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Arrivederci Dolgo

Quando è appena passata l’ora di pranzo, le bandiere giallorosse sventolano già all’angolo del lungotevere con il ponte del Duca d’Aosta. Il solito ambulante ha già tutto pronto quanto mancano ancora molte ore a Roma-Juventus. La sciarpa con la scritta “Che dio ve furmini” è sempre in bella mostra. Al tennis, giusto di fianco all’Olimpico, hanno già iniziato da un po’.

In assenza di Lorenzi, dolorante, a lottare contro Berlocq sul Pietrangeli c’è Andrea Arnaboldi, l’unico italiano che ha superato le qualificazioni e anche l’unico rimasto in campo alla domenica. Il giovane Matteo Berrettini ha resistito un’ora circa contro Fabio Fognini, in un match programmato sul Centrale visto il facile pronostico, rispettato in pieno, che voleva il remake del famoso match di Coppa Davis fra Fognini e Murray. Matteo ha giocato un primo set dominato dall’emozione, almeno così ci dice un collega che ha resistito allo zenit solare per vedere un Fognini al minimo sindacale. Con gli occhi nostri vediamo Fabio concedere un po’ di speranza alla flebile fiammella della partita. Ma sul 4-3 per lui, complici un paio di gratuiti di Berrettini, Fogna spegne la candelina e svuota lo stadio.

Sul Pietrangeli il secondo set sembra combattuto. Ci fosse Lorenzi in campo al posto del milanese Arnaboldi, il match potrebbe essere il congresso dell’Internazionale comunista dei tennisti operai, con Lorenzi a fare il nostro Bertinotti (sic) e Berlocq a impersonare una via di mezzo fra Maduro e Chavez. Il latinoamericano ha la caviglia finissima, tanto che la scarpa sembra incredibilmente grande, e anche i muscoli delle gambe non sembrerebbero quelli di un corridore, tipo Lorenzi per capirsi, tanto che viene da domandarsi da dove prenda tutta quella forza. Ogni colpo di Berlocq è preparato meticolosamente in quella zona di campo dove c’è tanto tempo per muovere la racchetta dopo essersi posizionati sulla zolla giusta.

Il campo ex Pallacorda non è avaro di out, cioè di metri di terra dietro la linea del servizio, e allora Carlos non ne sbaglia una. Tocca ad Arnaboldi fare la partita, lui che è di passaggio a questi livelli. L’essere mancino lo aiuta, anche perché c’è vento e la sua palla col taglio mancino è ancora più difficile da impattare rispetto al solito. L’argentino non ascolta mai le sirene del bel punto: è eccezionale nella sua normalità, quella che ti fa compiere sempre la scelta giusta. Ogni suo colpo è quello che ha più possibilità di far male al suo avversario, eseguito con il minor rischio possibile di sbagliare. Tennis percentuale lo chiamano quelli bravi, tennis operaio lo chiamiamo noi. Arnaboldi esce dal campo battuto in maniera onesta. Lo spettacolo, fin qui, non è pervenuto.

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Anche se ci gioca Berlocq, il Pietrangeli rimane magnifico.

I prati di spalle allo stadio dei gradoni sono pieni di bambini super eccitati che necessitano di tirare qualche palla anche se ci sono solo tre campi di minitennis e le palline sono quelle depressurizzate. Però vuoi mettere maneggiare una racchetta a pochi metri da quelli bravi? Evans e Vesely passano fra di loro per raggiungere la NextGen Arena, qualcuno prova ad avvicinarsi ma i bodyguard in formazione a testuggine li rimbalzano come fossero palline gonfie.

Ma in questa domenica dove le partite latitano, e chissà perché uno dovrebbe andare a vedere Isner contro Ramos-Viñolas, fortunatamente troviamo tennis al solito posto, il rifugio sicuro che è il Pietrangeli. Sonego capirà, ma trovare Nicolas Almagro contro Dolgopolov è cosa buona e giusta. Ed è veramente cosa buona e giusta averli programmati su quel campo, così tutti possono ammirare da pochi metri le traiettorie di Dolgopolov, un unicum tennistico.

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L’unica partita bella della domenica: Almagro contro Dolgopolov

Lo stadio è gremito, e sappiamo tutti il perché. I due scambiano sulla diagonale di rovescio, incrociano una volta, due, tre volte. Almagro colpisce con leggero topspin mentre Dolgo anticipa colpendo di piatto. E allora lo spagnolo arretra di poco ogni volta per trovare più tempo per controbattere, ma The Dog lo vede fare un passo indietro ed ecco arrivare puntuale la smorzata di rovescio con taglio verso l’esterno. La palla, questa volta, esce dallo stesso piatto corde morbida, senza fare lo schiocco, e cade giusto qualche centimetro dopo la rete, irraggiungibile. Il pubblico sorride.

È il tennis che si gioca per il pubblico, finalmente estasiato e felice dopo essersi sorbito i pallettoni di Berlocq. Fra colpi giocati a velocità folle, rovesci di Almagro molto belli e smorzate che sono quasi sempre vincenti, Dolgopolov spreca una palla break che lo manderebbe avanti nel primo set, poi perde il servizio di pura distrazione. Almagro va avanti di un set.

https://twitter.com/metallopensante/status/863837357769994243

Ma al pubblico della domenica tutto ciò non sembra interessare molto. Pare accontentarsi di quei colpi magnifici dell’ucraino, quelli che se perde lui non si vedranno fino all’anno prossimo. Vederlo giocare di lato, ad altezza del campo, concede la possibilità di interrogarsi sulla fattibilità di quelle traiettorie di rovescio a due mani, talmente piatte che si legge la scritta sulle palline.

Intanto fa caldo. Mentre gli inservienti passano lo straccio sul campo parte un coro “Acqua – Acqua”: il pubblico vorrebbe essere bagnato dal getto d’acqua che scurisce la terra ad ogni inizio set. Se non siete bambini e quindi siete al Foro con la mamma che ogni paio d’ore impone una pausa per mettere la crema solare, allora l’unica soluzione è trovare prima e inseguire poi la tipa che distribuisce gratuitamente le mini dosi di crema solare.

Dolgo sembra illuminato da una luce nuova all’inizio del secondo set. Rimangono in campo più palle del solito, ma è un’illusione. Nulla si può contro il governo matto dei suoi match, una serie di scelte che sembrano quanto di più improbabile ci possa essere nella condotta di un match. L’ucraino ha la faccia delusa, ma anche Almagro non sorride mai e si lamenta sempre di qualcosa. Eppure in un’ora di gioco è avanti 7-5 4-2. Nico prende uno warning perché forse dice una parolaccia a uno del pubblico. Partono i fischi, si spera che Dolgopolov riesca a recuperare. Almagro serve per il match, si arriva sul 30 pari. Improvvisamente, The Dog decide che questo punto vuole giocarlo come si deve. I due si mettono a palleggiare sul rovescio, con la palla che passa con un buon margine sulla rete. Tirano 5 rovesci a testa su quella diagonale. Poi Dolgopolov si stufa e prova la solita smorzata di rovescio verso l’esterno. Solo che finisce in rete. Come lo spettacolo.

ATP Roma 2017


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