Abbiamo problemi con la gente.
By Claudio Giuliani & Daniele Vallotto Posted in spotting on 21 Ottobre 2015 8 min read
Sapete che c’è? C’è che questo tennis qua, a me, mi ha semplicemente stufato. Le ho provate tutte: il nutrizionista, lo psicologo, il coach nuovo per migliorare le volée e chissà quante altre diavolerie che per fortuna ho già dimenticato. E i risultati sono arrivati, eccome se sono arrivati: finalmente ho battuto quel ricciolino arrogante a casa sua, sono diventato il numero 1 del mondo e oggi tutti mi rispettano. Com’è giusto che sia. Prima ero il perdente cronico, ora sono Ivan il Terribile: come cambiano in fretta le cose, eh? Il problema, con il successo, è che quando lo ottieni poi non ti sembra così speciale. Guardatemi: sono sempre Ivan Lendl, né più né meno di quanto lo fossi due anni fa, quando perdevo sempre in finale e gli altri mi guardavano con un misto di compassione e ferocia, mentre mi dicevano che prima o poi avrei vinto anch’io. Ora che l’ho fatto davvero, ho scoperto che il sapore della vittoria non era come me l’aspettavo. O meglio, è esattamente come me l’aspettavo.
Sono numero uno da meno di due mesi e già non ne posso più. Questo tedio deve terminare: devo andare nel futuro, voglio vedere come sarà il tennis quando avrò smesso di giocare. (E sì, voglio vedere se finalmente sarò riuscito a vincere anche qualche altro Slam, quei due che ho vinto mi sembrano pochini). Voglio capire se anche i tennisti del futuro si annoieranno come mi annoio io. Tony, il mio allenatore, ha la macchina che fa per me. Sembra una DeLorean, un’auto americana. Cazzo se sono forti questi americani. Voglio diventare americano pure io. Ma in realtà la DeLorean che mi ha dato Roche non è una macchina come le altre: dice che mi farà viaggiare nel tempo. Tony dice anche che secondo lui il futuro non è tutto questo splendore che mi immagino. Me ne frego. Voglio la DeLorean e soprattutto voglio andare nel futuro e vedere coi miei occhi come sarà il tennis che verrà.
Salgo in macchina. La DeLorean di Roche è un aggeggio abbastanza strano ma è anche abbastanza facile da manovrare. La chiave di tutto è il flusso canalizzatore, posizionato dietro le mie spalle. È il 21 ottobre 1985 e quindi seleziono il 21 ottobre 2015: trent’anni tondi tondi dovrebbero bastarmi per capire com’è fatto il futuro. La DeLorean avvia il suo motore al plutonio, io attivo i circuiti temporali e accelero fino a 88 miglie orarie. Quando un accecante lampo di luce blu ingoia la mia macchina, mi spavento per qualche secondo e chiudo gli occhi. Ma quando li riapro trovo tutto al suo posto.
Intorno a me c’è tanta confusione. Sono ancora a New York, pare. La città non è cambiata molto, mi accorgo con un certo sollievo. Ma dopo un po’ è facile accorgersi che il futuro è arrivato per davvero. Tanto per dire: il Presidente non è più Ronald Reagan ma è nero ed è pure democratico! Ma ci sarà tempo di chiedersi se abbiamo vinto noi o loro. Devo capire come è messo il tennis adesso e mi serve un giornale. Non vedo molti giornali in giro anche se la gente cammina a capo basso più o meno come nell’85. Sembra che si fissino il palmo della mano, ma in realtà guardano queste tavolette che accarezzano con le dita. Ad ogni modo i giornali non sembrano essere passati del tutto di moda. Chiedo il Times, figurati se hanno chiuso baracca. Scorro le pagine, ignorando l’attualità, e mi precipito su quelle del tennis. I titoli sono tutti per un certo Novak Djokovic, che pare essere il numero uno del mondo. Be’, anche io, caro il mio Novak. Ha vinto tre slam su quattro in un anno? Niente male, non ricordo l’ultimo che c’è riuscito. Ma pure Wimbledon? Sì, pure Wimbledon. E nonostante ciò il pubblico non lo ama. Ah, un po’ lo capisco, questo Djokovic.
Torno all’edicola e chiedo di avere degli altri giornali. Molti parlano di un certo Federer. C’è un pezzo su di lui: “On Second Serve, Federer Attacks”. Cioè: questo sulla seconda palla anticipa il movimento di risposta e viene avanti togliendo il tempo a chi ha appena servito? Questo sarebbe il futuro? McEnroe lo fa da anni, e già 30 anni fa. Ok, ho letto tutto, questo Djokovic sta dominando il tennis da qualche anno, e almeno in questa decade i giovani pare che stiano al posto loro, e non a rubare slam a noi giocatori navigati. Ma io devo vederlo giocare. Devo vedere Djokovic, Federer e magari pure Nadal, che ho letto essere “il più grande giocatore di sempre sulla terra battuta”. Nel futuro hanno parecchi “giocatore più grande di sempre”? Per capirlo mi serve una televisione, devo cercare la biblioteca pubblica.
Ecco finalmente la televisione. Con la tastiera. Sembra uno di quei computer che si vedono negli anni ‘80 ma è molto più sottile e sembra fare un mucchio di cose diverse. Chiedo aiuto e la gente mi guarda un po’ stranita, ma nessuno mi riconosce. Io, Ivan il Terribile!, mi dico un po’ abbattuto: possibile che mi abbiano già dimenticato? Non capisco molto bene come funziona ‘sta televisione ma pare che faccia tutto quello che voglia. Digito Djokovic. Eccolo qui, contro Tsonga in finale al torneo di Shanghai. Addirittura in Cina? Fico questo giocatore francese, se si fa crescere i capelli assomiglia a Noah. Ah, anche lui non sa fare il rovescio. Mentre vedo giocare Djokovic per poco non cado dalla sedia e mi rivedo improvvisamente dentro lo schermo. Questo Djokovic gioca esattamente come me, solo che fa tutto con una tale velocità e una tale potenza da farmi perdere il contatto visivo con la pallina.
Provo a vedere qualche altra partita, per capire se si tratta solo di un’impressione: Djokovic contro Federer, finale degli US Open 2015. Poche settimane fa, perfetto. Cioè: 30 anni meno qualche mese, direi. Vediamo questo Federer, che tutti dicono essere il più grande di sempre. Servizio, volée, dritto: gioca molto bene questo svizzero, ma non mi pare faccia nulla di così rivoluzionario. Ma quindi anche la Svizzera ora sforna grandi giocatori? Se Djokovic sembra me, Federer mi ricorda quell’odioso ricciolino americano che ho battuto da poco proprio a New York. Non mi sorprende che a vincere sia proprio Djokovic, anche se Federer mi colpisce per quanto sembra fluido e disinvolto nei suoi colpi. Sul campo si muove come non ho mai visto muoversi nessuno. Mi accorgo che il Times, però, ha cannato di parecchio: questo qui non può avere 34 anni! Getto via il giornale, spazientito.
Credo che questo YouTube sia una specie di droga del futuro: passo da una partita dall’altra e non riesco a staccare gli occhi dallo schermo. Ma come vestono questi giocatori? Al Roland Garros c’è uno svizzero (un altro!) che porta degli orrendi pantaloncini a quadri. C’è questo Berdych, poi, che gioca con completi ancora più brutti. Ma la Ellesse esiste ancora? La Sergio Tacchini c’è? Almeno l’Adidas c’è ancora, e a Wimbledon ancora è obbligatorio giocare vestiti di bianco. E poi non capisco quelle padelle che giocano al posto delle racchette. Cioè, io mi alleno per colpire sempre al centro, sempre negli stessi, pochi centimetri quadrati dell’impatto, e voi invece giocate con queste racchette enormi? E le scarpe? Ma cosa avete sotto la suola? Cos’è quell’AIR sotto le scarpe di Nadal e Federer?
Sono già quattro ore che guardo video su questo mirabolante YouTube e ormai ho capito com’è il tennis del futuro: si gioca a botte da fondocampo finché uno dei due non stramazza. Bello, mi piace. Però non mi sembra che ci sia stato tutto questo progresso. Forse capisco perché Federer è così amato: è l’unico che ogni tanto si avvicina alla rete e combina qualcosa di diverso dal solito. Il tennis del futuro, in fin dei conti, mi sembra sempre lo stesso; anzi, forse adesso sarei ancora più forte di quanto lo ero nel 1985 (e sono molto forte, nel 1985, eh). Tutto sommato meglio tornare ai miei tempi. Il 1985 non era così male, mi dico. Prima di andarmene dal futuro, do un occhio a quello che fanno i miei avversari. McEnroe commenta il tennis in TV. Con quella chiacchiera cos’altro poteva fare? Becker allena Djokovic, Edberg allena Federer. Lo dovrei allenare io Djokovic; o forse non avrei nulla di insegnargli? Ma mi basta fare un po’ di ricerca per scoprire di aver allenato un certo Murray che viene dalla Gran Bretagna. Pensate: gli ho fatto vincere due Slam dopo che aveva perso le prime quattro finali. Certo che il destino, a volte… Berdych, pure? Ho allenato uno che veste così? No, se ne è solo parlato. I giornali non si smentiscono mai, nemmeno nel 2015. Certo che se devo ridurmi ad allenare uno così incostante allora è meglio giocare a golf. Anzi: meglio il 1985. Mi servono 1,21 gigawatt. Bontà divina, mi serve una reazione nucleare!