel secondo set Sinner ha provato a fare qualche slice di rovescio, a cambiare qualcosa visto che in quel momento lo spagnolo era in sicurezza nel guidare la partita. Ma Jannik ha retto due minuti: si è stufato subito, specie quando quei punti in cui ha rallentato li ha persi, ha fatto capire anche con il linguaggio del corpo che quella roba, quel variare il gioco e lasciare che l’avversario proponga lui la maniera per terminare lo scambio, non gli appartiene. Anche dopo la sconfitta contro Hurkacz è stato lucido nel dichiarare che “la partita è stata sempre sulla mia racchetta”, e cioè che è lui che l’ha persa. Vero, se si pensi che fino al 6-6 il polacco non aveva messo a segno un vincente da fondo né col dritto né col rovescio. 

Le lacune tecniche di Sinner sono ancora molto ampie e chissà se saranno colmabili in futuro, e vanno da un rovescio in back modesto all’incapacità di prendere meno rischi rispetto a tirare il sesto vincente di fila da fondocampo scendendo a rete con un approccio “robusto”. Ma ciò non toglie che quello che Jannik sa fare oggi, leggi servizio-dritto-rovescio, basta già a vincere e a salire nel ranking, arrivato al cospetto dei mammasantissima però servirà necessariamente altro oltre alla prestazione perfetta che capita raramente. E in questo, la terra battuta che incombe può aiutarlo: rotazioni esterne per aprirsi il campo a velocità più lente, palle corte, capacità di tenuta mentale negli scambi che inevitabilmente si allungheranno, tutte cose che a Sinner faranno bene. 

C’è infine da dire che Sinner non è senza avversari e questi saranno, come accennato, molto meno teneri di Hurkacz, che a Miami ha trovato il torneo della vita, complice Tsitsipas, che come già a New York ha regalato una partita già finita all’avversario. E il greco, così come Medvedev, già due volte finalista slam, non sono certo così anziani da potersi illudere che il sorpasso sia a portata di mano, senza considerare che, hanno ben altre frecce al proprio arco. E Rublev, Shapovalov, Auger Aliassime, che era numero 17 all’età di Sinner e ha un solo anno in più dell’azzurro, sono destinati a crescere. Insomma la strada da qui in poi è decisamente più accidentata di quanto non sia stata fin qui, l’augurio è che possa percorrerla, la previsione la lasciamo ai cantori. 

Ad ogni modo l’italico pueblo è in estasi, e un giro per i vostri social potrà farvi capire l’entusiasmo che si è scatenato, cosa che ha indispettito quei quattro che si dicono professionisti e che evidentemente sono snob nel senso letterale, che è meglio vi cerchiate su un motore di ricerca. Come se Federer non avesse avvicinato al tennis gente che confonde ancora lo slice col topspin, non ha chiaro a che servono le linee laterali e non sanno individuare il corridoio, esattamente come sin troppi “addetti ai lavori”, che magari credono che il colpo migliore di Nishikori sia il dritto. 

Che una ventata di aria fresca possa arrivare anche al tennis, che possa far accorgere ad un pubblico più ampio quanto sia totalmente autoreferenziale questo sport male non potrà fare. E se è vero che toccherà sentire nani e ballerine discettare di stop volley non è certo peggio del doversi sorbire “addetti ai lavori” che si lamentano dei primi. Lo spettacolo sembra solo all’inizio e non durerà poco. 

Jannik Sinner Miami Open


Previous Next

keyboard_arrow_up