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Professione qualificati

36enni che fanno piangere 7enni, un gradito ritorno, il Calendar Grand Slam di un canadese e altre belle storie dalle qualificazioni agli US Open 2018.

36enni che fanno piangere 7enni, un gradito ritorno, il Calendar Grand Slam di un canadese e altre belle storie dalle qualificazioni agli US Open 2018.

La prima volta del Liechtenstein

Il Liechtenstein è un principato che si estende per 160 chilometri quadrati, New York ha invece un’estensione di 789 chilometri quadrati. C’è da scommettere che Kathinka von Deichmann possa sentirsi spaesata a giocare qui il suo primo Grande Slam. “Per Dio, il Principe e la Patria” il motto del Paese che von Deichmann potrà per la prima volta far risuonare sui campi di uno Slam: mai prima d’ora qualcuno dal Liechtenstein, donna o uomo, era riuscito nell’impresa di accedere ad un main draw di un torneo così importante. Se infatti questo piccolo principato gode di qualche onore sportivo, non è merito del tennis, dal quale è uscito fuori soltanto il nome di Stephanie Vogt (best ranking al numero 137 WTA), ma casomai degli sport invernali, e su tutti lo sci alpino, una disciplina in cui il Liechtenstein può vantare una bicampionessa mondiale di supergigante, Tina Weirather. Von Deichmann non ha perso neanche un set nei tre turni di qualificazioni giocate, sconfiggendo al turno decisivo l’azzurra Martina Trevisan, anche lei a caccia di una prima apparizione in un torneo dello Slam.

https://www.instagram.com/p/Bm5fy39jD4n/

Il Grande Slam di Peter Polansky

Tra una ventina d’anni, forse meno, difficilmente qualcuno si ricorderà di Peter Polansky. Il canadese non è mai entrato nei primi 100 del mondo, negli Slam ha vinto una sola partita, al primo turno degli US Open 2010 contro Juán Monaco, nei Masters 1000 ha vinto una sola partita (quest’anno, a Indian Wells) al di fuori della Rogers Cup, torneo a cui prende parte regolarmente grazie al suo passaporto, agli ATP 250 e 500 non ci va quasi mai. È in pratica un tennista da challenger che ogni tanto si fa vedere nel circuito maggiore, ma che ha messo a segno un record praticamente imbattibile: in tutti e quattro gli Slam di questa stagione, Polansky sarà in tabellone come lucky loser, cioè quei tennisti che perdono all’ultimo turno di qualificazione e vengono poi ripescati. Non era mai successo che un tennista venisse ripescato più di due volte in uno stesso anno, lui è riuscito a farlo per quattro volte di fila. Per ora non è andata benissimo nel main draw (3-0 da Khachanov in Australia, 3-1 da Herbert a Parigi e 3-0 da Novak a Wimbledon), ma come detto, gli US Open sono l’unico Slam in cui il canadese ha vinto una partita. Giocherà contro Alexander Zverev: in bocca al lupo.

https://twitter.com/PPolansky/status/1033119555999158277

L’ultima delle “italiane”

Leggete lo scoreline e a stento ci credete: Francesca Di Lorenzo è riuscita a qualificarsi per il suo primo torneo dello Slam. Quella che sembra l’unica gioia italiana che giunge dalle qualificazioni è in realtà un’altra illusione: Di Lorenzo è infatti nata e cresciuta a circa 7.000 chilometri da Roma, e di italiano ha nome ed origini, nonché cittadinanza, mentre per il resto è tutta Born in the USA. Classe 1997, nata a Pittsburgh, ha vissuto tra la Pennsylvania e l’Ohio ma i genitori sono di Salerno, dove fa ritorno ogni anno per le vacanze natalizie. Parla fluentemente italiano e tanto ci basta per pensare che un giorno voglia scegliere di poter giocare per la nostra bandiera. D’altronde ha la doppia cittadinanza e non è detto che troverà spazio nelle gerarchie a stelle-e-strisce, dove ad oggi è la venticinquesima tennista, a livello di ranking. Il suo ruolino di marcia nelle qualificazioni è stato di tutto rispetto: Antonia Lottner, Veronica Cepede Royg e Mona Barthel (ex numero 23 del mondo).

18 anni

L’8 agosto del 2018 è stato il 37mo compleanno di Roger Federer, nonché il 18mo per Felix Auger-Aliassime, canadese come Polansky ma che probabilmente avrà tutt’altra carriera. Auger-Aliassime è il primo tennista nato dopo il Millenial Bug a giocare nel main draw di uno Slam e chissà che non diventi anche il primo a vincere una partita: in fondo, ha la stessa età di Shapovalov lo scorso anno, quando arrivò fino agli ottavi di finale degli US Open. Già a Toronto ha fatto vedere cose notevoli (vittoria in due set su Pouille, sconfitta al tie-break del terzo contro Medvedev). Al terzo turno di qualificazione, contro Gerald Melzer, numero 133 ATP, ha vinto i primi 18 punti del secondo set, sfiorando il golden set. Ma c’è un ma: l’urna gli ha dato in dono proprio Shapovalov, in uno degli incontri più affascinanti e divertenti del primo turno.

Assieme a Shapovalov, suo avversario al primo turno, Felix Auger-Aliassime ha vinto il titolo di doppio agli US Open junior 2015.

Non pare Vera

Serena Williams e Viktoria Azarenka non saranno le uniche neo-mamme in campo in questi US Open. Dalle qualificazioni è infatti riuscita a conquistare un posto nel main draw anche l’ex numero 2 del mondo e finalista Slam proprio agli US Open nel 2008 (dove perse contro Kim Cljisters, anche lei allora neo-mamma) nonché medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Pechino: Vera Zvonareva. “Bepa”, come è trascritto il suo nome in cirillico, aveva deciso di ritirarsi dalle competizioni tre anni fa, dopo aver faticato a tornare ai vertici della classifica mondiale causa guai fisici. Nel 2016 si è poi sposata e ha avuto la prima figlia, Evelyn. È tornata alle competizione l’anno successivo a livello ITF e quest’anno è riuscita a qualificarsi per il torneo di Wimbledon. Nel frattempo ha assunto come coach Arnuad Decugis, ex giocatore ATP e marito di Julie Halard, ex numero 7 del mondo in singolare, con il quale ha insistito per migliorare la preparazione atletica. I risultati non si sono fatti attendere: nel match del turno decisivo di qualificazioni, Zvonareva è riuscita a rimontare uno svantaggio di 2-5 contro Lin Zhu nel terzo set, salvando ben cinque matchpoint. La russa non partecipava agli US Open dal 2011.

Triple H

Humbert, Hurkacz, Harris: forse i meno attenti di voi non conosceranno questi tre tennisti che sono tra i 16 qualificati al tabellone principale. In realtà si tratta di Next Gen (Humbert è classe 1998, gli altri due sono del 1997) che sono già molto vicini alla top 100 e di cui probabilmente sentiremo parlare più spesso nei mesi a venire. Nessuno di loro ha avuto grossi problemi a qualificarsi – solo Humbert ha perso un set, al primo turno, e ha sconfitto il suo avversario per 7-6 al terzo – e non è così improbabile che passino il turno: Humbert e Hurkacz – quello più vicino alla top 100 e che in curriculum ha già due partecipazioni al main draw di uno Slam con tanto di vittoria contro Tennys Sandgren – hanno pescato un qualificato (Altamirano e Travaglia) mentre Harris se la vedrà con Gilles Simon.

Hubert Hurkacz sarà l’unico polacco nel main draw del singolare maschile.

Robredo fa piangere i bambini

Tra i match di cartello dell’ultimo turno di qualificazione c’era certamente Robredo-Mahut. Lo spagnolo è stato numero 12 del mondo, ha giocato nei quarti di finale in tutti gli Slam tranne Wimbledon e agli US Open, cinque anni fa, vinse in straight sets contro Roger Federer; Mahut, meno vittorioso in singolare (ma ha comunque raggiunto il terzo turno in tutti gli Slam e un ottavo di finale a Wimbledon), ha vinto tre Slam su quattro in doppio (US Open 2015, Wimbledon 2016 e Roland Garros 2018) oltre a 6 Masters 1000. Lo stile di gioco opposto, il rovescio a una mano e l’età dei contendenti (36 anni per entrambi) rendeva questo match la quintessenza del tennis romantico™. La partita l’ha vinta il più esperto dei due, cioè Robredo, che tornerà a giocare in uno Slam dopo oltre un anno (l’ultimo fu il Roland Garros 2017, quando perse al secondo turno contro Dimitrov). La storia della partita, però, è avvenuta dopo la stretta di mano, quando il figlio 7enne di Mahut, Nathanaël, è andato a consolare (o a farsi consolare da) il padre. Perfino Robredo, il cattivo della storia, si è intenerito, andando a salutare Nathanaël e a spiegarli quando dev’essere orgoglioso del suo papà.

La più anziana qualificata di sempre

Tra tre mesi spegnerà 40 candeline. La svizzera Patty Schnyder, ex numero 7 del mondo, cinque volte quartofinalista negli Slam ed una volta semifinalista, è diventata la più anziana giocatrice a qualificarsi per un torneo del Grande Slam battendo Jessica Pegula, a 39 anni e 269 giorni, col punteggio di 6-3 6-2. Ventanni fa, da quasi sconosciuta Schnyder batteva la cinque volte campionessa e ex numero 1 del mondo Steffi Graf al quarto turno degli US Open. Tornerà a giocare lo stesso torneo dopo 8 anni dall’ultima volta, quando perse al terzo round nel 2010, ed incontrerà al primo turno nientemeno che Maria Sharapova. Schnyder e Sharapova si incontreranno per la nona volta complessiva, l’ultimo incontro risale a ben dieci anni fa. La svizzera quest’anno è alla terza apparizione in un tabellone principale di un torneo WTA; nel torneo di Praga aveva passato le qualificazioni prima di perdere al primo turno, mentre nel torneo di casa di Gstaad aveva beneficiato di una wildcard e poi vinto anche il match di esordio. Attualmente è la numero 187 del ranking. Anche Schnyder è mamma di una bambina, avuta nel 2014.

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