Abbiamo problemi con la gente.
Thiem contro Nadal quest’anno non sarà la finale. L’austriaco è stato sorteggiato nella parte bassa del tabellone, la stessa della testa di serie numero 2, Rafael Nadal appunto. Lo spagnolo, che col ventesimo slam raggiungerebbe Federer, non ha un cammino semplicissimo dal terzo turno in poi, almeno in linea teorica.
Nadal potrebbe affrontare uno dietro l’altro i finalisti dello US Open, prima Zverev, ai quarti di finale, e quindi Thiem in semi. Ci sarebbe anche Nishikori al terzo turno ma il giapponese sembra molto indietro con la preparazione, non solo per la sconfitta contro Musetti a Roma, ma anche per quella, pesantissima, di Amburgo contro Garin. Così il primo impegno complicato per Nadal potrebbe essere quello contro Fognini che ha un tabellone decisamente agevole e potrebbe arrivare fino agli ottavi, come l’anno scorso. Però vale un po’ quanto detto per Nishikori: ad Amburgo Fabio si è fermato contro Ruud, giocatore molto in forma in questo momento.
Thiem deve invece temere solo il suo appagamento, prima di Rafa, perché la sorte è stata decisamente benevola e il primo turno contro Cilic è buono solo per fare qualche titolo. In prospettiva potrebbe essere più complicato Ruud, ma ormai l’austriaco dovrebbe essere in grado di veleggiare in lidi migliori. Se poi nei quarti la cosa peggiore che ti possa capitare è Monfils, questo Monfils, chissà se stavolta all’appuntamento con Rafa non ci arrivi senza aver giocato settecento ore di torneo.
La parte alta del tabellone, quella di Djokovic, è anche quella di Medvedev e Tsitsipas, e già che ci siamo anche di Shapovalov, che ha fatto un’altra partita splendida a Roma. Il canadese è certamente il più bello da vedere di tutti quanti, ha vette di gioco che sembrano irraggiungibili per molti, peccato che se davvero riuscisse a tenere lo stesso livello per tre ore di nome dovrebbe chiamarsi Roger, se non proprio John.
“Shapo”, fra l’altro, ha un tabellone complicato, e già agli ottavi contro Tsitsipas ci arriverà dopo aver incontrato Simon e probabilmente Dimitrov. Anche per Medvedev le cose non saranno semplicissime, perché il russo a Parigi non ha mai vinto una partita, perché Fucsovics non è l’avversario migliore per cominciare un torneo e perché lo aspetta la rivincita contro Rublev, che cresce ogni giorno di più.
Mentre più sotto c’è bagarre il numero 1 del mondo può giocare con la sinistra fino alla semi, perché gli avversari sono decisamente teneri. Ai quarti in teoria dovrebbe esserci Berrettini, in pratica troverà o Bautista Agut o, sarebbe interessante, Carreno Busta, l’avversario della famosa partita della pallettata alla giudice di linea.
Per gli italiani difficile finisca diversamente dal solito e cioè sarebbe sorprendente trovarne qualcuno alla seconda settimana. Di Fognini abbiamo detto, Sinner non ha avuto tanta fortuna nel sorteggio e non sembra ancora pronto per uno come Goffin, Berrettini non ha una partita semplicissima contro Pospisil e posto che ne esca non andrà oltre al match contro il vincente di Bautista-Carreno. Gli altri speriamo vincano un paio di partite, così la Supertennis, la FIT e i federales potranno divertirsi sui social.
I 20.000 piccoli indiani sono passati a 11.500, poi sono diventati 5.000 e, notizia di ieri, pare che dovrebbero arrivare a 1.000. Ma con altri tre giorni da qui all’inizio del torneo e i casi di coronavirus che continuano ad aumentare, costringendo il governo francese a prendere nuovi provvedimenti per evitare la diffusione del virus, chi se la sente di dire con certezza che al Roland Garros ci sarà davvero qualcuno ad assistere alle partite? Qualche mese fa, in piena pandemia, la FFT decise di far di testa propria e, così come aveva scelto unilateralmente di spostare il torneo a fine settembre, aveva anche stabilito che l’impianto sarebbe stato accessibile a 20.000 persone in tutto, quindi circa il 50% della normale capienza.
Ma era luglio, le vacanze erano appena iniziate e si era tutti più ottimisti. Ieri Olivier Veran, ministro della salute in Francia, ha proposte nuove restrizioni per alcune zone del paese, Parigi inclusa. Insomma, dopo l’esperimento agli Internazionali di Roma, si potrebbe tornare a vedere della gente sugli spalti ad un torneo di tennis, ma viviamo in tempi incerti e magari andrà a finire che a Parigi ci saranno solo arbitri, raccattapalle, coach, qualche amico e un paio di fortunatissimi giornalisti. Vada come vada, la Federazione ci perderà molti soldi visto che gli incassi del Roland Garros rappresentano l’80% delle entrate. Se davvero entreranno al massimo 1.000 persone al giorno, si passerà dai 520.000 spettatori della scorsa edizione ai 15.000 di quest’anno.
Dopo quasi un decennio di Babolat, il Roland Garros ha deciso di passare a Wilson, che tradizionalmente è un marchio per palle da cemento e infatti fornisce da decenni gli US Open. Naturalmente Wilson ha progettato una palla specifica per i campi in terra battuta, che dovrebbe essere più resistente e adattarsi meglio ai palleggi prolungati. Sarà comunque interessante vedere come si abitueranno i giocatori e chi ne trarrà più vantaggi, o svantaggi. Le palle di Babolat, introdotte nel 2011, vennero criticate a lungo, ma dopo qualche anno nessuno ci ha fatto più caso. Del resto, nel mondo del tennis è pratica comune criticare i cambiamenti e Nadal, il tennista più conservatore del circuito – e non solo in campo tennistico – è sempre stato il meno timido nel lamentarsi della mancanza di uniformità, a livello di superfici e a livello di palle.
Ma la verità è che con le Dunlop ha vinto 5 Roland Garros su 6 e con le Babolat ne ha vinti 7 su 9. Insomma, ci sarà bisogno di un po’ di allenamento, ma anche il favorito dovrebbe riuscire a giocare senza troppi imbarazzi anche se le Wilson sembrano essere più leggere. Il coach argentino Javier Frana ha già dichiarato che rimbalzano molto meno, “chissà se piaceranno a Rafa Nadal” ha detto. Questo potrebbe essere un dettaglio importante, perché la nuova combinazione generata fra palle più pesanti e campi e aria più umida potrebbe togliere alla palla di Nadal il classico spin. I suoi dritti e rovesci arriverebbero con più tempo dopo il rimbalzo sulle racchette degli avversari, questo aiuterebbe a rendere Nadal un giocatore lievemente più normale.
Pioggia e Francia, diceva quello. Altra variabile che potrebbe avere un peso rilevante sull’esito del torneo è il clima. Parigi a inizio ottobre è diversa da quella di inizio giugno e per i prossimi giorni sono previste piogge e temperature autunnali. D’altra parte siamo in autunno. Potrebbe essere un problema per gente come Nadal e Thiem, che preferiscono temperature alte e secche, cosa che agevola il loro esasperato top-spin e fa rimbalzare i loro colpi altissimi. Però c’è da considerare che queste condizioni vanno ad avvantaggiare i giocatori più forti fisicamente, e quindi di nuovo Nadal e Thiem, perché campi più pesanti significa che lo scambio si allunga, e quindi resistenza corsa e forza diventano fattori ancora più importanti del solito. Mettiamoci che si gioca al meglio dei cinque set e le prevedibili interruzioni per pioggia che richiederanno uno sforzo mentale non indifferente ed ecco che si capisce come i campioni hanno già dimostrato in passato di sapersi giovare di queste pause per raddrizzare partite che sembravano compromesse (chiedere a Zverev com’è finita a Roma contro Nadal) rimangono super favoriti. Nadal e Djokovic dunque, e Thiem se la vittoria di New York gli ha fatto passare i tremori.
Il rapporto tra Covid19 è grottesco già nella vita normale ma va ampiamente oltre al ridicolo quando si passa allo sport, e il tennis non ha voluto essere da meno. Ogni giorno è un giorno nuovo, completamente diverso dal precedente, tanto se qualcuno si lamenta basta il primo che passa a dire “i morti di Bergamo” e tutto diventa giustificato. Così le misure vanno bene solo se a noi non fanno danno e diventano roba da idioti (copyright Tartarin Binaghi), se sfiorano i nostri lidi o, dio non voglia, le nostre tasche. Il caso Paire è fantastico, in linea con questo virus anni ‘50 (non toccatevi, non fate tardi la sera, non ammucchiatevi, lavorate e andate a messa): a New York lo trovano positivo e non lo fanno giocare; i suoi contatti prima giocano, poi arriva uno dei vari livelli di governo e dice che no, questi no. Passano i 14 giorni e Paire fa il tampone, risulta negativo e gioca, si fa per dire, a Roma. Poi va ad Amburgo, lo trovano ancora positivo ma lo fanno giocare lo stesso. Paire ha forse avuto una linea di febbre, un colpo di tosse, una scaracchia non prevista? Chiaramente no, fisicamente sta benissimo, ma quello che conta è il teatro, e quello è salvo. A Parigi vedremo, i contagi sono aumentati e si parla di seconda ondata, ma non chiedetevi cosa significhi, tanto non lo sa nessuno.
Se Nadal arriverà in finale. Al netto del solito discorso del ricambio generazionale, che mai come a Parigi quando c’è Nadal in tabellone risulta insensato, quest’anno ci sono tante variabili che potrebbero far saltare le certezze sullo spagnolo. Verosimilmente, Nadal starà in campo più a lungo per via delle condizioni di gioco, ecco perché sarà importante non perdere tanto tempo nei primi turni arrivando così fresco agli scontri importanti del torneo. Il Djokovic di Roma è un discreto Djokovic, ma è pur sempre un giocatore che vince 7-5 un set nel quale aveva dato un vantaggio di 3 a 0 con due break ad un avversario che arrivava da due maratone. Thiem tornerà a giocare a Parigi, l’impressione è che abbia fatto bene a non giocare nessun torneo fra la vittoria degli US Open e l’esordio in Francia, anche se lui è uno che necessita di qualche partita per entrare in forma. Questa volta però c’era tanto da ricaricare dopo la prima vittoria di uno Slam, per quanto anomalo come quello di New York e come promette di essere questo di Parigi.
Degli altri top 10 Medvedev ha perso malamente all’esordio ad Amburgo, la terra non è certo la sua superficie ma l’idea è che molto dipenderà da quanto avrà voglia di stare in campo e lottare anche con gente molto peggio classificata di lui. Un anno fa perse contro Herbert (!) al quinto set. Tsitsipas un anno fa invece perse nella partita più bella del torneo, quella giocata contro un buon Stan Wawrinka sconfitto poi nei quarti da Federer, che regalò la top10 a Fognini. Stefanos non sembra attraversare un buon momento, dopo l’incredibile sconfitta contro Coric – 5-2 “pesante” al quarto sette match point non trasformati – a Roma ha deluso molto. Ad Amburgo sta andando meglio, magari per Parigi sarà pronto. Ci sarebbe poi Sasha Zverev, che quest’anno negli Slam è arrivato in semifinale in Australia e in finale a New York. Il suo gioco si sposa bene con le caratteristiche dei campi di Parigi, ha il cambio di velocità sia sul lato del dritto che del rovescio, agli US Open ha servito benissimo tranne che nel tiebreak finale e in più a Parigi avrà al suo fianco David Ferrer, uno dei più forti sul rosso prima del ritiro e che al Roland Garros ha giocato una finale. Tanti dettagli che inducono quantomeno a considerarlo fra la ristretta cerchia di chi può arrivare in fondo. Per tutti gli altri nomi si tratterebbe di un exploit.