Abbiamo problemi con la gente.
By Daniele Vallotto Posted in monografie on 23 Giugno 2017 5 min read
Alle 15 la sala stampa di Halle è sonnacchiosa: il match di mezzogiorno, il derby russo tra Khachanov e Rublev, è finito da circa un’ora e sul campo centrale si sta svolgendo il match meno attraente di giornata, Gasquet-Haase. Insomma, è il momento giusto per riposarsi un po’, fare il cronista può essere davvero massacrante d’altronde, e così in tanti ne approfittano per tornare al proprio desk. C’è chi aggiusta con Photoshop le foto scattate poco prima, chi cerca su Google Translate la traduzione in russo di “Congratulazioni Karen” per postarlo sull’account Facebook del torneo, chi termina l’articolo cominciato tre ore prima e chi cerca informazioni sui precedenti tra Mayer e Federer, il prossimo match in programma. Sono pochissimi quelli che degnano d’attenzione la partita che si sta giocando, anche perché Gasquet non ci ha messo molto a far valere la propria esperienza su questa superficie, andando sùbito avanti di un break.
Ad un certo punto, però, nel silenzio annoiato si sente il boato del Centrale. A chi alza lo sguardo sugli schermi in sala stampa resta solo l’immagine di Gasquet in mezzo al campo, incredulo: è praticamente immobile e Haase, dall’altra parte della rete, gli chiede scusa. Il colpo che ha appena giocato l’olandese fa velocemente il giro dei social e chi se l’è perso quasi fatica a contenere la sorpresa quando riesce finalmente a recuperarlo. Dopo uno scambio piuttosto lungo, un classico scambio à la Gasquet, Haase riesce finalmente a prendere il punto in mano, giocando prima una buona accelerazione con il dritto lungolinea e poi un dropshot. Gasquet ci arriva però abbastanza facilmente, così come facilmente riesce a colpire lo smash successivo. Ma non è uno smash definitivo: Haase gioca un altro colpo, Gasquet risponde con una buona volée, ma non abbastanza buona per vincere il punto. Haase, che non è certo un centometrista, arriva sulla palla e a quel punto plasma la realtà a suo piacimento, giocando un colpo letteralmente fantastico, perché solo con una fantasia come quella di Haase si riesce a pensare ed eseguire un movimento del genere.
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Un colpo di polso velocissimo, che gli fa colpire la palla con l’altra faccia della racchetta, un colpo di prestigio che non si può considerare improvvisato, visto che Haase ne aveva giocato uno identico contro Nadal a Doha. Quella rotazione di 180 gradi gli permette di arrivare sulla palla e di eseguire una magia che per uno come lui è ordinaria amministrazione. Sembra un colpo impossibile, un’illusione visiva presa da un’opera del suo conterraneo Maurits Cornelis Escher, invece per Haase non c’è nulla di più normale. I mondi impossibili che questo tennista riesce a creare sono infiniti, e pazienza se il cervello non è sempre ben collegato al braccio. La sconfitta contro Gasquet nei quarti del torneo di Halle, 1-6 6-4 1-6, riflette alla perfezione i problemi di concentrazione di questo tennista, che nel secondo set stava per sciupare un vantaggio di due break mentre nel terzo, dopo essere andato velocemente sotto 4-1, ha perso il sesto game da 40-0, sparacchiando fuori dei colpi che per i più sono banali ma che per quelli come lui diventano improvvisamente complicatissimi.
Paro paro.
In carriera l’olandese non è mai andato oltre la trentatreesima posizione mondiale ed è un vero peccato perché non c’è una superficie su quale Robin si senta davvero a disagio e non c’è un colpo che non sappia davvero eseguire. Eppure negli Slam è arrivato appena due volte al terzo turno, entrambe nel 2011, che è anche l’unico anno in cui il numero di partite vinte nei Major è superiore alle sconfitte. Due tornei vinti, entrambi a Kitzbühel, altre tre finali ATP e poco altro da mettere nel curriculum. Quando aveva appena vent’anni, Haase vinse due delle prime tre partite contro un top 10 (Berdych a Montréal, Murray a Rotterdam) ma poi per cinque anni non ci è più riuscito, finendo per perdere quattordici incontri di fila. Alcuni, ovviamente, bruciano più di altrI e sono concentrati nello spazio di poco tempo: nel 2010 si trovò avanti di due set a uno contro Rafael Nadal a Wimbledon, poi vincitore; l’anno dopo si dovette ritirare nel quarto set contro Mardy Fish, la seconda occasione in cui aveva l’opportunità di arrivare agli ottavi; a New York, poche settimane dopo, sprecò un vantaggio di due set a zero contro Andy Murray, che gli lasciò sei game negli ultimi tre set. Nel 2013, a Vienna contro Tsonga, l’olandese riuscì finalmente a interrompere la striscia, ma ormai nessuno lo considerava più un tennista davvero forte.
Pian piano, Haase si è accontentato di essere un tennista che galleggia tranquillamente in top 100: dal 2010 ad oggi è uscito dai primi 100 del mondo solo per una manciata di settimane, nel 2015, e fu proprio da numero 104 del mondo che ottenne la sua vittoria più prestigiosa in termini di classifica: 6-3 3-6 6-3 al numero 7 del mondo, Stan Wawrinka, nel secondo turno di Indian Wells. È quasi inutile, perfino crudele, ricordare che nel turno successivo perse contro Lukas Rosol, ma del resto tutta la sua carriera è stata così e non c’è da aspettarsi che cambi all’improvviso. Ad Halle ha ottenuto la quinta vittoria contro un top 10, Dominic Thiem, ma due giorni dopo la magia non si è ripetuta contro Richard Gasquet, che gli ha negato quella che sarebbe stata la seconda semifinale in un ATP 500, dopo quella ottenuta a Dubai qualche mese fa. Ma la magia, per Robin Haase, può assumere altre forme. Per esempio quella di un colpo che non è concesso a tutti immaginare.