Abbiamo problemi con la gente.
By Claudio Giuliani Posted in tennis di periferia on 5 Ottobre 2016 10 min read
Mentre il circuito mondiale del tennis si sposta in Asia, fra Pechino, Tokyo, Shanghai e Wuhan, ai tennisti di periferia tocca iniziare a giocare la Coppa dei Castelli Romani. Si tratta di un torneo di doppio maschile a squadre nel quale il gestore del circolo Nomentano, Fabio, mi ha inserito nella squadra che affronta il torneo limitato alla quarta categoria. Quando mi ha inserito in lista io non me lo sono filato molto: non ci sarei mai andato a giocare, troppo basso il livello per uno come me, che non sono un fenomeno ma che ai quarta categoria concedo pochi game. E poi, intendiamoci: un torneo di doppio, meglio vedere una puntata di Teen Titans Go con mio figlio sul divano.
Passano i giorni finché non arriva un messaggio su WhatsApp: sono finito dentro un nuovo gruppo creato da Arny per giocare sempre la Coppa dei Castelli, ma questa volta per la gara riservata ai terza categoria. Una roba più seria. Pur pensando le stesse cose sul doppio (cioè: «una palla mortale»), accetto e dico ad Arny di mercanteggiare con il gestore del circolo il mio “upgrade”. Ovviamente non c’è problema ed eccomi nel gruppo della Castelli dei terza categoria.
La prima giornata si gioca di sabato, alle due del pomeriggio, in trasferta al Forum di Roma. Attraverso la città a ora di pranzo, scoprendo finalmente dov’è situata la stazione metro di Battistini, che per molti anni nel mio immaginario esisteva solo nell’elenco delle fermate della Metro A scritte sui vagoni. Supero il tornello d’ingresso del Forum e ricevo il codice a barre per accedere agli spogliatoi, talmente grandi che ci potresti mettere un campo di paddle dentro.
Ecco, il paddle appunto. A Roma questa specie di sport, che si gioca smanacciando la palla con dei racchettoni bucati e vestiti un po’ da mare e un po’ da palestra, sta riscuotendo un successo sempre maggiore. Generalmente, ci giocano due categorie di persone: quelli scarsi a tennis, che hanno meno difficoltà a giocarci, e i fichetti, perché questa ora è la moda e figuriamoci se ne saltano una. Al Forum ho scoperto anche l’aggravante di questo “sport”: ci sono insegnanti di paddle, i quali credo si facciano pagare profumatamente per lanciare palline che questi poveracci – scarsi a tennis e fichetti – schiacciano. Cioè invece di giocare a racchettoni in spaggia giocano sottovuoto dentro questa gabbia. E pagano, non solo per farlo ma per farsi insegnare a farlo. Il mondo è meraviglioso.
E torniamo al tennis. Oggi, dei dieci che dovremmo essere in squadra, siamo solo quattro:
“Paro“: è al primo anno della categoria Over 40, è alto, gira l’Italia alla ricerca di convegni per lavoro e quindi ha poco tempo per allenarsi. Gioca un tennis estremamente pulito, con un rovescio a due mani che impatta molto davanti al corpo. Fa tutto abbastanza bene, è un terza categoria e in campo si muove come un fenicottero per via delle lunghe leve. Dice di abitare a Roma; in realtà vive a Campagnano.
Eddy: è un professionista di Roma nord, sia nel senso del tennis, che gioca praticamente tutti i giorni, sia perché è avvocato. Ha una bimba ed è un Over 40 anche lui. È stato forte da giovane – dicono – ma è forte anche ora. Gioca un tennis molto solido e ragionato, non compie mai scelte avventate, chiude le volée che deve chiudere sotto rete, non cicca mai lo smash e al servizio fa spesso punto con la prima palla. In più, ha la cazzimma: non perde partite che deve vincere, mai.
“Franceschiello“: lui è il nuovo acquisto della squadra, in quota giovani. Avrà 22 o 23 anni, e ha appena vinto un torneo di terza categoria guadagnando la promozione a 2.8. Assomiglia a Guillermo Vilas: è alto, magro, ha un filo di barba e l’aria umile. Veste una maglia bianca e un pantaloncino blu, non coordinati fra loro, ma quello che risalta è l’elastico spesso un centimetro che gli ferma i capelli, proprio come Vilas. Sembra matto a vederlo e a giudicarlo dai primi dialoghi, preceduti da intensi messaggi WhatsApp vocali in mattinata. Scoprirò che è matto veramente.
E poi ci sono io, un pluribocciato di provincia che non ha mai capito se era più scarso a tennis o a calcio. O a tutti e due, probabilmente. Considero il doppio interessante come un primo turno di un qualsiasi torneo femminile, Slam inclusi, e mi approccio alla gara con serenità e spensieratezza, sperando che le mie pessime volée mi facciano fare una figura decente con i compagni, e sticazzi degli avversari.
Nelle ore precedenti la gara il gruppo WhatsApp si è animato di messaggi, scritti e vocali. Tanti, forse troppi, anche perché tutti improntati alla reciproca presa in giro, fantasticando sull’importanza di diventare una squadra, di darci un’anima e trovare lo spirito giusto per questa competizione, all’insegna dell’amicizia e dello stare assieme. Per un torneo di doppio: un po’ troppo, mi pare. Ma tant’è, il tennis si gioca da solo e ogni tanto i tennisti hanno bisogno di praticare questo sport assieme e non contro gli altri.
Ad un certo punto c’è da fare la formazione, e noi quattro cerchiamo di essere seri per cinque minuti, ma ne bastano meno:
Eddy: «Allora, io direi di fare una coppia forte perché almeno così dovremmo arrivare al doppio finale, quello decisivo, e dove però non si può riproporre la coppia forte perché bisogna mischiare le formazioni».
Francesco: «Sì dai, chi gioca con me?».
Il cielo è coperto fin dalla mattina, io e Paro lo guardiamo con la bocca storta mentre aspettiamo che si liberi il campo per entrare. Ci sistemiamo sulle tribune a vedere Eddy e Franceschiello, i quali vanno sùbito avanti nel punteggio contro due che sembrano scarsi. In pochi minuti vanno 3 a 0 e chiudono 6-1 il primo set: i due non sembrano scarsi, sono scarsi. Non riescono a mettere una volée in campo. Intanto arriva il nostro quinto giocatore, lo «Zeo».
Arny, detto anche lo «Zeo», è appena tornato da un evento medico in Puglia, guidando veloce per cercare di essere della partita. Sbuca fuori dalle tribune con la consueta eleganza: polo celeste su un pantalone bianco a costine celesti, sneaker bianco candido e un’abbronzatura che regge alle frequenti docce di chi gioca tutti i giorni, con le braccia ornate da braccialetti e da un orologio digitale dal quadrante talmente grande che potresti apparecchiarci per due. Arny è un over 50 forte e molto famoso a Roma; ha il capello leggermente brizzolato, lungo e ondulato, ricorda un po’ Cordero di Montezemolo, ma è più un Malagò per via della sua romanità. Quel che è sicuro è che se vicino al Forum ci arrivasse il Tevere lo Zeo sarebbe arrivato al circolo con la barca.
Io e Paro giochiamo contro un maestro locale, mancino con un gran braccio ma in evidente sovrappeso, e un ragazzo terza categoria dal gioco molto regolare. Iniziamo male, andiamo sùbito sotto, e io al primo game in battuta commetto due doppi falli. Gli avversari salgono sul 4 a 1. Paro cerca di scuotermi, di incitarmi, però sempre con l’aria tranquilla e rispettosa, e mi dice frasi del tipo: «Cioè lo so, non ce ne frega un cazzo però dai, un po’ più attivi sotto rete, voglio che ti metti con la panza attaccata alla rete, e poi più pronto in risposta, mettiti più dietro perché come cazzo fai a rispondere vicino alla riga, però daje che la riprendiamo, ah e poi, quando batti, devi essere più veloce a uscire dal servizio: muovi ste cazzo de gambe, e daje su è solo un break e cosa vuoi che sia per due come noi». La riprendiamo talmente bene che chiudono 6-1 dopo altri 5 minuti.
Intanto, di fianco a noi, Eddy e Franceschiello hanno qualche difficoltà nel secondo set. Franceschiello gioca in maniera assolutamente imprevedibile: colpisce rapidamente con dritto e rovescio e mai alla stessa maniera, accorcia i movimenti, va a rete e tocca di fino, è rapidissimo a tornare indietro e a far giocare volée sotto la rete ai suoi avversari. Quando sbaglia, cose anche banali e in situazioni di punteggio favorevole, lui comunque si abbandona a frasi che aiutano a far comprendere il personaggio un po’ fuori dalle righe. Dice frasi tipo: «porca zozza, mannaggia la miseria, ma vaffanbene». Eddy e Franceschiello vincono la partita per 6-1 6-4.
Io sto giocando malino, in effetti. Sbaglio parecchie risposte, pur giocando solo di dritto, perché Paro ha scelto insindacabilmente di giocare a sinistra. Il perché lo scoprirò sul 2 pari del secondo set, quando siamo finalmente in partita.
Serve Paro da sinistra, e inizia a scambiare sulla diagonale con il maestro mancino. I due si ribattono colpo su colpo mentre io e l’altro ragazzo a rete ci controlliamo con la coda dell’occhio, per vedere se uno si decide a “entrare” con una volée. Lo scambio è sostenuto, il dritto del maestro è profondo e potente ma Paro “regge”. Alla fine vinciamo il punto quando uno di questi dritti finisce in rete. Il maestro scuote la testa, lo rincuora subito Paro però, in maniera curiosa: «Non è colpa tua maestro, è che io a sinistra sono di un’altra galassia». Lo dice urlando, mentre alza le braccia al cielo, gasandosi. Ridiamo un po’ tutti, anche perché quel game non era particolarmente importante.
Tengo finalmente un turno di battuta, li agganciamo sul 4 pari ma non riusciamo a fare il break quando batte il terza categoria, solido da dietro ma scarso in battuta. Io gioco meglio ora, non sbaglio ma Paro, invece, è calato un po’. Perde il game in battuta a 15, e usciamo dal campo sconfitti per 6-1 6-4. Doppio di spareggio quindi: chi gioca? Franceschiello è rapido nel pensiero: «Vabbè, chi gioca con me?», chiede a me e a Paro, visto che Eddy non è schierabile in quanto ha già giocato con lui. Io non ho nessuna voglia di giocare, e poi ritengo Paro più bravo di me in doppio, e poi lui sta “rosicando” più di me per questa sconfitta. Lo candido a compagno e lui accetta di buon grado.
I due iniziano a giocare quando il cielo si rabbuia ancora di più. Vanno avanti 3-0, che ben presto diventa 6-1. Danno spettacolo, Paro e Franceschiello, coprendo la rete senza problemi ed esaltandosi negli smash, ineffabili per precisione e potenza. Tutto sembra condurre alla nostra prima vittoria, ma ecco la pioggia: partita interrotta.
Sono le cinque, e a casa Clotilde sarà già arrabbiata col tennis da un po’.
Dialogo con Eddy:
Io: «Senti, io non aspetto se spiove o meno, vado ché la famiglia sarà già incazzata, poi mi dite il risultato».
Eddy: «Io rimango».
Io: «Ma come fai? Ma tua moglie non ti dice niente?».
Eddy: «Il segreto è contrattare tutto tutto prima».
Io: «Già, sei avvocato infatti. Però vabbè, pure io contratto eh, cioè: a fine mese andiamo tutti in vacanza, pago tutto io, quindi c’è poco da lamentarsi per questo mini torneo».
Eddy: «Ah tu paghi solo la vacanza? Io pago la vita. Pago tutto».
Lo sguardo sardonico di Eddy non riesce a far aprire il cielo ma scatena le nostre risate. Forse alla fine siamo riusciti a fare quello che ci prefiggevamo nei messaggi WhatsApp:
(La partita si concluderà prossimamente)