Abbiamo problemi con la gente.
Se Djokovic perde al secondo turno degli Australian Open, allora vuol dire che il Re non solo è caduto, questo è già successo nel 2016, ma vuol dire che è ora di domandarsi se tornerà mai più sul trono che ha occupato, con qualche interruzione, da luglio 2011 a novembre 2016. Il tennista serbo è fuori dal torneo, del quale era campione in carica e che aveva largamente dominato negli anni scorsi. Gli Australian Open sono lo Slam che Djokovic ha vinto più di tutti in carriera: cinque vittorie nelle ultime sei edizioni, sei titoli in totale contando anche quello del 2008, quando aveva 21 anni. Djokovic ha perso in cinque set contro un Denis Istomin in giornata di grazia, ed è parso soprattutto stanco, fisicamente ma anche mentalmente.
Istomin che batte Djokovic è l’upset più grande del torneo australiano da molti anni a questa parte. Si tratta di una sconfitta paragonabile a quella di Rosol contro Nadal a Wimbledon, partite che rischiano di insinuare più di qualche dubbio nella psiche di giocatori che vivono la parte finale della propria carriera, anche se poi Rafa farà quell’incredibile 2013. Novak Djokovic non perdeva al secondo turno di uno Slam da Wimbledon 2008, quando a batterlo fu Marat Safin per tre set a zero, ma soprattutto non aveva mai perso contro un tennista classificato oltre la centesima posizione mondiale, eccezion fatta per la sconfitta contro del Potro alle Olimpiadi 2016, ma la classifica dell’argentino era palesemente falsa.
Istomin è numero 117 del ranking, ed è a Melbourne grazie a una wildcard. Oggi era particolarmente in giornata buona, e lo si era capito fin dal primo game della partita, durato 16 minuti, quando Djokovic era stato costretto a salvare ben sei palle break prima di vincerlo. Al cambio campo, seduto sulla panchina, Djokovic chiedeva a Istomin: «Shall we skip to the tiebreak?». Facciamo direttamente il tiebreak? Sorridevano, i due, ma un comportamento del genere non era quello del Djokovic implacabile degli ultimi anni.
L’uzbeko, dopo quel game, aveva capito che qualsiasi pallina avesse scagliato a tutto braccio gli sarebbe rimasta in campo, proprio perché la sua mente era libera da pensieri foschi e da pressioni indebite. Denis, di sicuro, non aveva niente da dimostrare al cospetto del numero 2 del mondo che, ad ogni santo colpo che mette in campo sembra dover spiegare a pubblico, avversari, addetti ai lavori, e insomma all’universo intero come sarà il suo 2017, se tornerà primo, se ha ancora le motivazioni, se se se.
Djokovic ha perso il primo set nonostante un vantaggio di 4 a 1 proprio nel tiebreak, ha vinto il secondo salvando due setpoint al servizio sul 4 a 5, e poi è andato in vantaggio nel computo dei parziali vincendo il terzo set facilmente per 6-2. Sembrava fatta, l’ennesima vittoria con un set perso per strada, ma tutto sommato niente di grave. Istomin era stanco visto che Djokovic lo costringeva a molte corse laterali sul campo. Poi c’è stato il quarto set.
Il turning point di questa partita è stato la palla break fallita da Djokovic nel primo game e Istomin, da quel momento in poi, è stato implacabile. Non concedeva nessuna chance a Djokovic di prendere vantaggi, e se mai si aprivano spiragli per il serbo, arrivavano i vincenti, da fondocampo ma soprattutto al servizio. L’uzbeko chiudeva al tiebreak dopo aver sprecato un vantaggio di tre a zero prima e di 4 a 1 poi. Erano passate quattro ore di gioco, e Djokovic sembrava stanco. Sul 2 pari del quinto set arrivava il break in favore di Istomin: un break meritato, ottenuto con colpi vincenti come il meraviglioso passante di rovescio che ha inaugurato il game. C’era tempo per recuperare, ma non c’era più la determinazione necessaria nella testa di Novak Djokovic. Istomin era ineffabile nel tenere tutti i turni di battuta fino alla fine, vincendo con pieno merito la partita.
«Di sicuro dopo quattro ore di gioco il fisico è stanco, ma il mio è stato un problema mentale», ha dichiarato Novak in conferenza stampa. Non era ispirato anche con le parole, e c’era da capirlo. Non ha detto dove giocherà prossimamente, e ha ammesso che ora gli avversari sanno che contro di lui hanno – finalmente, aggiungiamo noi – più chance di batterlo rispetto al passato. E ancora: «Denis è stato bravissimo, tutto il merito va a lui. Io non sono soddisfatto di come ho giocato, ma oggi mi congratulo con lui».
Cosa cambia per il torneo? Non avremo un Murray contro Djokovic al meglio dei cinque set, la finale scontata. Forse Murray, dopo aver perso cinque finali di cui quattro contro Djokovic, a Melbourne, riuscirà a vincere per la prima volta questo torneo, portandosi a quattro Slam vinti e superando Wawrinka a quota tre. La sua caviglia però, dopo il match vinto facilmente contro Rublev, è malconcia. Nella parte bassa del tabellone, nel settore lasciato sguarnito da Djokovic, si aprono possibilità per Dimitrov, o per Thiem. Più in alto, sempre nella metà bassa del tabellone, ci sono Nadal e Raonic che potrebbero arrivare fino in fondo.
Ma al di là di chi vincerà questi Australian Open, la sconfitta di Djokovic sancisce definitivamente che il tennis di oggi non ha più un padrone. L’ultimo baluardo, il Djokovic campione in Australia, è caduto. E non si deve credere alle parole dei suoi avversari, ultime quelle di Istomin in conferenza stampa: «Mi dispiace per Novak, io ho giocato molto bene oggi». La rivoluzione iniziata nel 2016 grazie a Andy Murray continuerà e diventerà permanente. I popolani si stanno abituando alle brioches e non torneranno alle briciole degli anni passati senza combattere.