Abbiamo problemi con la gente.
By Claudio Giuliani & Daniele Vallotto Posted in spotting on 12 Settembre 2016 7 min read
Un uomo e le sue finali. Chissà se Djokovic prima della partita aveva chiamato Nicolas Mahut, l’ultimo giocatore che più di tre anni fa era riuscito a battere in una finale Stan Wawrinka. Da allora, Stan “the man” (uff), non ha avuto più mezze misure. O perdeva prima, spesso alla fine di una partita del tutto inconcludente, o se arrivava in finale non ha mai dato scampo a nessuno. Negli slam poi, ha giocato tre finali e tutte contro il numero 1 del momento. Risultato? Un set a Nadal, uno a Djokovic a Parigi, un altro oggi a New York, sempre a Djokovic.
Stan Wawrinka dopo il Roland Garros aveva vinto 5 partite e ne aveva perse 4, e quindi bisognerebbe dire che la vittoria agli US Open 2016 è sorprendente tanto quanto quelle arrivate due anni fa in Australia e l’anno scorso in Francia. Eppure chi ha visto il torneo dello svizzero e soprattutto quello di Novak Djokovic, non sarà certo rimasto sbalordito dalla vittoria in quattro set di Stan. Dopo aver annullato un match point a Evans nel terzo turno, lo svizzero si è sbarazzato agevolmente di Marchenko, poi ha battuto in 4 set uno dei tennisti più caldi del momento, Juan Martín del Potro e poi in semifinale ha vinto in 4 set contro Kei Nishikori, che a sua volta aveva battuto il tennista più in forma di tutti, Andy Murray. In pratica: nella parte bassa del tabellone sono finiti tutti i migliori, dall’altra parte c’era Djokovic. Ma il percorso di Novak non è stato affatto regolare: due ritiri, un walk-over e una semifinale contro uno dei talenti più scriteriati del circuito non sono stato certo l’ideale per il serbo, che non ha potuto risolvere i dilemmi che lo affliggono da un po’.
Djokovic, ha dichiarato Vajda, era addirittura in dubbio prima degli US Open. Poi ha deciso di partecipare e alla fine i 1200 punti che si porta a casa sono più che utili: ha allungato di nuovo su Andy Murray con il minimo sforzo e forse potrà giocare con più serenità i tornei da qui a fine anno. Ma ciò non toglie che il Djokovic visto dopo il Roland Garros è un Djokovic molto diverso da quello visto negli ultimi mesi. E dire che Wawrinka, ci ha pure provato a riperdere una finale dopo quella di ‘s-Hertogenbosch, e a regalare al serbo altri 800 punti.
Del resto non è colpa di Djokovic, se la partita era cominciata come tante altre quest’anno, cioè senza che lui facesse niente per vincere i set. Perché se l’avversario perde un game da 40-15, steccando due dritti di fila sul cemento, a Djokovic poi basta giocare in maniera ordinata, forse ordinaria: tenere la palla in campo, alzarla nella traiettoria di rovescio per costringere Stan a giocare di controbalzo il rovescio, piazzare i vincenti quando la palla di Stan rimbalza corta. Tutto sembra facile, ordinario appunto. Il serbo è solamente concentrato, d’altronde è una finale Slam e lui non vuole sprecare occasioni per raggiungere i 14 Slam di Nadal e i 17 di Federer, la sfida che alimenta il suo fuoco sacro. Ma Wawrinka salva due palle break sul 4 a 2 e improvvisamente comincia a prendere in mano le redini del gioco. Nole gioca un game imbarazzante e perde il servizio con un doppio fallo. Si arriva al tiebreak e qui Nole torna a giocare in maniera ordinata e concentrata: 7-1 e primo set in cascina.
A quelli a cui piacciono i numeri non sarà certo sfuggito che le due grandi vittorie di Stan Wawrinka contro Novak Djokovic – il quarto di finale degli Australian Open 2014 e la finale del Roland Garros 2015 – hanno una cosa in comune: in entrambe Wawrinka perse il primo set. Per quel che vale, è sintomo del fatto che lo svizzero, specie in tempi recenti, non si dà per vinto molto facilmente contro il numero 1 del mondo anche se gli head-to-head, 19-4 prima della finale degli US Open, suggerirebbero il contrario.
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L’unico punto vinto da Wawrinka nel tiebreak del primo set. Signor punto
Si riparte nel secondo set con l’impressione che a Novak basti continuare a giocare in maniera ordinata, come i suoi capelli, al contrario di Stan, che sono lo specchio del suo tennis: talvolta usa il gel, e quindi il suo gioco ha un filo logico, altre volte li porta spettinati, quando non sa cosa vuole fare del suo tennis. Solo che stasera i due giocano a scambiarsi i ruoli. Djokovic si concede dei passaggi a vuoto e Wawrinka ne approfitta piazzando un lungolinea di rovescio per il break. C’è partita, pare, e forse perché Djokovic preferisce giocare sulla diagonale di rovescio, denotando una insicurezza con il dritto, il colpo con cui costruisce il gioco e che stasera patisce il problema alla spalla destra. Stan sale 4-1 ma Djokovic recupera il break di svantaggio. Il set non segue uno spartito chiaro, visto che i due si prendono la scena a vicenda. In questo momento la differenza la fa il dritto: quello di Wawrinka non esce più dalle righe del campo ed è un colpo che arriva profondo e potente, quello di Nole è sempre in fase difensiva. Wawrinka fa il break e riesce a vincere il set per 6-4 grazie all’ennesimo brutto dritto di Djokovic che finisce largo.
Si gioca di forza da fondocampo, con il ritmo che è alto e che quindi non concede spazio ai backspin se non in disperati tentativo di recupero. Improvvisamente, il miglior giocatore capace di capitalizzare i vantaggi nel tennis, e cioè Novak Djokovic, non riesce più a farlo. Manca il break nel primo game con Wawrinka al servizio e poi perde il suo, di game al servizio. Lo svizzero sale 3-0 e Djokovic sembra confuso, incredulo di fronte a questa rivisitazione di Parigi 2015. Invece di rimanere concentrato sulla tattica da adottare, e cioè di far giocare il dritto in corsa a Stan e aspettare i momenti bassi di Stan, perché gli alti sono ingiocabili per chiunque, Djokovic si distrae. Stan gli viene in soccorso, sul 3 a 1 e 40-15 sbaglia un dritto sin troppo facile e Nole riesce a recuperare il break di svantaggio. Poi, quando il tiebreak è a distanza di un punto, perde il servizio e il set.
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Per dirla con parole di Andy Roddick: “That’s money in the bank”
A un solo set dal traguardo, forse a Wawrinka deve essere venuto in mente il match vinto al quinto set contro Evans, quando con una volée di dritto ha annullato una palla match. Deve aver pensato che l’occasione di vincere il suo terzo Slam in tre anni era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Si esalta, quindi, Stan, e non sbaglia più niente. Va subito sul tre a zero, con Djokovic che accusa un fastidio alla gamba sinistra e sembra non crederci più. Il serbo chiama due MTO ma non è una bella scena e per fortuna non servono a tanto. Stan chiude per 6-3 al secondo matchpoint ed esulta in maniera contenuta, correndo subito verso il suo box dove c’era anche il papà.
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«Sei stato un giocatore migliore oggi, te lo meriti Stan», gli ha detto Djokovic durante la premiazione. Stan si è complimentato con Novak, all’insegna del politically correct, e poi con gli occhi lucidi ha dichiarato di essere «venuto qui senza molte aspettative, cercando di vincere ogni partita che giocavo». Wawrinka ha poi dedicato un pensiero alla vittime dell’11 settembre 2001, giusto prima di vedersi consegnare l’assegno di 3,5 milioni di dollari.
Stan Wawrinka per troppo tempo ha vissuto all’ombra di Roger Federer. Con i suoi tre tornei dello Slam vinti nelle “sole” tre finali giocate, ha dimostrato che, quando vuole, lui vince. E che, quando gli va, sopra di lui non c’è nessuno. Solo il cielo, forse.