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Segnali di Nadal

Non tutti i migliori sono in campo in questa settimana. Federer, a ridosso dei Master 1000, difficilmente gioca; Murray starà ancora pensando cosa fare, se partecipare alle ATP Finals o meno. E Stan Wawrinka ha preferito andare prendere punti facili a Tokyo, casa sua, visto che è sponsorizzato dalla Yonex e, insomma, deve aver rimpinguato il suo sostanzioso conto in banca non solo grazie ai soldi del primo premio.

Nadal e Djokovic si sono affrontati due volte quest’anno. A Montecarlo Djokovic ha vinto facilmente per 6-3 6-3 e poi c’è stato il “clash of the titans”, quel quarto di finale al Roland Garros, quello che per qualche giorno è stato interpretato come il passaggio di consegne fra il vecchio (nove volte) vincitore e il futuro (e mai) vincitore. Poi è arrivato Wawrinka ma questa è un’altra storia. Nadal è arrivato in finale con un po’ di fatica, la sua annata è quel che è d’altronde, ma almeno a Pechino è riuscito a battere Fognini in due set. Di questi tempi, non si butta via niente. Djokovic, in modalità ruthless, spietata, è arrivato alla domenica alternando shopping, photo opportunity e comode partite di tennis.

Inizia la partita con Djokovic sùbito in pressione: è break al primo gioco. È vero che si tratta solo di un game, ma Rafa sembra il solito. Il diritto non cammina molto, il rovescio è più veloce, ma è perché la palla è meno lavorata da quel lato. Novak, poi, è semplicemente superiore. Difatti, Nadal comincia a giocare diversi rovesci in backspin, con la speranza di mettere fuori ritmo Djokovic. In quel momento la sensazione è quella di un giocatore che ha la consapevolezza di giocare contro un avversario nettamente più  forte, contro il quale bisogna fare qualcosa di diverso perché giocando alla solita maniera si perderebbe. Insomma: è la storia del Nadal versione 2015.

Sotto di un break però, lo spagnolo, è come se si risvegliasse dal torpore. Comincia a prendere più rischi, spingendo molto con il rovescio, e anche il diritto sembra ritrovare le profondità di un tempo. Tutto ciò è normale, si gioca il miglior tennis quando non si ha nulla o poco più da perdere. Sul 3-2 per Djokovic lo spagnolo si procura due palle break tirando mazzate a destra e a sinistra. Ma il numero uno del mondo le annulla bene, e scopri che fin lì sta servendo con il 90% di prime palle: ha giocato 23 prime e ne ha messe 21 in campo. Capirete che così è praticamente impossibile per il serbo cedere la battuta, nonostante Nadal da fondocampo sembri quello di un tempo. Lo spagnolo si incarta sotto per 2-4 e cede nuovamente il servizio dopo essere stato in vantaggio 40 a 0. Ma è un ottimo Nadal. Spinge al servizio, e spinge convintamente il diritto e il rovescio. Specie sulla sua diagonale destra, contro il diritto di Djokovic, spesso trova il vincente in lungolinea, dopo aver tirato il serbo fuori dal campo grazie al rovescio incrociato, dove il braccio destro (Nadal è destrorso) lo aiuta nello sprigionare forza e angolazione, specie con il finale del movimento.

I due trovano anche il tempo di fare punti spettacolari.

Il serbo sale 5 a 2 e la percentuale di prime palle è “scesa” all’88%. Mette l’ennesima prima, chiude un diritto e il miglior Nadal del 2015 becca un 6-2 dal numero 1 del mondo. C’è di che rimettere la racchetta in borsa e andare a fare la doccia.

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Si riparte con Nadal che allinea le etichette delle bottigliette e saltella verso il fondocampo facendo attenzione a non calpestare le righe. È in situazione del genere che avremmo voglia di dirgli: “Rafa, e se mandassi a quel paese tutta questa scaramanzia da 4 soldi?”.

Lo spagnolo va 1 a 0 e agguanta un 30 pari con le unghie mentre serve Novak. Che fa un aces. Il serbo è estenuante nel cercare di smontare tutte le ambizioni di Rafa, che è più aggressivo, e gioca più vicino alla riga di fondo rispetto al solito. Sembra il Nadal dei bei tempi, anche se sta perdendo.

Poi, perché il Nadal del 2015 è come il tifoso romanista e i suoi #maiunagioia, si tocca la caviglia. Il gioco si ferma. Lo sguardo di zio Toni in tribuna è un misto di “madonna quest’anno che sfiga” e “ma forse è veramente il caso che lo lasci da solo questo ragazzo”. Ma Nadal torna in campo e riprende a martellare. Ma non basta. Perché, quest’anno, Djokovic è il miglior Djokovic di sempre. Migliore anche di quello del 2011, anche se ha 4 anni e un figlio in più.

Djokovic, in due turni di battuta del secondo set, è già a quota 4 aces (ne ha fatto uno solo nel primo parziale). Gioca in modalità #TheBastardExecutioner, ed è spietato nel chiudere il match con un altro 6-2. Anche perché Nadal è tornato in modalità insicura. Non si fida più della sua caviglia. Non forza più gli spostamenti. Insomma: ricomincia a giocare come ha fatto tutto l’anno, con la testa piena di pensieri, insicurezze, paure e ricordi. Verrebbe voglia di scendere in campo e abbracciarlo, dicendogli all’orecchio che quest’annata balorda passerà. Ché perdere contro questo Djokovic ci sta. Ma questa è un’altra storia.

ATP Pechino Novak Djokovic Rafael Nadal


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