Abbiamo problemi con la gente.
By Daniele Vallotto Posted in spotting on 16 Giugno 2016 8 min read
Chi vuole capire com’è fatta la Germania, può andare dappertutto, ma non a Berlino. Troppo caotica, troppo colorata, troppo sporca. Si dice che la capitale sia povera ma sexy, un ritornello che la città ha adottato come motto ufficioso per descriversi ai turisti e con il quale sono stati riempiti portachiavi, magliette, tazze e agende. Il resto della Germania, invece, è ricca ma sciatta e quando si arriva a Bielefeld, città della Vestfalia che dista 150 km dal confine coi Paesi Bassi, ci si accorge perché a nessuno sano di testa verrebbe mai in mente di fare un tour di questo paese. Pur essendo una città di quasi 300.000 abitanti, a Bielefeld non c’è praticamente nulla da vedere: in sostanza è un centro molto curato – sul quale si può passeggiare godendosi il cielo invariabilmente grigio, la temperatura da metà primavera e i tanti negozi di abbigliamento – con tante fabbriche intorno.
Per fortuna che c’è Halle. Ma non quella che in Germania conoscono tutti, quella a pochi passi da Lipsia. Questa della Vestfalia è un piccolo paese di 20.000 abitanti come probabilmente ce ne saranno a migliaia. Nel 1941 ci è nato però Gerhard Weber, che nel 1973 fondò un’azienda che produceva pantaloni e oggi è uno dei colossi dell’abbigliamento tedesco da donna con filiali in 150 paesi, la Gerry Weber. I Weber fecero il colpaccio negli anni ’80 quando Steffi Graf, la più grande tennista tedesca di tutti i tempi, diventò la loro ambasciatrice. Nel 1991 l’azienda si legò indissolubilmente al tennis facendo da sponsor principale ad un piccolo torneo da 25.000 dollari che si giocava allora sulla terra battuta, un torneo che due anni dopo si chiamerà come lo chiamiamo oggi: Gerry Weber Open.
Halle e Bielefeld distano circa 15 chilometri, per cui chi pernotta a Bielefeld – quasi tutti, cioè – deve prendere un treno per arrivare in questo piccolo paesino dimenticato da dio (quell’altro). Visto che ne passa uno ogni ora e che il programma comincia a mezzogiorno, è ovvio che quello che arriva alle 11 sia colmo all’inverosimile, almeno per gli standard tedeschi. Sono per la maggior parte appassionati di tennis, anche se c’è qualche lupo solitario che scende nelle stazioni intermedie, seguito dagli sguardi pieni di commiserazione di chi è lì solo per il Gerry Weber Open e nemmeno ci pensa che ci sia gente che a pochi passi dal torneo continua a condurre normalmente la propria vita. Andando verso lo stadio, uno potrebbe pensare che siano lì tutti per Roger Federer. In treno, però, c’è qualcuno che pensa ad altro, o almeno fige di farlo. Due turisti statunitensi parlano del programma del Queen’s e magari rimpiangono Tomic-Verdasco, una delle partite di cartello del torneo rivale; tra la coda per entrare ci sono due tifose, presumibilmente giapponesi, che ridono mentre una delle due si fa un selfie con la foto di Kei Nishikori. Kei doveva essere una delle star di un torneo in realtà Federer-centrico, ma ieri il giapponese si è ritirato dopo l’ennesimo infortunio e quindi tocca accontentarsi delle sue rappresentazioni su PVC. Del resto, c’è da scommettere che la sua rinuncia non toglie molto alla maggiore attrazione del torneo, anche perché Nishikori ha fatto arrivare ai quarti un giocatore di casa che da un paio d’anni sta combattendo con il suo fisico, Florian Mayer.
Non fosse per Federer, Halle varrebbe probabilmente la metà del Queen’s: a Londra hanno avuto un primo turno tra Kyrgios e Raonic, in Vestfalia non hanno avuto niente di meglio di un Seppi-Ferrer. Ma come l’asso pigliatutto, lo svizzero annulla tutto il gap. E poi c’è un centrale da 12.500 posti – più di quelli del Foro Italico, per esempio – e ovviamente il tetto retrattile: se mai ci sarà una battaglia tra i due tornei per l’upgrade a Masters 1000, è più che probabile che la tecnologia avrà la meglio sul blasone. Mentre a Londra ci si barcamena tra un’interruzione e l’altra – faranno l’effetto nostalgia, forse, ma di certo non piacciono più a nessuno – ad Halle possono andare spediti con il loro programma senza doversi preoccupare del tempo. Se poi splende il sole, seppur timido, il colpo d’occhio è notevole. Le tribune, verdissime, circondano un campo che al giovedì sembra già piuttosto rovinato. Proprio quest’anno, tra l’altro, il Gerry Weber Open ha deciso di imitare Wimbledon, che nel 2000 smise di mischiare loglio e festuca per rendere la superficie più lenta. A Londra, quell’anno, andarono in finale due baseliner puri come Hewitt e Nalbandian e finì l’era dei giocatori serve-and-volley; quest’anno ad Halle, chissà. Ad occhio nudo, comunque, è impossibile notare il rallentamento. Specie se gioca Karlovic, poi, che tira le seconde oltre i duecento chilometri rari e difficilmente gioca scambi sopra i tre colpi.
Intorno al centrale, che di giovedì è in pratica l’unico campo degno di nota visto che sul numero 1 giocano solo i doppisti, c’è tutta una selva di bancarelle, negozi e gli immancabili stand culinari. Ci sono tanti pretzel, ci sono i bratwurst e c’è ovviamente tantissima birra. Nascosto sotto allo stadio, c’è pure un punto dove si possono comprare delle fragole con panna, per chi non si può permettere Wimbledon ma non vuole rinunciare allo sfizio di vedere un match sull’erba mangiando strawberries and cream. Poco più avanti c’è una Sonnenterrasse, un solarium cioè, sponsorizzato da uno spumante di Valdobbiadende: ironico che di sole se ne veda ben poco, ma d’altronde i tedeschi si devono pur consolare in qualche modo. E poi ovviamente c’è la Roger Federer Allee: una viuzza che si trova prima dei controlli di sicurezza e che porta non si sa bene dove, ma che è comunque un motivo di richiamo per chi vuole farsi un selfie diverso dal solito. Per modo di dire, si capisce.
Mentre Stakhovsky e Goffin giocano il match più divertente e ignorato di giornata, la gente preferisce passeggiare alla caccia di qualche raggio di sole. Alcuni, i più alternativi, ripiegano addirittura sul doppio, visto che ci sono i fratelli Zverev in campo. Ma la verità è che tutto questo torneo è incentrato su un solo tennista, in un modo che solo il torneo di Basilea riesce a superare. Chiunque, anche chi non lo ammetterebbe mai, sta aspettando che scenda in campo quello a cui hanno intitolato la strada, perché va bene essere appassionati di tennis ma chi non lo vede almeno una volta dal vivo si è perso qualcosa da raccontare anche a chi non capisce nulla di tennis. L’attesa, ad Halle, è tutto. Anche il colore del completo di Federer pare fatto su misura di questa eterna epifania che si ripete da più di dieci anni. In conferenza stampa, dopo la partita, gli ricordano che il blu è il colore della nostalgia per i poeti romantici. E lui, che ha sempre la risposta pronta, ribatte: «Nostalgia di un titolo, forse?».
Prima di scendere in campo, il Divino si scalda nei pressi della sala stampa, sotto gli occhi attenti di Severin Lüthi, uno che sembra tanto buono ma a cui forse è meglio non dare torto mentre si discute. A meno che tu non sia Federer, ovviamente. Anche se non piove, hanno chiuso il tetto rendendo il campo una specie di serra: la sensazione non è piacevole e probabilmente è colpa anche della calca che si è formata per vedere il padrone di casa. Roger arranca in apertura di match e il pubblico segue con apprensione il match, dando poco riconoscimento ai colpi intelligenti di Jaziri, incoraggiando calorosamente il beniamino quando fa punto con una seconda di servizio e ridendo compiacente quando lo svizzero manda in tribuna una palla dimenticata dai raccatapalle. Ma Malek Jaziri, tutto sommato, è un bravo ragazzo, glielo si legge in faccia. Al massimo potrebbe fare il cattivo di un cartone animato, che finge di essere malvagio ma poi alla fine si rivela più buono dei buoni. E così, dopo aver spaventato il pubblico con un ottimo avvio nel primo set e con un break nel secondo, al primo momento buono Jaziri perde il servizio e lascia andare avanti il giovanotto che deve farsi le ossa. La schiena non si sa come sta, il ginocchio neppure ma ormai i suoi tifosi si sono abituati a doversi preoccupare. Anche questo è parte dell’attesa, in fondo. E poi proprio oggi ha detto che alle Olimpiadi giocherà singolare, doppio e doppio misto: così male non deve stare. E allora domani ci si rimetterà in fila e si aspetteranno di nuovo le demivolée, i dropshot e magari un paio di SABR. Va bene che l’attesa del piacere è il piacere stesso, ma anche la partita non è stata malaccio.