Abbiamo problemi con la gente.
Pausa. Riavvolgi il nastro. Mani al volto, sorriso incredulo, stadio impazzito. Roberta Vinci ha appena vinto la partita impossibile: contro Serena Williams, nella semifinale degli US Open, ad un passo dal Grande Slam. Friedrich Nietzsche insegnava a scegliersi il momento in cui morire. Non era meglio morire così? In finale Slam, contro l’amica di sempre, sulle pagine del libro di storia del tennis italiano? Flavia Pennetta ha scelto di morire così, ha annunciato il ritiro sùbito dopo aver stretto il trofeo in mano.
Roberta Vinci poteva finire così, ed anzi doveva, visto che aveva annunciato il ritiro a fine anno. Ma poi, dopo la grande stagione in Asia, ha scelto di giocare un altro anno. Così è arrivata la tanto agognata top 10 e la vittoria al torneo di San Pietroburgo, il più importante successo in carriera. Vinci ha scelto di non voler concludere la sua esperienza agli US Open con quella vittoria, ha scelto di rigiocarli. Ed è stata una vera e propria scelta perché proprio questo mese è stata afflitta da un problema al tendine della gamba sinistra, che l’avrebbe potuta tenere fuori dal torneo.
Così Roberta ha scelto come morire. Ha scelto di giocare ancora, in condizione fisica precaria. Sfidando il suo tendine è riuscita a vincere facilmente contro Friedsam, che l’aveva battuta agli Australian Open, al primo turno; poi ha battuto Christina McHale, che è stata vicina ad eliminare Serena Williams a Wimbledon, al secondo; Carina Witthöft al terzo, l’unica che aveva ha strappato un set; e Tsurenko al quarto turno, aggrappandosi ad un tiebreak vitale nel primo set. Roberta Vinci è arrivata contro ogni previsione ai quarti di finale e lì si è fermata. «Non so cosa accadrà oggi… ma se c’è una cosa che so è che il supporto di tutti voi italiani scenderà in campo con me!» aveva detto prima del match, e forse è questo il motivo che la spingerebbe tutt’ora a scegliere di finire il suo ultimo match agli US Open con una sconfitta, anche se 7-5 6-0, contro Angelique Kerber.
Tra le top 10 che Vinci avrebbe potuto affrontare come avversaria nei quarti di finale, Angelique Kerber, al di là del fatto che è la numero due del mondo, non era nemmeno la più temibile. Perché Kerber è sì una naturale ribattitrice, anzi forse la migliore interprete di quel tipo di gioco monoritmo che punta ad aprire gli angoli del campo, ma il gioco di Vinci di ritmo te ne dà pochissimo. E si è visto fin da sùbito come Kerber perdesse la sua forza come Sansone con i capelli ed infatti nel primo set è stato match pari. Angelique è stata costretta a scambiare, a subire gli slice senza peso di Roberta, senza niente da spingere.
Ma Roberta purtroppo ha pagato il problema al tendine della gamba sinistra, e lo si è notato fin dai primi game. A passi calibrati si è spostata lateralmente, e spesso per recuperare il campo lasciato scoperto sulla parte del dritto ha usato il chop di dritto come surrogato del colpo in topspin. Kerber aveva il fisico dalla sua, aveva il ranking, come si può spiegare allora un parziale così tirato nel primo set? Da una parte una Vinci attenta, economica, nel senso che è riuscita a massimizzare le sue risorse, ed anche più sciolta rispetto alle altre partite, non avendo nulla da perdere; dall’altra una Kerber che ha sbagliato molto – ventidue errori sui venticinque totali sono arrivati nel primo set – per alcuni sintomo di nervosismo, ed è stata fin troppo ad attendere il gioco dell’avversaria.
Vinci doveva per forza conquistare il primo set, così come era già successo negli ottavi di finali contro Tsurenko, quando la vittoria del tiebreak era risultata vitale, se voleva sperare di poter avere qualche speranza, ed ha avuto tante opportunità per farlo. Ma ogni volta che le giocatrici si sono trovate a servire contro sole, poi hanno perso il servizio. Tre volte è stata in vantaggio di un break, tre volte ha servito contro sole e tre volte non è riuscita a concretizzare il vantaggio. Servendo per il set sul 5-4, è stata a due punti dal parziale. Un’accelerazione lungolinea è uscita in corridoio ed ha regalato a Kerber la palla break, che dopo poco è diventata game. Il primo di nove consecutivi. Il nono game del primo set invece, quello che le ha permesso di andare a servire per il set, è stato l’ultimo vinto da Roberta Vinci agli US Open. Nel dodicesimo, quando si è trovata a servire per rimanere nel set, ha concluso con un fallo di piede e il pollice sarcastico che ha rivolto all’implacabile giudice di linea comunicava più una triste serenità che una rabbiosa frustrazione.
— Roberta Vinci (@roberta_vinci) September 6, 2016
Ma forse, chi lo sa?
A quel punto era impossibile pensare una rimonta, specialmente contro un’avversaria come Kerber, che il punto di certo non lo regala. Le speranze di ripetere un’impresa come nel 2015 sono morte su quel fallo di piede. Nel secondo set il punteggio è immediatamente crollato: fino al 5-0 Vinci ha vinto soltanto cinque punti, Kerber ventuno. L’ultimo game è stato per Roberta quello che per il sole è il tramonto: ultimi bagliori di luce, più rossi e delicati, prima di scomparire. Come quella volée di rovescio, in controtempo, in seguito ad uno sventaglio slice dal centro. Di questo match non ricorderemo che quell’ultima carezza.