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Decalogo del buon torneo

La nuova Coppa Davis non piace? 10 comandamenti per riformarla, scritti rigorosamente dal divano.

La nuova Coppa Davis non piace? 10 comandamenti per riformarla, scritti rigorosamente dal divano.

Si sta giocando a Madrid la fase finale della rinnovata Coppa Davis, che dopo decenni di crisi sembrava essersi serenamente spenta lo scorso anno. E invece, mentre eravamo distratti da Slam, Finals e Masters 1000 è improvvisamente spuntato questo torneo, pensato da una cordata che fa capo al giocatore (di calcio) del Barcellona Piquè e approvato dalle varie federazioni. 

Per chi si crogiola “nell’ultimo rifugio delle carogne”, la sventura è stata che l’Italia ha abbandonato anzitempo la tenzone, sconfitta prima dal Canada e poi dagli USA. È bastato questo per inviperire i tanti amorevoli amici della beneamata FIT e far lanciare strali che avrebbero fatto impallidire Zeus.  

Noi che indirizziamo i nostri palpiti su chi ha caratteristiche diverse da quelle di essere nato 50 metri più in qua o dall’altra parte del mare, non siamo stati insensibili al grido di dolore che si alza dalle italiche valli (ma anche città, montagne, spiagge e tutto quello che ci fa amare questo nostro grande Paese) e quindi, per i pochi malevoli che ritengono in cattiva fede chi critica spontaneamente e al solo scopo di renderlo migliore una competizione che ha millemila anni di vita – e che solo per questo è bella, si capisce – abbiamo messo a punto un prontuario che vi consentirà di capire rapidamente se il torneo che state guardando è rispettoso del vero valore (da distinguere dal falso valore) dei giocatori. Ma forse, di un intero movimento tennistico. Da novelli Flaubert, si parva licet ma anche absit iniura verbis, ecco il nostro “decalogo per riconoscere la qualità di un torneo. 

1. Deve vincere l’Italia (o, in subordine, deve fare una buona figura) 

Nessun torneo in nessuna latitudine, in qualsiasi momento dell’anno, in qualsiasi superficie ha una formula sbagliata o è irrilevante se a vincerlo è un giocatore – o una giocatrice – nato o nata tra le Alpi e il Mediterraneo. In subordine può andar bene anche qualcuno o qualcuna nato o nata altrove ma che, per qualche motivo, possiamo considerare devoto ai sacri valori della Patria (nostra però).   

2. Le partite non devono costringere la gente a fare tardi la notte (o “me” invece di “la gente”)

Il tennis, lo sappiamo, si sa quando comincia ma non quando finisce. E siccome la vita è fatta anche di altri impegni è indispensabile che almeno si riescano a fare 6-7 ore di sonno. Questo aiuta il nostro corpo a sentirsi bene e migliora il nostro umore. Se una partita finisce quando di solito la gente per bene e che lavora dorme da un paio d’ore, è chiaro che quel torneo è ridicolo. 

3. I risultati devono essere completi nella prima edizione DEL CARTACEO

Corollario del punto 2: un torneo deve concludere in tempo perché la prima edizione del giornale di carta possa contenere i risultati. Esistono LARGHE fasce di popolazione che potrebbero non conoscere MAI i risultati del doppio tra Fognini/Bolelli e Querrey/Sock, a dispetto del digital, di internet e di tutte queste diavolerie che non si sa chi ritiene essere la prima fonte di informazione. Questo agevolerebbe notevolmente il lavoro dei giornalisti “di carta”, che non possono fare il loro lavoro. Sulla carta. 

4. I calcoli non devono essere complicati

Gli addetti ai lavori hanno troppe cose da tenere in mente tra diritto, volèe, servizi e dropshot, senza considerare la parte tattica e l’effetto Magnus delle palline. Del tempo per fare i conti proprio non ne rimane e quindi al bando i gironi, specie quelli a tre, che costringono ad avere una qualche dimestichezza con l’algebra della terza elementare, livello di istruzione non alla portata di tutti. 

5. Deve giocarsi dove si presuppone che gli italiani siano forti

Sappiamo che i nostri ragazzi rendono meglio su… su… vabbè lo sappiamo. Ad ogni modo, se abbiamo perso è evidente che il campo non era quello che ci consente di di esprimere tutti i nostri valori umani prima ancora che sportivi. E se anche la superficie potrebbe essere gradita ai Nostri, rimane da valutare l’attenuante della collocazione di questa rispetto al livello del mare. Questo probabilmente si è verificato per via del fatto che a dirigere la baracca sono stati chiamati degli incompetenti.

6. In alternativa alla vittoria degli italiani, deve vincere una squadra che non mi dispiace

Se vince Federer il torneo va benissimo. Già Nadal un po’ meno e la vittoria di Djokovic farà capire che il torneo è stato disertato dai big. Anche se hanno giocato Nadal e Federer. 

7. Deve rispettare i valori dello sport, così come io li identifico.

Il tennis mica è il calcio, e tanto basti. Possiede dentro di sé la capacità di mettere un uomo davanti se stesso e, spesso, anche una donna. È in grado di tirar fuori tutte le nostre migliori virtù e di far dimenticare tutti i nostri peggior difetti, farci comprendere l’essenza della vita vera e a distinguerla dalla vita falsa. E per quello serve l’eliminazione diretta (v. anche punto 3).

8. Bisogna giocare al livello del mare

Come si sa la velocità della palla dipende anche dalla rarefazione dell’aria. E in altura, lo sapete, l’aria è maggiormente rarefatta. Così le palline vanno velocissime e questo favorisce alcuni giocatori a discapito di altri. L’Italia è un paese che ha sì delle montagne, ma è circondato dalle acque marine, quindi non si capisce perché mai giocare in altura. 

9. Si deve giocare quando sono tutti freschi e riposati. O almeno gli italiani. La stanchezza vale per tutti.

Essenza dello sport e primo impegno dei tornei è quello di mettere tutti i giocatori in grado di competere ad armi pari. Se uno si è potuto allenare per tre mesi e un altro ha dovuto giocare fino a due giorni prima, o 3 o 4 o un numero X ovviamente non si può poi pretendere che riesca a dare il massimo o a vincere partite anche nel torneo successivo. Qualcuno ci riesce ma questo non significa che chi a stento si regge in piedi alla fine del secondo set ma che ce l’ha messa tutta, ha dato tutto se stesso alla fine non sia stremato e non finisca col perdere. E non sono certo i milioni di dollari guadagnati a poter dare la forza di battere chi di soldi ne ha guadagnati meno.  

10. Non deve esserci immischiato Pique

Forse il punto fondamentale: giochi a pallone? Gioca a pallone, cosa ti immischi nelle cose che non sai? Tutti i problemi derivanti da questa edizione di Coppa Davis sarebbero stati affrontati – e risolti – velocemente senza che un giocatore che neanche gioca a centrocampo – un difensore! – per giunta indipendentista si fosse intestardito. Pique forse non ha manco un nome: che sia il nom de plume di una società offshore impelagata a riciclare denaro proveniente chissà da dove?  

Un ringraziamento particolare a Daniele Vallotto dell’osservatorio CDD per la consulenza bibliografica


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