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Il dolore necessario

Domenica 28 maggio Petra Kvitova è tornata a giocare cinque mesi dopo l’aggressione in casa subita a dicembre, quando per difendersi fu ferita alla mano sinistra, quella con cui gioca il temibile servizio slice mancino che le ha fatto vincere due volte Wimbledon. E probabilmente non si parlerà d’altro per alcuni giorni. Persino la sconfitta di Angelique Kerber, la numero 1 del ranking, è passata in secondo piano. Tendini e due nervi lesionati, dita della mano danneggiate. È la storia di un recupero tanto difficile quanto inaspettato. Kvitova sperava di tornare all’inizio della stagione sull’erba. Ma la riabilitazione è stata particolarmente efficace. La mano ingessata, all’inizio, per i primi due mesi. Ma prima ancora la frattura al piede, sempre causata dall’aggressione. E poi invece tutto quello che poteva contribuire a farla tornare come nuova, ed anche a tenerla distratta dal recupero: bicicletta, esercizi in equilibrio, badminton e ping pong una volta che il gesso poteva essere tolto. E infine il fatidico momento, quello di prendere in mano la racchetta. Petra non la sentiva più sua. Non era la sua mano, non era la sua racchetta. No, non era come tornare in sella ad una bicicletta. Non era un déjà-vu. Era un dover ri-iniziare da capo.

https://twitter.com/rolandgarros/status/868781352518381570

Non male come ritorno in campo.

Lo sport è pieno di grandi campioni che ritrovano se stessi, e basta solo guardare a questo 2017. Federer che finalmente vince il diciottesimo Grande Slam dopo che molti lo davano per finito e dopo gli infiniti problemi che l’hanno tormentato alla schiena, Nadal che quest’anno torna ad essere il King of Clay. Ma nessuna di queste situazioni è paragonabile a quella di Petra Kvitova. Come lei stessa ha detto, il tennis le è stato portato via senza il suo consenso. Non è dipeso da lei l’infortunio, così come non dipenderà interamente da lei il recupero, anche se sta lavorando per tornare al massimo. Quante volte ci si è chiesto quanto ancora avrebbe vinto Monica Seles se non fosse stata pugnalata? Quante volte ci si chiederà cosa avrebbe potuto vincere questa Kvitova? Nietzsche diceva “divieni chi sei”, ma fino a che punto Petra potrà tornare quella che era?

Quella di oggi, però, è un’altra storia. In questa domenica tutto questo è stato di contorno. L’infortunio, lo stadio, il pubblico, persino l’avversaria, Julia Boserup, tennista statunitense numero 86 WTA, ha fatto da sparring partner, preferendo non rovinare la festa. Una vittoria secca, 6-3 6-2, una prestazione che ha sorpreso. Il dritto non è stato quello che ha dominato in lungo e largo a Wimbledon, ma non è stato nemmeno il dritto di chi non impugna la racchetta da oltre cinque mesi. Trentuno vincenti e 9 ace, nessuno si sarebbe aspettato questi numeri. Persino lei stessa, dopo il primo game in cui ha “strappato”il servizio all’avversaria, si è rivolta verso il suo team in un genuino stato di meraviglia. Petra dirà che il risultato non importa, che la sua vittoria più grande la ha già avuta. Ma non è vero. Il risultato importa, eccome. Il risultato testimonia la immensa motivazione che Kvitova ha detto di avere, la voglia ancora più grande di lasciarsi questa storia alle spalle. Il risultato dimostra che Petra si è assentata, ma in fondo con la testa non ha mai lasciato il campo. Ieri era a Zhuhai giocando il Masters B, stamattina era a Parigi.

Diciamocelo, Boserup non l’avrebbe voluto vincere questo match.

L’impugnatura della racchetta non sarà sempre salda (ma almeno non ha dovuto cambiarla), la mano potrà anche tremare, ma la testa, la voglia, l’intenzione è sempre là, dottore permettendo. Kvitova ha già pre-annunciato che nel momento in cui sentirà qualsiasi dolore alla mano smetterà di giocare per non compromettere la sua riabilitazione.

Ma al momento di dolore non ce n’è, a parte qualche fastidio con le cicatrici. Ma quello è un dolore necessario. L’unica cosa che al momento c’è e permane è quel costante sorriso dipinto sul suo volto. Incredulità e sorrisi calcando le scene del Philippe Chatrier; racchetta a terra, lacrime e sorrisi dopo la vittoria; sorrisi a tutto spiano in conferenza stampa indossando la sua maglietta “Courage, belief, pojd”.

Il coraggio e la fiducia, le cose che avevo io oggi. La fiducia e la testa, il cuore, sono molto importanti. Ecco quello che ho voluto mostrare a tutti. Spero di essere fonte d’ispirazione per gli altri.

Petra Kvitova non vincerà il Roland Garros, ma al momento non importa. Al momento l’unica cosa importante è che potremo di nuova vederla con una racchetta in campo. Che potremo vedere ancora il suo sorriso.

 

Petra Kvitova Roland Garros 2017


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