Abbiamo problemi con la gente.
1. Murray e Djokovic ce la faranno a perdere prima della finale?
La finale più logica, quella che ha concluso quattro tornei in questo 2016, non è così scontata. Dopo Melbourne, Madrid, Roma e Parigi sono successe varie cose e i rapporti di forza tra Djokovic e Murray sono cambiati. Eppure, il fatto che sia Murray quello che dà più garanzie, suggerisce che potremmo assistere a qualcosa di molto simile a quanto successo due anni fa. Con Federer fuori e Nadal ancora controfigura di sé stesso, chi sono i nomi che potrebbero darci una finale inedita come fecero Cilic e Nishikori nel 2014? Djokovic ha un tabellone non molto semplice: esordio contro un tennista in tabellone grazie al ranking protetto, anche se Janowicz al momento non vale mezzo del Potro malconcio, possibile secondo turno con uno dei quattro tennisti che l’hanno sconfitto in stagione, Jiri Vesely, e teorico terzo con quella testa matta di Klizan, uno che durante i Masters 1000 su cemento preferisce giocare i challenger su terra battuta pur essendo tra i primi 30 del mondo. Klizan a New York ha ottenuto il miglior risultato della carriera, un quarto turno merito anche di una vittoria a sorpresa contro Jo-Wilfried-Tsonga. Lo slovacco non è un mostro di continuità, ma forse è proprio questo il punto: contro Djokovic potrebbe anche non arrivarci (esordisce con Youzhny e poi troverebbe uno tra Fratangelo e Pella), oppure potrebbe diventare fenomeno per una notte e cancellare le righe con i suoi sgraziati e potentissimi dritti anomali.
Djokovic dovrà anche tener conto del pericolo Cilic – ma in 14 partite è riuscito a vincere 5 set, il povero Marin – ma soprattutto di una condizione che non sembra ideale. Le sconfitte di Wimbledon e Rio de Janeiro hanno scalfito le certezze del numero 1, ma quel che è peggio è che Novak non è al massimo neppure fisicamente. Un problema al polso – quello che lo ha fatto rinunciare a Cincinnati – e uno alla spalla, potrebbero sommarsi alle crepe che Querrey e del Potro hanno saputo puntellare nella mente del serbo e chissà che qualche altro outsider non riesca ad approfittare del lavoro di scavo. A completare il quadro non esaltante del serbo, l’accenno nella conferenza pre-match a imprecisati problemi personali, che l’avrebbero decisamente turbato.
Murray si trova in una posizione quasi inedita, quella del grande favorito in un grande torneo. Nemmeno la sconfitta con Cilic, arrivata dopo 22 partite vinte consecutivamente, è riuscita a dare la sensazione che Murray sia in riserva di energie. Lo scozzese sta attraversando un periodo di continuità impressionante: ha raggiunto la finale negli ultimi sette tornei a cui ha partecipato e non perde prima della semifinale da Miami, quando perse con Grigor Dimitrov. Ma parliamo pur sempre di Murray, un tennista che raramente ha dimostrato di riuscire a tenere la spina attaccata per lunghi periodi di tempo, sia nell’arco della stagione sia nell’arco di un torneo. Nel suo tabellone, però, non c’è un tennista che dovrebbe impensierirlo. Almeno in via teorica dovrebbe affrontare: Gilles Simon al terzo turno, uno tra Dimitrov e López agli ottavi, Nishikori ai quarti e poi Wawrinka in semifinale. L’anno scorso Murray riuscì a perdere contro Kevin Anderson, stavolta servirà un miracolo ancora più clamoroso, anche perché Andy quest’anno riesce sempre a trovare il modo di levarsi dalle situazioni antipatiche (tipo andarsela a giocare al tie-break del terzo contro Steve Johnson).
2. Ci saranno belle partite?
C’è da capire una cosa sulle Olimpiadi: ci siamo appassionati più alla narrazione legata all’infortunio e alla rinascita di del Potro o alla qualità delle partite che ha effettivamente giocato Juan Martín? Non c’è dubbio che il torneo olimpico sia stato particolarmente emozionante, ma a ben vedere è stato quasi tutto merito dell’argentino. L’eliminazione al primo turno di Djokovic ci ha garantito una finale diversa da quella attesa, la semifinale con Nadal e la finale con Murray sono state due prove di forza in cui era più interessante capire fino a quale punto sarebbe riuscito a spingersi DelPo, che quest’anno ha giocato pochissimo e nessuno si aspettava così competitivo. E se le Olimpiadi fossero stata una gigantesca e bellissima bolla? L’argentino è finito in una parte di tabellone decisamente alla sua portata, visto che è nel quarto di tabellone più debole, quello di Thiem e Wawrinka. Sembra quasi certo che da questo quarto uscirà qualche sorpresa e del Potro è l’indiziato principale, ma chi può dire se riuscirà a ripetersi? Tanto per dirne una: alle Olimpiadi, eccetto la finale, si giocava al meglio dei tre set. Non è così scontato, insomma, che DelPo rifaccia quelle cose pazzesche col dritto che abbiamo visto qualche settimana fa.
Ad ogni modo, c’è molta attesa in quella parte di tabellone: Wawrinka potrebbe perdere anche sùbito, visto che gioca contro Verdasco e ci ha perso tre volte su cinque; a quel punto potrebbero approfittarne uno tra Alexander Zverev, Bernard Tomic e Nick Kyrgios: oppure, vista l’affidabilità dei tre, qualche nome assurdo come Horacio Zeballos o Florian Mayer. Più sopra, Thiem giocherà contro Millman all’esordio, semifinalista a Winston-Salem; Ferrer è ancora tra le teste di serie e Dolgopolov sembra addirittura favorito contro di lui (povero Dolgo); Gabashvili, con quello sguardo da assassino, potrebbe far ammattire Fognini e poi sfidare proprio l’ucraino in un match fuori da ogni logica. Ci aspettiamo i fuochi d’artificio, insomma.
3. Tocca sperare nelle donne, allora?
È difficile prevedere cosa succederà nel tabellone femminile. Serena Williams, in condizioni normali, è l’indiscutibile favorita. Però, proprio come Djokovic, Serena non è in condizioni normali e quindi potrebbe succedere di tutto. Kerber stava per rubarle il numero 1 del mondo, poi però si è messa in mezzo Karolina Pliskova ed è riuscita a perdere un’altra finale che sembrava in cassaforte; Muguruza deve ancora abituarsi all’idea di essere la più forte di tutte; Radwanska dice di trovarsi a suo agio sul cemento, ma dev’esserci qualcosa di strano in quello di New York, visto che non ha mai passato gli ottavi; Pliskova, un nome che bisognerebbe appuntarsi visto che ha vinto Cincinnati, non ha mai passato il terzo turno in nessuno degli Slam; Halep è dalle parti di Serena e se non arriverà stremata dal possibile ottavo di finale con Suárez-Navarro potrebbe anche pensare di migliorare la semifinale dello scorso anno.
Non c’è dubbio che per gli italiani, quello dello scorso anno fu un torneo memorabile. La finale Pennetta-Vinci è stato l’ultimo atto di un ciclo irripetibile e fortunato; la strepitosa prestazione di Roberta Vinci contro Serena Williams in semifinale non deve far dimenticare che Pennetta giocò un torneo di una qualità clamorosa, battendo Petra Kvitova in rimonta nei quarti e lasciando le briciole a Simona Halep in semifinale. Sembra passato un secolo, erano solo dodici mesi fa. Pennetta è andata al sorteggio in qualità di “campionessa ritirata”, Vinci è diventata una top-10 senza più nulla da chiedere al tennis e ora resta solo da domandarsi che cosa può rendere interessante questo torneo.
In verità basterebbe la corsa al numero 1 tra Williams e Kerber per dare un po’ di sale a questi US Open, ma è meglio non riporre troppe speranze nel loro eventuale scontro. L’incertezza che caratterizza la WTA, ad ogni modo, non significa necessariamente che vedremo solo brutte partite: la partita tra Cibulkova e Radwasnka di Wimbledon, per esempio, è stata una delle più belle partite della stagione, così come la corsa della portoricana Mónica Puig verso l’oro di Rio de Janeiro ha esaltato molto più che quell’isoletta statunitense che pensava di essere indipendente. E allora forza Katerina Siniakova, Johanna Larsson, Danka Kovinic, Maria Sakkari, Elise Mertens, Jelena Ostapenko e tutti quei nomi di cui non sappiamo praticamente nulla e che ci costringeranno a fare infinite ricerche su Google per tirare fuori un ragno dal buco e capire come ci siano finite, ai quarti di finale degli US Open.
4. Perché Kohlschreiber non si è ancora ritirato?
Tre settimane fa Kohlschreiber si ritirava poco prima del secondo turno alle Olimpiadi di Rio per una frattura da stress al piede. Un infortunio per niente banale, che lo tagliava fuori quantomeno da Cincinnati e US Open. In effetti, il tedesco da allora non ha ancora giocato una partita, eppure non si è mai cancellato dall’entry list dell’ultimo Slam dell’anno come tutti pensavano avrebbe fatto. Ci si aspettava un suo ritiro, magari poco prima dell’estrazione del tabellone, invece il nome di Philipp è proprio là, col numero 25 a fianco, assieme agli altri 127 che cercheranno di vincere il torneo. Esordirà contro Nicolas Mahut, per la gioia degli scommettitori, e ieri si è pure fatto vedere sui campi di allenamento.
Kohlschreiber practicing at Practice Court. Aug 27 #USOpen pic.twitter.com/8DM2qOcp9I
— moruni (@morunien) August 28, 2016
Non solo: Kohlschreiber ha anche annunciato che giocherà il doppio insieme a Nick Kyrgios, fugando i dubbi finali sulla sua presenza in campo. I dottori, scrive René Denfeld sul blog tedesco Inside Out, avevano pronosticato 4-6 settimane di stop ma il duro lavoro ha pagato: la risonanza magnetica di giovedì scorso non ha evidenziato grossi problemi, per cui Kohlschreiber potrà giocare regolarmente. Resta solo da capire quanto competitivo – e reattivo – potrà essere contro un avversario iperaggressivo contro Nicolas Mahut. Ma questi sono problemi di chi ci vorrà scommettere. Per il francese c’è una buona chance di arrivare al terzo turno, dove dovrebbe incontrare Kei Nishikori: difficile ripetere gli ottavi raggiunti a Wimbledon, ma con il giapponese non si può mai sapere.
5. Come riuscirà a deluderci Petra Kvitova?
Con la semifinale di New Haven, Petra Kvitova è risalita un po’ nella Race. Attualmente è al numero 25 nella classifica che tiene conto dei risultati ottenuti da gennaio ad oggi, e numero 16 in quella che tiene conto dei risultati nelle ultime 52 settimane: poco confortante per il futuro, anche perché circa un quarto dei punti che ha nel ranking sono stati ottenuti alle WTA Finals di Singapore. Un bottino che rischia seriamente di non poter difendere se continuerà a giocare così male nel resto della stagione. A New York Petra sarà la testa di serie numero 14 ma al sorteggio poteva andarle decisamente meglio: esordio con Ostapenko (con cui ha già perso due volte quest’anno, a Doha e a Birmingham), possibile terzo turno con la finalista di New Haven, Elina Svitolina, e ottavi con la numero due del mondo, Angelique Kerber. Petra ha giocato otto volte in carriera, con la tedesca: ci ha vinto quattro volte e sei volte su otto sono andate al terzo set. C’è molto equilibrio, insomma, ma probabilmente le due non sono mai arrivate in condizioni più diverse. Kvitova non ha ancora giocato una finale quest’anno (e non accadeva da sei anni) e solo le semifinali di Rio e New Haven hanno dato un po’ di morale alla sua disgraziata stagione; Kerber, escluso, Båstad, ha invece giocato almeno la semifinale negli ultimi quattro tornei, dimostrando una continuità di risultati che le sta dando una grossa chance di scalzare Serena Williams dal numero 1 del mondo dopo oltre tre anni di dominio senza patemi d’animo.
Ma Petra è capace di tirar fuori il meglio di sé quando ormai tutti hanno perso le speranze in lei. Ha vinto uno Slam in questo modo, per esempio, e l’anno scorso, dopo aver perso le prime due partite del round robin, è stata ad un solo set dal vincere per la seconda volta le WTA Finals. Insomma, dovesse superare i primi quattro turni, potrebbe prenderci per l’ennesima volta in contropiede. Oppure potrebbe perdere nell’unico turno in cui sembra impossibile una sconfitta: il secondo, quando giocherebbe contro la vincente del match tra Irina Falconi e Çağla Büyükakçay. In bocca al lupo a Petra e ai suoi tifosi.