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Il miracolato

I ritorni di Juan Martín del Potro nel circuito ormai non si contano più, come del resto abbiamo perso il conto delle pause che si è dovuto prendere Rafael Nadal per dare un po’ di tregua ad un fisico che negli ultimi tempi ha scricchiolato in maniera sempre più preoccupante. E così, alla vigilia del torneo olimpico di Rio de Janeiro, c’era più curiosità nel testare la condizione dei due tennisti che speranze nel vederli lottare per una medaglia. Eppure, sei giorni dopo l’inizio del torneo, l’argentino e lo spagnolo si sono sfidati per l’accesso alla partita che assegnerà l’oro in quello che qualcuno ha definito “il derby dei polsi malandati”. Il match è stato bellissimo, incerto fino all’ultimo momento e si è concluso con il tie-break più sacrosanto della storia recente del tennis: se l’è aggiudicato Juan Martín del Potro, che ha baciato il lento cemento di Rio e poi l’ha indicato come a certificare la sede della sua ennesima rinascita.

La presenza di del Potro nella semifinale del torneo di Rio è certamente la più sorprendente perché l’argentino, già a Wimbledon, aveva dato la netta sensazione di non essere ancora in grado di competere per più di qualche partita. La bella vittoria al secondo turno dello Slam londinese contro Stan Wawrinka aveva avuto come seguito una brutta sconfitta in quattro set contro Lucas Pouille. Insomma: la classe è sempre quella, il dritto è ancora terrificante ma la costanza che serve a vincere i tornei era ancora un ricordo appannato. E il primo turno contro Novak Djokovic, il tennista più forte del pianeta, non è stato certo l’aiuto dalla buona sorte che DelPo si aspettava.

Pericolo hangover
Invece è successo che del Potro non solo ha battuto con due tie-break il numero uno del mondo, ma ha anche trovato velocemente le buone sensazioni necessarie per battere tennisti più alla portata senza farsi travolgere dalla resaca della grande vittoria. Il giorno successivo alla vittoria con Djokovic, del Potro è sceso in campo contro un portoghese che porta il cappellino all’indietro come Andreas Seppi, Joao Sousa, e lo ha battuto in rimonta. E lui che è medaglia d’oro nel far buon viso a cattivo gioco, non se l’è presa con gli organizzatori, che l’hanno fatto scendere in campo il giorno dopo, anche se magari avrebbe preferito avere un po’ di riposo in più. È tornato in campo il giovedì, anche grazie alla pioggia, per giocare contro Taro Daniel e ha vinto ancora rimontando. A quel punto si era capito che del Potro difficilmente avrebbe perso contro un avversario che gli era inferiore, e nei quarti di finale, contro Roberto Bautista-Agut, ha vinto agilmente in due set, prenotando l’appuntamento con la semifinale olimpica, esattamente come successo quattro anni fa.

Il risarcimento di Nadal
Nadal ha saltato molti tornei in carriera, spesso anche gli Slam, ma lo spagnolo ha più volte ripetuto che la rinuncia alle Olimpiadi del 2012 è stata quella che più lo ha fatto soffrire. Sembra un po’ strano per chi un titolo olimpico già ce l’aveva e sull’erba di Londra avrebbe avuto poche chance, eppure le partite di Rio, la commozione con cui ha portato la bandiera del suo paese e la grinta che ha dimostrato nelle fasi più calde dei due tornei che ha giocato ci dicono che no, probabilmente Rafa non ci ha mai mentito. O meglio: la rinuncia all’ultimo Roland Garros deve aver fatto ancora più male. Ma quella è storia recente e quindi c’è da credere a Nadal. I fatti hanno dimostrato che per lui questo torneo contava di più di altri, al netto del prestigio e dei punti ATP. Il tabellone delle Olimpiadi, comunque, era quanto di meglio ci si potesse augurare, visto che non ha incontrato nessun tennista potente o imprevedibile, ma giocatori di rimessa che hanno esaltato al massimo la sua innata capacità di girare lo scambio a suo favore.

Domani Nadal affronterà Nishikori per il bronzo.
Domani Nadal affronterà Nishikori per il bronzo.

La (bellissima) partita
E quindi, dopo il pomeriggio passato a guardare Murray che concedeva i soliti cinque game a Nishikori, deprimente come il suo solito dritto nei momenti importanti dei game, i due miracolati si sono trovati di fronte nella finale del lazzaretto del tennis. L’argentino ha iniziato forte, prendendo sùbito un break di vantaggio a suon di dritti. Nadal, timido in campo, ha cominciato a prendere fiducia dopo aver conquistato il primo game. Il piano era semplice, per una vecchia volpe come lui: giocava tre colpi sul rovescio di del Potro e poi, avvantaggiato dall’essere mancino, incrociava col rovescio costringendo l’argentino a giocare il dritto in corsa, depotenziandolo di fatto. E così Nadal recuperava il break, si portava in vantaggio, e giocando un game perfetto andava avanti sul 6 a 5 per poi chiudere il set.

Ma nel secondo Nadal dava più respiro a del Potro da fondo campo. L’argentino poteva colpire più dritti senza affanno, e aveva gioco facile a conquistare un break di vantaggio chiudendo per 6-4 un secondo set in cui ha dato al suo avversario poche chance di rientrare. C’era una partita nella giornata delle semifinali, e c’era un del Potro che sembrava più determinato di Rafa a vincere. Lo spagnolo sentiva forse la pressione, forse per disabitudine, ma sta di fatto che accorciava i suoi colpi e si limitava a giocare di rimessa. Juan Martín, invece, non aveva paura e lasciava andare il braccio. Nadal, all’inizio del terzo set, sembrava quello più pronto a dare la spallata ma era del Potro a conquistarsi le prime palle break. Nadal però non mollava, e saliva 3-2 vincendo un game cruciale. La partita era bella, combattuta, e i due stavano dando veramente tutto.

Ma è dal 4-4 in poi che la partita è salita ad un livello agonistico che nel 2016 non avevamo ancora conosciuto. Del Potro conquistava il primo break del set, approfittando di un Nadal troppo insicuro col rovescio. Nel decimo game un paio di errori di Juan Martin e un dritto di Rafa da tramandare ai posteri riportavano la partita in parità, poi però Nadal sprofondava di nuovo sullo 0-40. Dramma sulle tribune, in campo, e anche sui divani da casa. Rafa annullava le tre palle break, complice anche un del Potro non lucidissimo nei momenti chiave. Era un match di boxe, e quindi non si poteva che decidere tutto al tiebreak. DelPo saliva 3 a 0, poi 5 a 2. Si faceva annullare, sul 6 a 4, il primo matchpoint da un Nadal mai domo, ma poi si gettava a terra quando un dritto a sventaglio di Nadal usciva di un paio di centimetri. Dopo 3 ore e 10 minuti di gran tennis del Potro non tratteneva le lacrime, quelle di un tennista lontano dal campo per troppo tempo e ora desideroso di riprendersi la scena non solo davanti al mondo del tennis, ma davanti a tutti gli appassionati di sport. Entrambi erano stanchi alla fine, l’argentino era arrivato a questo match giocando 12 ore e 29 minuti, ovvero 15 set, mentre Nadal aveva giocato molto di più: 16 ore e 49 minuti per 21 set. Un’enormità per chi non giocava ad alti livelli da un po’ di tempo. Ma al di là del risultato, queste tre ore di gran tennis faranno cambiare idea anche al più intransigente avversario del tennis olimpico: questa è stata una delle partite più belle dell’anno.

Cosa fare contro Murray?
Purtroppo per del Potro, in finale ci sarà il numero 2 del mondo vicario del tennis, quello che sta giocando meglio di tutti e che si esalta pure quando gioca per la sua nazione, vai a capire qual è. Murray è arrivato in finale rischiando ben due volte di uscire dal torneo, contro Fognini prima e Johnson poi, rimontando uno svantaggio di un break nel terzo set. Il campione olimpico in carica è favorito ed è difficile immaginare che riesca a farsi sorprendere da un tennista al rientro da un lungo infortunio e reduce da una battaglia durata oltre tre ore. DelPo ha dato tutto per ottenere un’altra medaglia, soffrendo dalla parte del rovescio e caricando a tutta il dritto. Il back di rovescio incrociato, che aveva fatto ammattire Djokovic, faceva il solletico a Nadal e così l’argentino ha dovuto inventarsi qualche soluzione in lungolinea per mettere in difficoltà Nadal. Chissà che lo stesso schema, stavolta sul dritto di Murray, non riesca a indebolire qualche certezza del suo avversario. Si tratta comunque di un’impresa quasi irrealizzabile, ma del resto già la finale è qualcosa di assolutamente imprevedibile e lo stesso del Potro è sembrato poco ottimista in vista della finale. «Non so se sarò pronto domani», ha detto sùbito dopo la partita. «Ma ho già vinto la medaglia d’argento, è abbastanza».

Domani Murray cercherà di vincere il secondo oro in singolare consecutivo.
Domani Murray cercherà di vincere il secondo oro in singolare consecutivo.

Come ritorneranno Nadal e del Potro sul circuito?
Pur con mezza top-10 fuori dal torneo, il torneo olimpico è stato un buon torneo ma è difficile dire se Nadal e del Potro abbiano davvero speranze di poter tornare ai livelli altissimi di cui sono stati capaci in passato. Per Nadal, quella che viene dopo il Roland Garros è la parte di stagione storicamente più difficile, eppure l’anno scorso riuscì a far meglio che nella prima parte, qualificandosi alle ATP World Tour Finals e arrivando fino in semifinale dopo aver vinto da imbattuto il suo girone. Del Potro, invece, agli US Open ha vinto il suo unico Slam e viene da credere che il suo nome sarà quello più atteso durante il sorteggio del tabellone dello Slam statunitense. Djokovic non è il Djokovic della prima metà dell’anno, Federer non c’è e Wawrinka continua a giocare in maniera distratta. Forse, tutto sommato, non potevano esserci condizioni migliori per rientrare.

Al di là del risultato, è impossibile dire chi esca meglio dal match. Nadal ha giocato tantissimo, tra singolare e doppio, e ha dimostrato di poter essere competitivo. Non tanto nel livello di gioco, quello deve ovviamente crescere, ma nella grinta, nella voglia di lottare su ogni singola palla, come ha fatto nel decimo game dell’ultimo set, gasando il pubblico come solo lui riesce a fare. È certamente l’indicazione più importante e positiva del suo torneo. Del Potro ha sorpreso tutti e probabilmente sé stesso, prima di tutti. Ha battuto il numero 1 del mondo, approfittando di una giornata storta; poi non si è fatto travolgere dall’emozione della vittoria e ha resettato tutto, come ogni campione deve saper fare. Infine, ha giocato in semifinale la partita più bella del torneo, come quattro anni fa. Allora finì 19-17 al terzo per Roger Federer, stavolta è terminata con un tie-break palpitante e nervosissimo. È davvero crudele che queste partite non portino punti, ma l’abbiamo già detto: Juan Martín del Potro è medaglia d’oro nel far buon viso a cattivo gioco.

Juan Martin del Potro Olimpiadi 2016 Rafael Nadal


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