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Nadal 2020

Nessuno ci pensa, nessuno lo vuole, ma il record dei record non rimarrà tale.

Nessuno ci pensa, nessuno lo vuole, ma il record dei record non rimarrà tale.

Quando a giugno 2020 Nadal avrà alzato al cielo la sua tredicesima Coppa dei Moschettieri, dopo aver perso in Australia e preservato al meglio il suo corpo sul cemento americano di primavera, il record dei record che oggi è di Federer sarà condiviso. I venti Slam di Roger rimarranno probabilmente tali dopo l’Australian Open, i 19 di Nadal dopo il Roland Garros no. 

I cinque anni di differenza con Federer giocano a favore di Nadal in questa parte di carriera, e il Rafa del 2019 chiude l’anno con due Slam, come nel 2017, quando vinse a Parigi e proprio a New York contro Kevin Anderson. Nadal, subito dopo aver vinto il titolo numero 19, si è affrettato subito a dichiarare che non conta il record di Slam, ma che gli piacerebbe. Parte ora, quindi, la campagna per lo Slam numero 20. 

Sui 19 Slam io non la vedo come una gara fra noi tre. Certamente mi piacerebbe essere quello che ha vinto di più, ma non mi alleno e non gioco per questo. Gioco perché amo questo sport, per me non esistono solo gli Slam, io gioco per essere felice. Poi certamente, se questa sfida crei interesse nei tifosi mi va bene e mi sento onorato di farne parte

RAFAEL NADAL

Lo Slam numero 19 è frutto di una ulteriore raffinazione del gioco di Nadal, bravo come Federer a cambiare qualcosa nella sua ultima parte di carriera. A cominciare dalla programmazione: abbiamo già visto Rafa giocare meno, saltare i tornei dopo le vittorie per concedersi giornate di riposo per non tormentare le ginocchia, specie sul cemento americano. Della stagione indoor, che va a cominciare a breve in Asia per poi concludersi in Europa, a Rafa importa talmente tanto che nel bel mezzo ci ha programmato il matrimonio. 

Alla vigilia della finale già si parlava di possibile aggiustamenti della programmazione proprio per blindare la posizione di numero 1 ATP, ma numeri alla mano è Rafa ora a guidare la Race con ben 2000 punti di vantaggio su Djokovic. Nel ranking è ancora davanti il serbo, 9865 a 9225, ma il primo deve difendere i 1000 punti della vittoria di Shanghai, i 600 della finale di Bercy e i 1000 della finale di Londra. Nadal, dopo la semifinale degli US Open 2018 non giocò fino a fine anno, quindi tutti i punti che verranno saranno “netti”. Tuttavia, possiamo credere a Rafa quando dice che di tornare numero uno interessi poco. Lo è già stato, per parecchio, come tanti altri. Quello che a lui interessa, come agli altri, è il record di Slam. E quindi, probabile che Rafa torni numero uno molto presto, ma lo sguardo mira all’orizzonte del 2020. 

La vittoria del suo quarto US Open è arrivata contro un Medvedev che ha smesso di essere la sorpresa del torneo nel momento in cui ha battuto senza penare neanche tanto un buon Wawrinka nei quarti del torneo. Erano già giorni che ovunque si scriveva di un Medvedev sempre più stanco, proprio perché negli ultimi tre tornei disputati prima degli US Open era arrivato sempre in fondo, perdendo contro Kyrgios e Nadal rispettivamente a Washington e Montreal, e vincendo a Cincinnati il suo primo Masters 1000. 

Quarta vittoria a NY per Nadal

Medvedev invece, fra acciacchi vari e nastro medico preventivo sulle articolazioni, riusciva ad andare avanti e a battere per tre set a zero anche un redivivo Grigor Dimitrov, che stava per chiudere la stagione anzitempo prima di conquistare con questa semifinale l’acme della sua stagione. La sua prima finale Slam arrivava, quindi, con la vittoria numero 49 della sua stagione: nessuno ha vinto più partite di lui nel 2019. 

Fra lui e il suo primo titolo Slam c’era il solito Rafa Nadal, uno che quando vede l’occasione, leggi tabellone buono e avversari molli, non fa complimenti e si prende tutto. Un set perso contro il Cilic peggiore degli ultimi anni, chissà poi come, è tutto quello che Rafa ha lasciato nella strada che dal primo turno contro Millman si è conclusa con lo Slam numero 19. Schwartzman battuto in tre set nei quarti di finale all’insegna della pura ordinarietà, come del resto anche la vittoria in semifinale su Berrettini, celebrato come se avesse quasi ammazzato Golia senza aver mai conquistato, però, una palla break in tre set. 

In finale, il russo partiva spacciato: nessuno credeva in lui neanche quando c’era partita nel primo set, con Nadal a dargli fastidio con palle alte e lente, i cosiddetti moonball, e con il rovescio in backspin, per togliere ritmo e costringere Daniil a piegarsi e “fare” lui il colpo, senza sfruttare la velocità di palla dell’avversario. Rafa era in controllo, ma non riusciva ad allungare fino a quando il russo non ha servito, male, sotto nel punteggio per 5 a 6. Perso il primo set, perso il secondo contro un Rafa oramai padrone del campo e sotto di un break all’inizio del terzo parziale, Daniil era già con la testa alla premiazione (“Stavo pensando che di lì a poco avrei fatto un discorso e non sapevo cosa dire”). 

Sembrava non esserci più partita, il russo continuava a cannoneggiare da fondo campo senza però vincere set. Cosa poteva altrimenti? Sperare in Nadal.

Il dominatore delle US Series

Che infatti iniziava a sbagliare qualcosa, perdeva il break di vantaggio e non sfruttava due palle break sul 4-4 per servire poi per il match. Daniil non variava di una virgola lo spartito: colpiva a tutto braccio in diagonale e lungolinea, concludendo con un rovescio lungolinea vincente il game del 6-5 in suo favore, con Rafa al servizio, allungava la partita, che finalmente era tale.  

L’imponderabile accadeva di nuovo: Nadal che perde un game in vantaggio da 40-15 con il suo avversario avanti 5-4. A quel punto manca un quarto d’ora alle 4 ore di gioco, il russo che un po’ tutti davano per stanco aveva portato il match al quinto set ed era pronto a giocarsi le chance per il primo titolo maggiore.

E lì Nadal, quando non c’erano più altre possibilità da concedere e come tante altre volte in carriera, trovava nuovamente coraggio. Arrivava a matchpoint sul 5-3, Daniil si salvava di nuovo ma per poco. La quarta vittoria a New York arrivava nell’unica vera partita giocata da Rafa agli US Open.

Questo trofeo significa tutto per me. La soddisfazione personale, la maniera nella quale ho resistito durante questi momenti duri, è tanta. Di solito cerco di controllare le emozioni, ma per quanto detto oggi è impossibile

Rafael nadal

Così Rafa, spoglio dalle protezioni psicologiche e di maniera che indossa ogni volta che si appresta a celebrare una vittoria, si preparava a ringraziare pubblico, sponsor, raccattapalle e organizzatori. Ma questo US Open era diverso per lui. Vincere un Slam diverso dal solito Roland Garros deve avergli fatto capire la grandezza di ciò che aveva fatto, e così ha abbassato le difese infrangendo tutte le barriere emozionali che hanno reso le sue celebrazioni sempre banali.

Ho lottato duramente contro uno dei più grandi giocatori della storia del nostro sport. Devo dire che sono stato bravo

Daniil Medvedev

E ora, la parte finale del 2019 ha un sapore dolce per Rafa Nadal. C’è la Laver Cup per divertirsi con i colleghi, c’è la tournée asiatica da saltare e ci sono le ATP Finals chissà da prendere quanto seriamente, considerato che non le ha mai vinte. Anche perché Federer e Djokovic fra un paio di mesi torneranno carichi, e poi c’è pure questo Medvedev. Fossimo in lui ci rilasseremmo di qui a dicembre, preparandoci per il 2020. Ora veramente Nadal ha un obiettivo da conquistare. 

Rafael Nadal US Open 2019


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