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Internazionali

Le tribune del campo due sono gremite. La francese Dodin e l’italiana Ferrando scambiano da fondo campo sotto il sole cocente, e quando i loro punti finiscono non sono più di cinquanta persone a battere le mani. Il migliaio di persone seduto sui gradoni adiacenti alle due ha lo sguardo lungo, fisso sul campo 1, dove salvatore Caruso è al terzo set contro il francese Mannarino, uno dei pezzi pregiati di questo sabato di qualificazioni.

C’è anche Binaghi a sostenere l’italiano, veste di blu e ha la solita barba di qualche giorno, indossa anche l’immancabile Panama. Dietro di lui, in scia, tanti dirigenti federali. Sul punteggio di 5 a 5, Mannarino gioca un game senza sbagliare mai da fondo campo, dove scambia a velocità di crociera contro il tennista di Avola, non curandosi del fatto che il suo livello di gioco si è abbassato. Comunque, anche se svogliato, il francese vuole giocare anche di domenica. Caruso fa il suo ma nulla può di fronte al bel rovescio piatto di Adrian, che schizza via sul campo ancora più veloce del solito perché l’innaffiatura di inizio set è oramai roba di un’ora prima. C’è il break. «Arrivederci» dicono sulle tribune quelli che abbandonano il campo chiudendo conversazioni improvvisate con il vicino. Si cerca subito il prossimo match da seguire, ma Caruso va 0-40.

In tribuna si suda. Il vento che ogni tanto arriva a rinfrescare ha una frequenza troppo bassa. Le fronti sono imperlate di sudore, assistere al match senza occhiali è impossibile. Mannarino annulla le tre palle break e va a match-point. Un ace è il segnale per andarsene.

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Se giocano le donne il posto libero c’è sempre.

È ora di pranzo e si crea il blocco umano per uscire dai campi periferici. “Pausa negossi ragassi?” domanda la signora piemontese al nugolo di bambini che controlla, tutti col cappellino ed eccitati nel vedere i campioni a dieci metri. Sul Pietrangeli giocherà Giannessi a breve visto che Donna Vekic ci mette un’ora o poco più a vincere la sua partita davanti a cento persone.

Mentre Andrea Pektovic gioca sul campo 4, chi ha già mangiato si rifugia sulle tribune del campo 3, quello adiacente, a vedere un giocatore che colpisce la palla in maniera tradizionale, come piace tanto ai tifosi di quello là che quest’anno non viene. Marius Copil ha 26 anni ed è numero 104 del mondo. A Madrid ha vinto al primo turno contro Garcia Lopez al tie-break del terzo set. Il giorno dopo ha perso contro Murray ma il grande pubblico ha potuto ammirare il fantastico rovescio ad una mano del tennista romeno. Che però gioca troppo piatto e allora Donaldson, un onesto colpitore yankee che sembra il fratello minore di Harrison, quando lo sposta da fondo campo ottiene facilmente il quindici. I punti migliori, dei lungolinea di rovescio anticipati che nessuno potrebbe mai ribattere, sono tutti suoi e fanno scrosciare gli applausi.

Sul campo adiacente, Berlocq non ha difficoltà a vincere il primo set per 6-2 contro Santiago Giraldo, che capisce subito che è una giornata no e non è avaro di “puta” contro la sua racchetta, che finirà sfasciata qualche game dopo. Il nostro vicino di posto ha 84 anni e segue gli internazionali dal 1962. «Perché nel 1961 si fecero a Torino per festeggiare il centenario dell’unita d’Italia». Non ha dubbi nel ritenere Rod Laver il più forte di tutti tempi, «ma Federer è il migliore nello stile». Guarda Copil e non sembra soddisfatto quando Donaldson riesce a vincere la partita.

Tutti vanno di corsa verso il Pietrangeli ma quando la fiumana di gente arriva al punto in cui dovrebbe svoltare a destra per scendere i gradoni dello stadio più bello del mondo (cit), tira dritto verso il centrale che c’è Murray che si allena. «Ma sticazzi de Giannessi ce sta Murray che si allena e te te voi vede’ Giannessi?», dice uno sbarbato all’amico mentre affrettano il passo.

Giannessi ha già perso il primo set per 6-3 ma fa match pari nel secondo. Un punto che gli varrebbe la palla break viene chiamato fuori dall’arbitro. Lui minaccia di andarsene e il pubblico è con lui: «Vai diretto al tunnel». Butta via qualche punto ma rimane in partita. Il marmo bianco del Pietrangeli è infuocato. A Roma è praticamente estate, nessuno esita nel pagare a caro prezzo la bottiglia d’acqua da mezzo litro. Escobedo picchia leggermente più forte la palla, Giannessi non si avvantaggia del suo essere mancino e quindi l’americano vince la partita, abbastanza noiosa.

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Il Pietrangeli durante il match di Giannessi

Alzando lo sguardo verso il tabellone elettronico mettiamo l’espressione F5, basita, quando leggiamo che Arnaboldi ha vinto il primo set per 6-0 contro Estrella-Burgos, altro tennista icona della brigata operai. Gli spalti sono pieni, e sempre per il solito motivo: è l’unico match maschile in corso. Estrella nel secondo set è in partita, non cede mai il servizio e libera un “VAMOS” ad alta voce quando fa il break sul 5-5. Chiude 7-5 poco dopo e fa il break nel primo game del terzo set fra il silenzio generale, tanto che gli inservienti che regolano l’accesso ai campi guardano il tabellone per capire se è veramente finito il game. Molti se ne vanno, seguendo il copione di qualche ora prima scritto per Mannarino-Caruso, d’altronde il campo è lo stesso, ma invece Arnaboldi riesce a recuperare e a diventare il primo italiano del sabato a raggiungere il secondo turno di qualificazioni. Rimarrà l’ultimo.

Noi ce ne andiamo, decidiamo che basta, anche perché Nadal e Djokovic hanno già iniziato la semifinale di Madrid, e speriamo che diano più spettacolo di questa prima giornata di qualificazioni. Anche perché non riponiamo fiducia in Sonego, che pure perderà solo al terzo set contro Almagro avendo anche servito per il match, e su Luca Vanni, che perderà contro il sudafricano Kevin Anderson. «Speravo di vedere più belle partite, giusto il match fra Caruso e Mannarino è stato avvincente», ci dice il nostro vicino mentre si commiata. «Speriamo domani, magari andrà meglio». Speriamo.

ATP Roma 2017


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