Abbiamo problemi con la gente.
Che Federer non faccia altri bagnetti (Daniele Vallotto)
28 partite, 7 delle quali perse: questo è stato il 2016 di Roger Federer, il primo anno fuori dalla top 10, dal Masters, dai tornei che contano. È stato un 2016 monco, funestato da un banale incidente che lo ha convinto a prendersi un po’ di meritato riposo dopo 19 anni di presenza ininterrotta nel tour. Sono stati sei mesi difficili per i suoi tifosi, meno per lui, che ha avuto «un assaggio di ritiro», come ha detto al New York Times di recente, e pare non gli sia nemmeno dispiaciuto. Quando è sceso in campo per scambiare due colpi con Matthew Ebden a Perth c’era una folla impressionante. Ci sono Masters 1000 che faticherebbero a trovare tanta gente per una partita di seconda fascia, a quelli dell’Hopman Cup è bastato invitare un solo tennista per catalizzare le attenzioni di tutti su questa esibizione a squadre che non assegna punti. E allora non c’è molto da augurarsi, per il 2017 di Federer: sarebbe ingenuo aspettarsi un altro Slam o un’altra finale a Wimbledon. Lo svizzero ci ha abituato, ormai, a non sorprenderci più di nulla, ma bisogna tener conto del fatto che quello che scenderà in campo dopodomani sarà un tennista di 35 anni, con 6 mesi di inattività da recuperare e una lunga lista di avversari che non vedono l’ora di batterlo per cogliere quest’ultima occasione. Tutto quello che c’è da augurarsi, insomma, è che Federer ci vada molto cauto coi bagnetti, sul tennis non c’è granché da pretendere.
Che Kyrgios non metta la testa a posto (Daniele Vallotto)
Gli hanno dato otto settimane di squalifica e uno psicologo, obbligandolo a promettere di comportarsi bene. In effetti, l’ultima uscita ufficiale di Nick Kyrgios non è stata delle più edificanti e forse se n’è reso conto perfino uno come lui. Ma siamo davvero disposti a rinunciare alle mattate di Kyrgios? L’impressione è che il ragazzo si annoi parecchio, sul campo da tennis. Poi però ci sono delle giornate in cui il tennis, anche il tennis, assume senso nella testa dell’australiano e la partita prende un’altra direzione. Diciamocelo chiaro: le partite di Kyrgios le guardiamo per vedere in che modo perderà il controllo delle sue emozioni, oppure, in casi purtroppo più rari, per quei colpi che nessuno della sua età sa giocare con la stessa disinvoltura. Ed è così che ci auguriamo di ritrovarlo nel 2017: disinvolto, meno preoccupato di far vedere a tutti quanto è diverso dagli altri, tanto lo abbiamo capito da un pezzo. Kyrgios comincerà l’anno all’Hopman Cup, nel suo terreno preferito, le esibizioni. Tra due settimane, però, cominceranno gli Australian Open e per fortuna l’australiano non ha molti punti da difendere, visto che l’anno scorso venne eliminato al terzo turno. Ammesso che gli interessi qualcosa, dei punti da difendere.
Che la Maga si accorga che quest’anno non servono magie (Giulio Fedele)
Se Angelique Kerber è diventata numero 1 del ranking con due trofei dello Slam in bacheca proprio a ventotto anni, come Agnieszka Radwanska nel 2017; se Petra Kvitova è costretta ad almeno 6 mesi fuori dal campo per l’aggressione subita; se Maria Sharapova torna dopo la squalifica per doping, motivata sicuramente, ma non proprio abituata alla competizione; se Victoria Azarenka sarà alle prese con i primi mesi di vita di suo figlio; se Ana Ivanovic si è ritirata; se Serena Williams avrà a che fare con il proprio matrimonio: possibile che questo non debba essere l’anno in cui la Maga polacca riesce a vincere un trofeo dello Slam senza bisogno di particolari trucchetti?
Che Francesca Schiavone ci regali una degna uscita di scena (Giulio Fedele)
Per chi non sia riuscito a seguire il suo esperimento social — ma chi è riuscito a capire davvero come funzionasse Schiavo Channel? — Francesca Schiavone ha deciso di giocare un altro anno. Insomma la leonessa, che ormai ha trentasei anni, dopo una lunga serie di video Youtube dove figurava come la Gianni Morandi delle palline da tennis, parlando di alimentazione, di competitività e di tante altre cose, ha spiegato di non essere ancora pronta ad appendere la racchetta al chiodo. Al contrario di come pensavamo tutti, visto che il 2016 sembrava dover servire soltanto ad agguantare e poi superare il record di partecipazioni consecutive ai tornei dello Slam, sfumato però già a gennaio con la sconfitta alle qualificazioni degli Australian Open. La stagione le ha poi fruttato un titolo inaspettato al torneo International di Rio De Janeiro, ma la sensazione generale che quest’anno fosse l’ultimo era rimasta, vuoi perché aveva rifiutato la wildcard alle Olimpiadi, vuoi perché la collaborazione come telecronista con Sky Sport era diventata più assidua. Da Francesca in questo 2017 non pretendiamo granché, abbiamo imparato che il talento e la grinta da soli non bastano se il fisico non è più quello di una ventenne. Quello che però vogliamo è assistere almeno ad una partita che ci ricordi chi è stata la leonessa, l’immensa campionessa che vinse Parigi. Le chiediamo un solo match in giornata di grazia, come quelli contro Eugenie Bouchard a Roma nel 2014 (anno d’oro della canadese) e contro Svetlana Kuznetsova al Roland Garros del 2015. Quello che vogliamo è un ultimo grande match che valga la stagione, prima di poter uscire di scena.
Lo slam di Kei Nishikori (Salvatore Termini)
Il 2016 di Kei Nishikori non è certo stato un anno cattivo. Il giapponese è arrivato due volte in finale di un Masters 1000, ha fatto una semifinale a New York che sembrava potesse condurre in porto contro Wawrinka – avanti di un set e con varie possibilità di andare un break sopra nel secondo contro il futuro vincitore del torneo – è andato in semifinale alle Finals londinesi, ha vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi. Insomma il ruolino di un top 5, infatti Kei è numero 5 del ranking. Però in un anno in cui Djokovic ha smesso presto di fare il cannibale forse quello che è venuto a mancare è proprio lui, Nishikori, che aveva mostrato a New York di avere le carte in regola, quando non si fa male, per poter aspirare a qualcosa in più di un buon piazzamento con pacca sulle spalle annessa. E allora non rimane che augurarsi che il 2017 gli porti in dote almeno un “1000” se non proprio il sospirato Slam. Certo, non a Wimbledon, sarebbe chiedere troppo. Ma tra Melbourne, Parigi e New York chissà, le due settimane da leone potrebbero farlo davvero diventare il giocatore asiatico più forte di sempre, posto che già non lo sia. E allora altro che Kei-mania, l’imperatore stesso farebbe bene a non essere troppo sicuro del suo ascendente sui suoi connazionali.
Che si lasci in pace Camila Giorgi (Salvatore Termini)
Nella terra bruciata del tennis italiano una stellina caduta da chissà dove emana una luce intermittente che a volte abbaglia ma più spesso sembra definitivamente spenta. Camila Giorgi è rimasta l’unica giocatrice italiana nata negli anni ‘90 in grado di poter giocare ad armi più o meno pari con le più forti del circuito. Davanti e dietro di lei un baratro, perché Roberta Vinci è lì per divertirsi, Errani deve risolvere problemi che sembrano più seri del semplice tennis e delle nuove non c’è traccia, se non in qualche sperduto sito per monomaniaci di tennis minore. E dopo quest’anno assurdo, passato a difendersi da una masnada di volgari lestofanti annidati in tutti i meandri – oscuri e no – del becero mondo tennistico italiano, a Camila non si può che augurare le migliori fortune del mondo. Che ritrovi i pezzi del suo gioco, che abbia un po’ di fortuna in più nei sorteggi, che si liberi di angosce tennistiche che non ha ragione di avere. Gliel’auguriamo non certo per il tennis italiano – chi meglio di Tennispotting sa che il nazionalismo è l’ultimo rifugio delle canaglie? – ma per lei, e per il suo gioco che è come il cielo di Lombardia: così bello quando è bello. Lo è stato poche volte quest’anno, che l’anno prossimo vada meglio è un augurio obbligato.
La decima di Rafa (Claudio Giuliani)
Quando Rafa dirà basta alla sua lunghissima carriera, verrà ricordato come uno dei migliori di sempre. Della sua era, solo Federer ha vinto più Slam di lui, neanche tanti di più. Però, alla fine, Rafa potrebbe smettere di giocare a tennis con “soli” 9 titoli del Roland Garros. Mancherebbe la decima, l’ultimo assolo che, probabilmente, sancirebbe la fine di Rafa. Perché se è vero che nessuno ha vinto nove titoli a Parigi, è altrettanto vero che vincerne dieci sarebbe l’autocelebrazione più grande che Rafa potrebbe regalarsi, ovvero migliorare il record che non verrà mai superato, l’aver vinto 10 volte lo stesso Slam. Ma auguriamo a Nadal di vincere la decima per augurarci di ritrovare un campione in campo, dopo due annate scialbe e deludenti. Perché se è vero che i giovani tardano, alla fine gli stadi si riempiono quando si allena Federer, e un po’ meno quando si allena Nadal. E se Rafa vincerà il Roland Garros allora continuerà a giocare per qualche anno, come ha detto proprio nei giorni scorsi. Altrimenti, se il 2017 sarà brutto almeno la metà del 2015 o del 2016, è chiaro che Rafa penserà seriamente al momento di chiudere con il tennis giocato. Dipende tutto dalla decima, quindi: o Parigi o morte.
Le due settimane di Stan Wawrinka (Claudio Giuliani)
Arriveranno? E se sì, quando? Le due settimane di Stan Wawrinka, ovvero quando, senza preavviso alcuno, a Stan torna la voglia di stare concentrato e determinato per un lungo periodo, possono essere devastanti per il tennis. Per questioni tecniche legate al gioco di Stan queste due settimane non possono coincidere con l’erba di Wimbledon – tocca a Stan smentirci. Tutti gli altri Slam sono stati già vinti da Wawrinka e chissà che non ne rivinca un altro sul cemento lento che meglio esalta le sue caratteristiche, quello degli Australian Open. Oppure potrebbe trionfare di nuovo a Parigi, a forza di rovesci lungolinea fuori dal paletto come in quella finale contro Djokovic; oppure decidere a metà torneo degli US Open, magari dopo essersi salvato nuovamente da carneadi quali Evans e simili, di cambiare passo e arrivare fino in finale, vincendola dopo aver superato gli attacchi di panico. Tutto vero, tutto improvvisato, tutto possibile: tutto Stan Wawrinka.