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L'Inevitabile

Per vincere al Roland Garros, bisogna fare i conti con Nadal. 

Per vincere al Roland Garros, bisogna fare i conti con Nadal. 

Iniziamo questi straordinari anni del tennis a chiederci quando i campioni si faranno da parte. Finiamo gli anni riproponendo la stessa domanda l’anno seguente. Il 2019 non fa eccezione per Djokovic, subito vincente in Australia, e chissà se la fara per Federer, oramai 38 enne e del quale prendiamo di buono tutto quello che riesce a fare. Ma Nadal invece, come sta?

Rafael inizia bene l’anno, è lui infatti che perde nettamente contro Djokovic la finale del torneo slam d’Australia. Djokovic sembra inarrestabile verso il secondo grande slam in un anno non solare dopo Wimbledon e Us Open 2018, può permettersi di riposarsi in vista del Roland Garros, il suo vero obiettivo di stagione. E Rafa? Nel torneo seguente, ad Acapulco, Nadal gioca la famosa partita contro Nick Kyrgios, che vince 7-6 al terzo set e fa indispettire non poco lo spagnolo.  È la partita del “Kyrgios non ha rispetto” detto da Nadal in conferenza stampa, Toni Nadal invece, ritiratosi a insegnare tennis all’accademia del nipote, inveisce ancora più pesantemente individuando in Kyrgios “uno che non fa il bene del tennis”.

Si arriva quindi ad Indian Wells, torneo nel quale Nadal gioca in maniera discreta tanto da battere nei quarti di finale un buon Karen Khachanov seppur con qualche problema fisico. Infatti, il giorno dopo, quando ci sarebbe Federer da affrontare nella sfida numero 39 della loro carriera, lo spagnolo si ritira. Il problema è sempre il solito ginocchio.

Niente di nuovo, gli acciacchi dell’età, e infatti Nadal ha le idee chiare per il suo immediato futuro: «Il mio piano è quello di giocare Montecarlo, Barcellona, Madrid, Roma e il Roland Garros. Questo è sempre stato il mio calendario, sarà lo stesso anche quest’anno e spero di riuscire a completarlo ancora una volta».

La salvifica terra battuta, quella che non crea problemi al ginocchio, permetterà ancora una volta a Rafael Nadal di ritrovarsi vincente?

Rafa si ripresenta in campo a Montecarlo ma non sembra al meglio. Come si spiegherebbe altrimenti la sofferenza contro Guido Pella? Non stupisce, infatti, la sconfitta in semifinale contro Fabio Fognini in una giornata che, mentre per i tifosi del Fabio Nazionale sarebbe da frecce tricolori sul Country Club, per Rafa altro non è che «una giornata nella quale avrei perso contro chiunque dei primi 500 del mondo». Lo spagnolo scappa subito a Barcellona, un torneo che ha vinto 11 volte in carriera, l’ultima nel 2018.  

Alla vigilia del torneo, Rafa dice di essere in discrete condizioni fisiche, che è a Barcellona per ritrovarsi, che quello per lui è un torneo che ha scandito momenti importanti della sua carriera e che «In ogni caso l’anno fino ad ora è stato positivo, sono numero 3 della Race e spero di fare una buona stagione su terra». Il bicchiere, insomma, è mezzo pieno dice lui.

Al primo turno c’è da affrontare Leonardo Mayer, un giocatore discreto ma che non è mai stato un problema per Nadal. Il 5 a 0 per lo spagnolo nei precedenti confronti lascia pochi dubbi. La partita però desta scalpore. In campo il giocatore che fa i punti, che comanda gli scambi e che costringe l’avversario a rincorse disperate è Mayer. Il Nadal visto in campo non vale neanche un top 100. I suoi colpi a malapena passano la rete, rimbalzano corti, la sua palla viaggia leggera e a Mayer non pare vero approfittarne. Se l’argentino riesce a vincere solo per 7-6 il primo set è solo perché piuttosto che abbandonare la lotta, Nadal preferirebbe essere dentro una Plaza de Toros completamente vestito di rosso. Lo spagnolo migliora nei set seguenti e riesce a vincere la partita.

Quello che però non sapevamo del torneo di Barcellona, e che abbiamo scoperto solo dopo la vittoria al Roland Garros, è che Nadal dopo il match contro Mayer trascorre due ore nello spogliatoio. A pensare. Nonostante la sua stagione non è stata fin qui proprio da buttare, almeno dal punto di vista dei piazzamenti, Rafael non è per niente soddisfatto di come sta giocando. A questo punto, parlando con il suo entourage, non ci sono che due strade: fermarsi, prendere tempo per far recuperare appieno il suo fisico, oppure cambiare atteggiamento.

Ma cosa significa cambiare atteggiamento?

In uno sport nel quale la fiducia nei propri mezzi significa tutto in termini di rendimento, è chiaro che la soluzione non può che arrivare proprio dalla causa. Ma la fiducia non è un aspetto del gioco che puoi allenare al cesto o sudando. Non c’è un allenatore che può convincerti a ritrovare le tue sicurezze, non c’è la storia a rinsaldare le tue certezze. Più di tutte le altre caratteristiche del gioco, per ritrovare la fiducia devi farcela da solo. E se sei Nadal, è ancora più difficile perché è sulla fiducia nei suoi mezzi più che sul suo dritto, tanto per nominare una delle sue eccellenze, che lo spagnolo ha costruito la sua fortuna.

Quell’aura di temerarità che molte volte ha sconfitto i suoi avversari ben prima che lui iniziasse a giocare è stata creata da un giocatore che non conosce altre strade che la cultura del lavoro senza lamentele. Raramente Rafa ha cercato alibi nel corso della sua carriera. Quando non ce l’ha fatta, quando è stato sconfitto, è stato spesso per colpa sua e solo sua, del suo fisico che ha ceduto, del suo ginocchio malandato. Non ha mai dato colpa ad altri che non fossero lui, neanche alla sfortuna che pure qualche volta l’ha penalizzato. E quando i suoi avversari sono stati più bravi, lui non ha fatto altro che ripartire mettendosi al lavoro dopo aver tributato loro i complimenti nella solita salsa del politicamente corretto. Chi lo ama infatti, non lo ama di certo per il personaggio che è ma per l’idea di gioco che incarna.

18 Slam in carriera, 2 dietro Federer, 3 davanti Djokovic.

Fosse stato febbraio o marzo, Nadal si sarebbe fermato senza alcun dubbio. Ma siamo ad aprile, c’è il torneo di Madrid, poi Roma e poi il Roland Garros. Rafa decide di continuare, di allenarsi come ha sempre fatto, di gettare la spugna se ne riparlerà un’altra volta. Torna in campo e l’atteggiamento è quello di un frate benedettino: il suo ora et labora non è che cercare di conquistare ogni singolo punto, di non pensare al di là del prossimo scambio, vivere alla giornata come il monaco e poi affidarsi alla provvidenza.

Il giorno dopo Mayer batte l’amico Ferrer, successivamente doma la resistenza del tedesco Struff per poi perdere contro un ottimo Dominic Thiem. Lo spagnolo, però, esce dal campo soddisfatto. «Oggi ho giocato sicuramente la miglior partita di questa stagione su terra battuta. Sono comunque contento perché la settimana scorsa non avevo cominciato bene e sto ritrovando le sensazioni giuste; questa settimana le cose sono migliorate e sono fiducioso per il proseguimento della stagione»

Il suo percorso di ritrovamento continua a Madrid. Tiafoe, Auger-Aliassime e un Wawrinka diverso da quello di qualche anno fa non rappresentano un ostacolo difficile per Rafa, che non perde neanche un set fino al confronto con Stefanos Tsitispas in semifinale. Il greco è il più sfrontato dei giovani, lo batte al terzo set costringendolo a presentarsi a Roma, quando oramai siamo a maggio, senza aver vinto un torneo.  

La dedica della Nike a Nadal

Rafa rimane fedele a quanto deciso quel pomeriggio a Barcellona. Lui farà il suo, giocherà ogni punto come se da questo dipendesse la sua vita, poi sarà la provvidenza a decidere se questo basterà a fargli meritare la vittoria.

I primi tre turni del torneo di Roma sono un soliloquio di rara brutalità: Chardy, Basilashvili e Verdasco rimediano un 6-0 a testa in uno dei due set. In semifinale Nadal ritrova Tsitsipas e lo affronta come se fosse un altro giocatore. Lo batte senza problemi, così come torna a battere Novak Djokovic in finale. Arriva la vittoria, quello zero viene cancellato, si rivede il Nadal dominatore della terra battuta. Allora in sala stampa gli si chiede conto di cosa è successo, di cosa ha fatto per rigenerarsi di nuovo e ritornare competitivo dopo mesi molto difficili.

Lui: «Come ho allenato la mente? Lavorando in campo tutti i giorni, senza lamentarmi se gioco male, se ho problemi o se sento dolore. Insomma, mettendo in campo la giusta attitudine, non avendo atteggiamenti negativi verso quello che accade. Scendo in campo ogni giorno con la passione necessaria per continuare ad allenarmi con costanza. Questo è lavoro mentale, e nella mia carriera mi ha consentito di avere sempre la possibilità di tornare competitivo. Ed eccoci qui, oggi, a celebrare un titolo importante in un momento importante. Adesso devo continuare su questa strada».

Seconda finale consecutiva al Roland Garros per Thiem

E si arriva a Parigi, dove è lui il gran favorito con Djokovic e Thiem subito dopo. Nadal arriva in semifinale perdendo solamente un set contro Goffin vai a sapere come. Il tabellone regala un’occasione grossa: affrontare Federer sul rosso. Nei giorni pre gara ci si chiede se Roger, tornato a giocare su terra dopo tre anni, abbia o meno possibilità di farcela. Razionalmente, contro un Rafa così e sul rosso, lo svizzero è spacciato. Oltretutto c’è vento, si gioca male, bisogna adattarsi senza lamentarsi: c’è qualcuno più bravo di Rafa in questo? Difatti, la partita è senza storia, Nadal vince in tre set. Federer in conferenza stampa dice una frase che dovrebbe essere incisa nel marmo dello Chatrier: «Se vuoi vincere qualcosa di grande sul rosso ad un certo punto è inevitabile fare i conti con Rafa».

E così Thiem, bravo a battere Djokovic in semifinale, si trova Nadal di mezzo fra lui e il suo primo titolo Slam. C’è chi ripensa al precedente di Barcellona fra i due per fare il pronostico, ma chi fa così semplicemente sbaglia. Una volta risolta l’equazione che il paragone non è possibile perché quel Rafa non è questo Rafa, e che quindi in finale ci sarebbero stati due giocatori al massimo delle loro capacità e nel pieno possesso di queste, la partita non potrà che decidersi sul piano del gioco, del più forte insomma.

E qui, allora, Nadal non può non ribadire che lui è il più forte.

Thiem non ha che una possibilità di battere Rafael Nadal: mettere a segno colpi vincenti da ogni parte del campo. Non ci sono altre strade, contro Nadal non puoi improvvisare uno spartito che non è il tuo, andare a braccio è cosa che si può fare con altri, non contro Nadal in finale al Roland Garros.

Anche perché lo spagnolo sigilla alcune zone del campo rendendole impenetrabili ai colpi di Thiem. Che l’angolo destro di Nadal sia il suo punto debole è oramai una leggenda sfatata da anni, solo che giocargli dalla parte del dritto è anche peggio. Thiem non riesce mai a giocare un lungolinea vincente di rovescio, semplicemente Nadal non gli concede mai una palla da colpire in anticipo da quel lato. Costretto ad impattare ad altezze diverse e quindi a perdere campo rispetto al match contro Djokovic, che gioca con molto meno spin di Nadal soprattutto nella diagonale di rovescio, l’austriaco si vede depotenziato di una delle sue armi migliori.

Allora prova a prendere campo con il dritto colpendo ad uscire, sul dritto di Nadal. E qui tornano indietro le solite palle alte, strette o lunghe, con Thiem costretto a prendere rischi ancora maggiori giocando di anticipo o a ricominciare lo scambio perdendo la posizione di forza che aveva acquisito. Rafa rallenta il gioco alzando palle in tospin sul rovescio di Thiem, costretto a incrociare e quindi a passare il pallino dello scambio allo spagnolo. E se Thiem prova a forzare sulla diagonale dritto incrociato – rovescio di Rafa, lo spagnolo è abilissimo a chiudere col rovescio lungolinea in anticipo. Allora Thiem, continuando a forzare su questa diagonale, accentra leggermente la sua posizione durante lo scambio per non lasciare troppo scoperto il lungolinea. E allora Nadal colpisce vincenti di rovescio anche sulla diagonale incrociata.

Thiem prova a non perdere campo cambiando posizione in risposta rispetto a quanto fatto fino al giorno prima contro Djokovic, e fallisce perché Nadal varia traiettorie e velocità al servizio. Prova quindi ad allungare gli scambi senza prendere rischi, ma improvvisamente il miglior volleatore del tennis assieme a Federer scende a rete a chiudere punti magistralmente costruiti, perché la volée più efficace è quella più facile da giocare.

12!

All’inizio del terzo set Thiem, che perso il primo è stato bravo a vincere il secondo set approfittando di un game giocato male da Nadal al servizio sul 5 a 6, ammaina definitivamente bandiera bianca. Probabilmente, ha capito che anche se ha appena pareggiato il conto dei set si è trattato di un caso, che anche avendo dato il suo meglio non è riuscito a intaccare le certezze di Nadal. Non è un problema fisico, Thiem non è stanco. Succede che ad un certo punto l’austriaco deve aver incrociato lo sguardo di Nadal al cambio campo, avergli letto un “Not today” nella mente. Capito che non ce l’avrebbe mai fatta a batterlo, che qualunque cosa provasse a fare in campo quell’altro aveva già pronta una contromisura, a Thiem non è rimasto che deporre le armi e vincere due game nei rimanenti terzo e quarto set.

Atterrito, consegnato al suo destino, Thiem non è neanche arrabbiato a fine gara, esattamente come chiunque sa di aver giocato una partita nella quale non aveva possibilità di vincere.

Come tanti altri prima di lui, aveva ancora una volta sperimentato l’inevitabile a Parigi. Ma mai come quest’anno c’è stato il rischio che l’inevitabile non si manifestasse. Se questo è successo è solo perché, quel giorno contro Mayer, Nadal si è fatto una promessa che ha deciso di mantenere. La provvidenza ha fatto il resto.

Roland Garros 2019


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