Abbiamo problemi con la gente.
Di sport, di tennis, e di giocatori che sono chiamati a dire basta quando la loro carriera prosegue a singhiozzo, alternando un (brutto) risultato a un infortunio. Di Tommy Haas, 39 anni il prossimo 3 aprile, costretto a ritirarsi dopo neanche aver finito la partita del rientro.
«Questa è stata la mia ultima partecipazione agli Australian Open», ha detto, come se non lo sapesse nessuno. Poche minuti prima, su un campo periferico, il tedesco dopo aver perso il primo set al tiebreak e subìto l’unico break che gli era costato il secondo si era ritirato al cospetto di Benoit Paire. Haas stava giocando un match vero, contro un avversario avventuroso. Avrebbe perso onorevolmente ma è stato costretto a ritirarsi. La spalla ha iniziato a fargli male, e quindi ha provato a lenire il dolore con l’intervento del fisioterapista e di un antidolorifico, ma non c’è stato niente da fare.
«A tratti, durante la partita ho pensato che stavo giocando bene, ma non come avrei voluto. C’è molta differenza fra l’allenamento e la partita, e io ho bisogno di più match come questo».
Haas si sente un giocatore a tutti gli effetti. I giornali sono pieni di dichiarazioni simili da parte di quegli sportivi, tennisti nella fattispecie, che con queste parole provano a convincere prima loro stessi che i giornalisti e i lettori. Cercano di superare il periodo di lontananza dal campo con gli allenamenti, con la fisioterapia post infortunio, e con una dichiarazione sui progressi compiuti così da non farsi dimenticare, così da scansare l’oblio. Non mancano casi del genere anche in Italia: per una Pennetta che esce magistralmente da questo sport, abbiamo una Schiavone che ricorre a YouTube per tenere alta l’attenzione su di lei senza ricorrere ai risultati sul campo, ché quelli non bastano più.
Haas non si è ritirato per questo. Il tedesco ha detto basta dopo due set perché era stanco: «Non avevo più benzina nel serbatoio, mi sono sentito corto di fiato. Una cosa del genere non mi era mai capitata in carriera». La delusione si leggeva nei suoi occhi. Tornare a Melbourne, infatti, era la fiammella da tenere accesa, l’appiglio dove agganciare la speranza di fare un’altra buona stagione, giocare un altro anno e poi, chissà, tirare le somme alla fine, per decidere serenamente. Invece è arrivato un altro stop.
Haas rimarrà ancora qui, alla ricerca dell’ultimo palcoscenico, dell’ultima grande messa in scena del suo spettacolo per salutare definitivamente il tennis giocato. Ha già un lavoro, quest’anno dirigerà il torneo di Indian Wells, eppure non ne vuole sapere di finire in questo modo, nell’oblio, dopo aver mancato il recupero post infortunio o dopo non aver concluso un match in un torneo dello Slam per mancanza di fiato.
Voleva farlo in Australia perché lì giocò uno torneo fenomenale nel 2002, quando era in vantaggio di due set a uno contro Safin in semifinale e arrivò la pioggia a salvare il russo che spaccava racchette e non aveva idea di cosa fare per salvare quel match. Al ritorno in campo Haas non c’era più e allo svedese Johansson, invece del tedesco in stato di grazia, toccò il russo che le leggende raccontano distratto da notti brave. Haas lascerà altrove, perché vuole che la figlia di sei anni capisca che tutti gli applausi del pubblico dopo un vincente da fondo campo sono tutti per il papà. A quel pubblico, Haas vuole lasciare un bel ricordo.
E soprattutto non vuole darla vinto al suo fisico, agli infortuni.
Questa parola, infortuni, è quella che Google suggerisce subito dopo aver digitato le parole “Tommy” e “Haas”. «Giocherò forse a Delray Beach e forse Memphis la settimana prima di Indian Wells. Ho giocato bene là, in carriera. Parteciperò alle qualificazioni da qualche parte, ma non ho ancora le idee chiare. Vivrò settimana per settimana». Ogni torneo dove parteciperà potrebbe essere l’ultimo, perché lui non lascerà senza aver dimostrato a se stesso ancora qualcosa. «Mi sento ancora molto competitivo, voglio vedere cosa riesco a conquistare, anche se sta diventando tutto sempre più difficile».
Ricorderemo questi Australian Open per il rientro di Federer e Nadal, per il 38enne Haas che fallisce il suo ritorno ma continua a sperare, dopo aver sentito di un altro trentottenne, Radek Stepanek, che ha vinto la prima partita nel tabellone principale dopo aver superato le qualificazioni. C’è ancora speranza, quella che porterà Haas a cercare un ultimo campo, un ultimo avversario e l’ultima grande partita. Manca una settimana, bisogna solo trovarla.